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BENOIST, PHILIPPE – LEMERCIER.
Le Colisée / Il Colosseo.
Dessiné d'apres nature et lith. par Ph. Benoist, Imp. par Lemercier, Paris, 1845 circa. Litografia in colore d'epoca, cm 27,5 x 36 (il foglio). Splendida la coloritura.
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DEROY – LEMERCIER.
Rome. Temple d'Antonin et Faustine / Tempio di Antonino e Faustina.
Dessiné d'apres nature et lith. par Deroy, Imp. de Lemercier, Paris, 1845 circa. Litografia in colore d'epoca, cm 27,5 x 36 (il foglio). Splendida la coloritura. .
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BENOIST, PHILIPPE – LEMERCIER.
Rome. Place et Basilique de Saint Pierre / Roma. Piazza e Basilica di San Pietro.
Dessiné d'apres nature et lith. par Ph. Benoist, Imp. par Lemercier, Paris, 1845 circa. Litografia in colore d'epoca, cm 27,5 x 36 (il foglio). Un lieve sporco ai margini, che risultano appena rifilati e filettati da una quadratura oro ma con alcune mancanze, splendida la coloritura. .
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BARBAULT, JEAN - MONTAGU, DOMINIQUE.
Veduta della Fontana dell'Acqua Paola sul Monte Aureo. Architettura dio Domenico Fontana e Carlo Maderni. I Orto Botanico / Vue de la Fontane de l'Eau Paoline sur le Mont Aureo. Architecture de Dominique Fontana et Charle Maderni. I Jardin Botanique. All'Ill.mo E R.mo Signore Monsignor Pasquale Acquaviva D'Aragona Chierico di camera e Comissario Generale del Mare ec. Da Suoi Umiliss. Devotiss. Obligatiss. Servitori Bouchard et Gravier.
1760 circa, prima tiratura. Incisione in rame all'acquaforte, b/n, cm 39,5 x 53,5 (alla lastra) più margini. La fontana, o fontanone, dell'Acqua Paola, nota anche come fontanone del Gianicolo, è una fontana monumentale situata sul colle Gianicolo. Tranne un breve e leggero tono di ingiallimento alla bassa brachetta centrale, esemplare in bella morsura, in margini e in ottimo stato di conservazione (la stampa è stata tolta dalla cornice e costo e spedizione vanno considerati senza cornice).
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PIRANESI, FRANCESCO.
Tempio di Giunone Regina, ora S. Angelo in Pescheria.
1790 circa. Incisione in rame all'acquaforte, b/n, cm 18,5 x 24 circa (alla lastra) più ampi margini. Francesco Piranesi (Roma, 1758 circa - Roma, 1810), figlio del grande architetto e incisore Giovan Battista Piranesi fu anch'egli incisore e antiquario. Ben impressa, in ampi margini e, tranne leggeri piccoli punti di ossidazione, in assai buono stato di conservazione. .
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ANONIMO.
Comarca di Roma. Monticelli. Sezione I del Territorio di Monticelli.
Cabreo, 1840 circa, coeva coloritura coeva a mano, cm 60 x 95 (il foglio), in grande il titolo manoscritto nell'angolo inferiore destro, nell'angolo superiore destro una freccia indica il nord, nell'angolo superiore sinistro una pianta più piccola del territorio di Monticelli con proprio titolo, al margine inferiore due scale di canne di doppio metro e una scala di stajoli, scrittura a inchiostro marrone. Bella pianta del territorio di Monticelli, in cui sono indicati in scrittura tutti i territori adiacenti con le relative sezioni, in senso orario: Monte Castello, Sezione di San'Angelo in Capoccia, Monte Verde Sezione di San Polo de' Cavalieri, Territorio di Palombara, Ponte de' Prati sezione del Territorio di Tivoli, Formello sezione II di Monticelli. Pieghe di origine, foglio controfondato, sporadiche tracce di umido centrali e di sporco ai margini con ingiallimento più marcato della brachetta orizzontale, discreta conservazione.
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ANONIMO.
Comarca di Roma. Tipo Dimostrativo. Il Territorio di Monticelli diviso in due Mappe, o sezioni. Marchesato di Sua Eccellenza il Signor Principe D. Francesco Borghese e Principe Aldobrandini.
Cabreo, 1840 circa, coeva coloritura a mano, cm 57,5 x 90,5 (il foglio), titolo al centro nella parte superiore del foglio, sul lato sinistro una grande freccia con nastro colorato in giallo arancio indica il nord, scrittura a inchiostro marrone. Bella pianta del territorio di Monticelli (Monticelli sezione I, segnalata in pianta ma non nel titolo), in cui compare il territorio confinante di Formello (Formello sezione II, segnalata in pianta ma non nel titolo) e in cui sono indicati in scrittura tutti i territori adiacenti, in senso orario: il Territorio di Palombara, il Territorio di San Paolo de' Cavalieri, il Territorio di Tivoli, Tenuta di Castel Orcione del Principe Borghese, Territorio di Sant'Angelo in Capoccia, Territorio di Mentana, di nuovo il Territorio Sant'Angelo in Capoccia, l'Agro Romano, la Tenuta di Ferronea, e infine, ancora il territorio di Sant'Angelo in Capoccia. Pieghe di origine, foglio controfondato, leggeri e sporadici segni di umido, buono stato di conservazione. .
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ANONIMO.
Formello. Sez. II di Monticelli. Principe D. Marco Antonio Borghese.
Cabreo 1840 circa, coeva coloritura a mano, cm 62,5 x 95 (il foglio), titolo manoscritto all'angolo superiore destro, sul lato sinistro una freccia indica il nord, scala di canne di doppio metro ai due lati del margine inferiore. Scrittura a inchiostro marrone, una legenda nell'angolo superiore destro spiega: “Questo color verde indica i terreni liberi di Sua Eccellenza il Sig. Principe D. Marco Antonio Borghese” e “Questo color giallo denota i terreni livellari alla Lodata Eccellenza Sua”. Bella pianta del territorio di Formello, in cui sono indicati in scrittura tutti i territori adiacenti, in senso orario: l'Agro Romano, il Territorio del Comune di Monticelli, la Tenuta di Castel Arcione nell'Agro Romano, Formello. Pieghe di origine, foglio controfondato, leggeri e sporadici segni di umido, buono stato di conservazione. .
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Piranesi Giovanni Battista
Spaccato interno della Basilica di S. Paolo fuori delle Mura
Incisione all'acquaforte e bulino di mm 651 x 452. Carta forte. Filigrana giglio inscritto in doppio cerchio con piccolo cerchio sovrastante. Secondo stato su sette. Veduta rifilata al limite interno della battuta. Piccole mancanze al margine superiore ed al cartiglio. Sotto la dicitura "Spaccato interno della Basilica di S. Paolo fuori delle Mura, eretta da Costantino Magno, divisa in cinque Navate co' sua Crociata. Ottanta Colonne di marmo greco, venato di vario colore, quivi trasportato dal Sepolcro di Adriano Imperatore, sostentano le Navate variando di grandezza, e lavoro le laterali da quelle della Navata di mezzo. Altre Colonne dieci di Granito sono sparse per la Crociata; intorno alla quale, come ancora intorno la Navata di mezzo cronologicamente disposti di veggono li Ritratti di tutti i Sommi Pontefici Romani con altre Pitture antiche gia quasi consumate dal tempo. Il Pavimento delle Navate è formato di rotti pezzi di marmo, levati dalle Rovine di altri Edificii antichi". Più in basso "Piranesi". Hind 7
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Attr. Montaigu Domenico
Veduta degl' Acquadotti dell' Acqua Claudia, e di S. Stefano Rotondo
Incisione all'acquaforte di mm 265 x 155 alla battuta su carta vergatina settecentesca di buon corpo. Traduzione manoscritta del titolo in francese sotto quello calcografico. Proviene dall'album di 50 incisione dal titolo "Nuova Raccolta Delle Più Belle Vedute Di Roma. Dissegnate, E Intagliate Da Celebri Autori" di Domenique Montagu.
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Piranesi Giovanni Battista
Veduta della Basilica di S. Giovanni Laterano
Incisione all'acquaforte di mm 545 x 389 alla battuta. Terzo stato su sei. Foglio senza alcun difetto, pieni margini, bella vergata di gran corpo; ottima impressione. Filigrana "Giglio in doppio cerchio". Diciture: in basso a sinistra :"1 Cappella fabricata da Clemente XII. Confini 2 Palazzo fabricato da Sisto V ora Conser. Di Zitelle 3 Scala Santa"; in basso al centro "Veduta della Basilica di S. Giovanni Laterano. Architettura di Alessandro Gallilei"; più a destra "4 Guglia Egizia giacente 5 Mura della Città"; in piccolo sotto :"Presso l'autore a Strada Felice nel Palazzo Tomati vicino alla Trinità de' monti A paoli due e mezzo" "Piranesi del. Scol.". Proviene dalla raccolta "Vedute di Roma disegnate ed incise da Giambattista Piranesi Architetto Veneziano". Hind 8.
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Piranesi Giovanni Battista
Veduta della Dogana di Terra a Piazza di Pietra
Incisione all'acquaforte di mm 650 x 445 alla battuta, su foglio perfetto, carta forte, pieni margini. Terzo stato su sei. Ottima impressione. Diciture: in basso a sinistra "Questa fu fabbricata sulle rovine del Tempio di M. Aurelio Antonino Pio nel suo Foro. 1 Avanzo di Colonne rimaste, oggi mezzo internate nella nuova Fabbrica 2 Architrave antico ristorato 3 Cornicione, ed Ordine Attico nuovamente rifatto."; al centro "Veduta della Dogana di Terra a Piazza di Pietra"; più a destra "4 Abitazione moderna 5 Collegio Bergamasco 6 Quartiere de' Soldati 7 Strada che va al Corso"; ed in piccolo più sotto "Presso l'Autore a Strada Felice nel Palazzo Tomati vicino alla Trinità de' Monti"; e un po' più in alto "Piranesi Architetto fec.". Proviene dalla raccolta "Vedute di Roma disegnate ed incise da Giambattista Piranesi Architetto Veneziano". Hind 32.
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ENIT
MAPPA DI ROMA
MAPPA DI ROMA AGGIORNATA AL 30 NOVEMBRE 1931-X CON TIMBRO "AUTOMOBILE CLUB ITALIA UFFICIO A.A. DI PONTECHIASSO", RICHIEDE RESTAURO CAUSA STRAPPI AL FOGLIO .
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MELI F.
ROMA. LA CACCIA. IL LEPRE D'ORO.
Incisione di Luigi Barocci da Filippo Meli. Cm.12x18. Ampi margini.
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MELI F.
ROMA. LA CACCIA. IL RINFRESCO.
Incisione di Luigi Barocci da Filippo Meli. Cm.12x18. Ampi margini.
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MELI F.
ROMA. LA CACCIA. AL MERCATO. SI FACCIA DANARO.
Incisione di Luigi Barocci da Filippo Meli. Cm.12x18. Ampi margini.
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REINHART.
VICINO A SUBIACO.
Incisione in rame. Cm.25x36.
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VASI G.
ROMA. PORTA S. GIOVANNI OLIM COELIMONTANA.
Incisione in rame. Cm.19x30. Ampi margini.
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VASI G.
ROMA. AVANZI DEL PORTICO EDIFICATO DA AUGUSTO IN ONORE D'OTTAVIA SUA SORELLA, SITUATO AVANTI LA CHIESA DI S.ANGELO IN PESCHERIA.
Incisione in rame. Cm.19x30. Ampi margini.
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VASI G.
ROMA. PORTA PERTUSA.
Incisione in rame. Cm. 19x30. Ampi margini.
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DE PAULIS G.-GOZZADINO M. A.
Ritratto dell’antichissima Città di Tivoli con un breve compendio della sua origine, nomi ed effigie di Santi Protettori e di altri che da essa città hanno avuto origine
Cm.50x38. Incisione in rame.
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Esposizione internazionale dell'Industria Moderna - Roma Febbraio Marzo 1908 - Diploma. Manifesto litografico a colori impressi eseguito da Virgilio Faini (Firenze, 1882-1973) e stampato presso lo stabilimento Bertini di Firenze nel 1907. Cm. 78 x 54. Ottimo esemplare, pur con qualche traccia d'umido lungo il margine superiore. (6982)
"Medaglia d'oro al Sig. M.se Ghini Giovanni per Albana e Vini da Dessert": così la dedica manoscritta a penna, in basso, che premia i vini pregiati prodotti dall'aristocratico viticoltore. Il bel manifesto dalle morbide tinte pastello, in contrasto con l'orizzonte giallo-oro dello sfondo su cui si profila il classico scorcio romano con il cupolone, è realizzato nell'elegante stile liberty del primo Novecento, con le tre belle figure allegoriche allacciate da uno stilizzato serto di fiori. Cfr. Catalogo Bolaffi del manifesto italiano - Dizionario degli autori, p. 88.
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Prospectus Templi ac Monasterii Divo Dom.co sacri, nec non Aldobrandini Palatii quod a longe exhibetur. Incisione su rame all'acquaforte di Giovanni Battista Brustolon (1712 - 1794) su disegno del Canaletto (Antonio Canal, 1697-1768), pubblicata a Venezia nel 1770 ("Apud Inscultorem C.P.E.S.", in basso a destra). Cm. 29 x 38 più margini di 1-2 cm. Qualche piccola menda marginale restaurata ma ottimo esemplare nel complesso. (8803)
Rara veduta della chiesa romana dei Ss. Domenico e Sisto, con uno scorcio di palazzo Aldobrandini a sinistra sullo sfondo e con diversi personaggi ad animare la scena in primo piano. La veduta, facente parte di una serie di Vedute di Roma fu incisa dal Brustolon da un disegno acquerellato del Canaletto presente in un album donatogli dagli eredi del pittore (ora appartenente alla Royal Collection di Londra). Cfr. Alpago-Novello Incisori bellunesi, p. 560; D.B.I., vol. XIV p. 727.
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Madonna col Bambino. Incisione originale, colorata con la tecnica del pochoir, non firmata, ma eseguita da Giovanni Meschini all'inizio degli anni Trenta. Cm 30 x 22 ca. Freschissimo esemplare. (7634)
Giovanni Meschini, pittore, illustratore e incisore, influenzato dal Brunelleschi (attivo illustratore di origine toscana operante a Parigi tra le due guerre), ne assimilò la tecnica del pochoir, assai in voga nel periodo dell'Art Déco. Su di una base xilografica o litografica, la coloritura a tempera veniva eseguita manualmente con pennelli e spatole mediante sistemi di piccole maschere traforate. Meschini eseguì numerose tavole dal gusto delicato e dalla brillante coloritura. Le sue piccole immaginette sacre godono ora dell'interesse di appassionati intenditori e collezionisti. Sul Meschini cfr. G. Ercoli, Il pochoir Art Déco, p. 190.
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Roma. Silvio Valenti... Card. Camerario Benedicti XIV P.M. Administro Urbis Iconographiam a Leonardo Bufalino... contractam atq. aeri incisam Jo. Bapta Nolli. D.D.D. Incisione su rame all'acquaforte, versione ridotta della pianta di Roma di Leonardo Bufalini del 1548, eseguita da Francesco Monaco e Carlo Nolli su disegno di G. B. Nolli del 1748, reincisa da Giovanni Brun e pubblicata a Roma da Carlo Losi nel 1785. Cm. 45 x 67,5, tagliata all'impronta del rame. Alcune fioriture nell'angolo sup. d. e timbri, al recto e al verso, dell'antico proprietario (il generale napoleonico Chasseloup-Loubat). Ottimo esemplare nel complesso, in nitida inchiostratura. (5156)
Pianta della città di Roma antica e moderna redatta, in origine, da Leonardo Bufalini (della quale si conoscono solo tre copie in una tiratura fatta a Lecce da Antonio Trevisi nel 1560), qui in versione ridotta a cura di G. B. Nolli come descritto nella dedica al Cardinale Silvio Valenti Gonzaga, contenuta nell'imponente cartiglio sormontato dello stemma del dedicatario, in alto a destra. La pianta è corredata da 307 richiami esplicativi dei luoghi notevoli, elencati lungo i lati sinistro e destro, e mostra in pianta, in proiezione verticale, i principali edifici della città (dal Colosseo a San Pietro, dalle Terme al Mausoleo di Adriano, al Circo Massimo, etc.), il tracciato delle mura, degli acquedotti e dell'intero sistema viario, quale poteva presentarsi verso la fine del secolo XVI. In due vignette che trovano posto negli angoli inferiori, sono raffigurati il Pantheon a destra e l'arco di Giano a sinistra, con il tempio di Vesta adattato a chiesa sullo sfondo. Scaccia Scarafoni, Le piante di Roma, p. 80, n. 139; Huelsen, Bibliografia delle piante di Roma, p. 39 e segg.
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Anonimo
Raccolta di Interni del Vaticano
Esemplare privo di legatura contenente 21 tavole in bianco e nero degli interni del Vaticano. Leggere gore su alcune tavole (ognuna di dimensioni 30 x 23).
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Affiche originale - Rome-Express. Hiver 1900-1901.
Manifesto litografico intelato, cm. 97x64 esemplare con difetti, margine superiore ed inferiore rifilati.. .
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BENOIST, Felix.
Palazzo Venezia illuminato.
Bella e decorativa litografia a colori, mm. 290x390 applicata su carta coeva . Tratta dalla monumentale opera di Felix Benoist "Rome dans sa grandeur. Vues, monument ancient et modernes " stampata in 3 volumi, da Henri Charpentier, nel 1870. . .
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Anonimo (XVI secolo)
Castrum Praetorium
Bulino misure: mm 320 x 519 Impressione eccellente. Delicati giochi chiaroscurali esaltano il modello. Foglio rifilato lungo la battuta come da edizione, Lafrery infatti tagliava i fogli per poi incollarli su una sorta di margini in carta in modo che una volta legati avessero tutti la stessa dimensione. Stato: I/II con l'indirizzo “Bolognini Zalterii formis” (Bolognino Zaltieri è editore in Venezia attivo fra il 1555 e il 1576) ma prima della sostituzione dell'indirizzo con quello di “Donati Rascicotti formis 1597”. La lastra deriva da un'altra dello stesso formato con il privilegio e l'indirizzo di Mich. Tramezini 1553. Titolo dell'opera iscritto in lastra in alto a sinistra. Filigrana: “scudo con lettera M barrata sormontata da giglio” Bibliografia: Christian Huelsen, 1921, 35/aA.
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Bartolomeo Pinelli (Roma 1781 – Roma 1835)
Muzio Scevola alla tenda di Porsenna, 1834
Acquaforte misure: mm 620 x 820 Pittore, incisore, litografo e scultore. Da giovanissimo si forma nella bottega del padre scultore per poi all'età di 11 anni trasferirsi a Bologna. Qui, affidato al pittore e incisore Giambattista Frulli, frequenta l’Accademia Clementina. Verso la fine del secolo si ritrasferisce a Roma e dal 1802 circa è ospite e collaboratore del paesaggista svizzero Franz Kaiserman con il quale sperimentò l’uso della camera ottica. Questo sodalizio può spiegare perchè molti acquerelli e incisioni nel 1805 sono firmate da Pinelli con il nome François. Del 1809 è la sua prima serie di incisioni dal titolo Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all'acquaforte e nel 1816 realizza le illustrazioni per la Storia Romana e nel 1821 quelle per la Storia Greca. Pinelli ha prodotto circa quattromila incisioni e diecimila disegni. Un anno prima della sua morte, Pinelli iniziò a progettare una serie di sei soggetti di formato eccezionalmente grande raffiguranti episodi di storia romana, di questi solo tre saranno effettivamente da lui incisi. La circolazione di queste grandi opere è da considerarsi probabilmente molto limitata. I sei acquerelli preparatori per queste stampe furono esposti nel 1956 (Carrara, collezione Conte Giulio Lazzoni). Pinelli aveva già affrontato questo tema in una composizione di piccolo formato per la sua Istoria Romana dal 1818 al 1819. Qui viene rappresentato Muzio Scevola, invano trattenuto dalle guardie, dopo il suo fallito attentato al generale nemico Porsenna che posa, con sguardo fiero, la mano sul braciere per bruciarla e punirla così dell'errore. Impressione eccellente, dai neri decisi. I giochi chiaroscurali definiscono le armature, le pose e gli sguardi dei personaggi. Ottimo stato di conservazione eccetto lievi difetti nel margine inferiore. Inciso in lastra nel margine inferiore bianco sotto il soggetto oltre il titolo anche "Bartolomeo Pinelli inv. dis. e inc." Bibliografia: Oreste Raggi, “Cenni intorno alla vita ed alle opere principali di Bartolomeo Pinelli”, Roma 1835; G. Incisa della Rocchetta, “Bartolomeo Pinelli”, Roma 1956, n.314, 319.
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copia da Stefano Della Bella (Firenze 1610 – Firenze 1664)
Piramide di Caio Cestio, 1646 ca.
Acquaforte misure: mm 132 x 132 Incisore e disegnatore, si dedicò sporadicamente alla pittura. Il padre Francesco, scultore allievo di Giambologna, morì prematuramente ma riuscì ad avviare tutti i suoi figli a mestieri d’arte. Stefano fu il solo ad eccellere, ebbe i primi insegnamenti presso botteghe di dimenticati orefici i quali ebbero tuttavia il pregio di fargli prender dimestichezza con il bulino. Fu sostanzialmente un autodidatta. Le fonti bibliografiche affermano che egli si esercitava a disegnare figure curiosamente partendo dai piedi e a copiare le incisioni di Jacques Callot avendo come unico confronto l'incisore Remigio Cantagallina. Fu notato poi dal pittore Giovan Battista Vanni che lo prese nella sua bottega e gli diede i primi insegnamenti di pittura e del disegno. La vocazione di Della Bella fu sicuramente l'incisione e già le sue prime opere rivelano i temi a lui più cari: scene di vita contemporanea, feste, battaglie e le decorazioni. Lo studio delle incisioni e dei disegno di maestri antichi, la conoscenza e il confronto con i maestri fiorentini e fiamminghi a lui contemporanei allora presenti alla corte medicea furono furono di grande stimolo. Egli è considerato un grafico puro, grazie ai suoi numerosi viaggi tra Roma e Parigi e grazie alla protezione dei Medici maturò un proprio linguaggio grafico, in vita e per tutto il XVIII secolo fu ricercato e collezionato in Francia e in Italia . Questa stampa fa parte della serie Paesaggi e rovine di Roma composta da 13 soggetti incisi all'interno di un tondo. Questa è una copia in controparte dell'opera di Stefano della Bella, senza iscrizioni incise oltre l'immagine. Viene rappresentata, a sinistra, la piramide di Caio Cestio affiancata da un muro in rovina. Sempre sulla sinistra in primo piano troviamo due pastori in ombra, uno adagiato molto probabilmente su una rovina l'altro in piedi che indica un punto in lontananza verso il fondo, forse la mandria appena accennata che si sta muovendo. Il centro della scena è occupato da due cavalli, uno di profilo destro mentre bruca l'erba e l'altro da tergo con il muso girato verso i pastori nell’atto di allattare un puledro. I contrasti chiaroscurali e il tratto deciso contribuiscono a definire il pelo e la criniera. Il cielo è tracciato appena mediante poche linee parallele. Impressione eccellente. Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame. Bibliografia: De Vesme-Massar 270, pag. 129.
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Stefano Della Bella (Firenze 1610 – Firenze 1664)
Due uomini a cavallo in un paesaggio, 1656
Acquaforte misure: mm 307 x 267 Incisore e disegnatore, si dedicò sporadicamente alla pittura. Il padre Francesco, scultore allievo di Giambologna, morì prematuramente ma riuscì ad avviare tutti i suoi figli a mestieri d’arte. Stefano fu il solo ad eccellere, ebbe i primi insegnamenti presso botteghe di dimenticati orefici i quali ebbero tuttavia il pregio di fargli prender dimestichezza con il bulino. Fu sostanzialmente un autodidatta. Le fonti bibliografiche affermano che egli si esercitava a disegnare figure curiosamente partendo dai piedi e a copiare le incisioni di Jacques Callot avendo come unico confronto l'incisore Remigio Cantagallina. Fu notato poi dal pittore Giovan Battista Vanni che lo prese nella sua bottega e gli diede i primi insegnamenti di pittura e del disegno. La vocazione di Della Bella fu sicuramente l'incisione e già le sue prime opere rivelano i temi a lui più cari: scene di vita contemporanea, feste, battaglie e le decorazioni. Lo studio delle incisioni e dei disegno di maestri antichi, la conoscenza e il confronto con i maestri fiorentini e fiamminghi a lui contemporanei allora presenti alla corte medicea furono furono di grande stimolo. Egli è considerato un grafico puro, grazie ai suoi numerosi viaggi tra Roma e Parigi e grazie alla protezione dei Medici maturò un proprio linguaggio grafico, in vita e per tutto il XVIII secolo fu ricercato e collezionato in Francia e in Italia . In questa stampa, tratta dalla serie Vedute di Roma e della campagna circostante composta da sei tavole, protagonisti sono il paesaggio e gli uomini a cavallo. Il primo piano è dominato da un maestoso albero di quercia, con grosse radici che escono dal terreno, con fronde ricche di foglie alcune illuminate dai raggi del sole, altre in ombra. La composizione è molto ben architettata, e appena lo sguardo si distacca dall'albero vediamo due figure a cavallo che cavalcano dal centro verso sinistra. Sono due uomini distinti, indossano un cappello e i loro corpi sono avvolti in un mantello. Entrambi hanno lo sguardo rivolto verso il basso, osservano le pecore che sembrano fuggire dal sentiero lungo il quale procedono. Un cane pastore abbaia al primo cavallo e sembra stia per dirigersi verso una contadina e un pastore che guidano questa transumanza. Alle loro spalle si apre allo sguardo un paesaggio collinare, ricco di piante e vegetazione, si intravede una casa e la stalla degli animali. Tutto è descritto mediante forti contrasti chiaroscurali, che si affievoliscono dolcemente verso il cielo sullo sfondo tracciato mediante linee parallele. Nel margine inferiore, oltre l'immagine a sinistra, a puntasecca "SD (intrecciate) Bella In & F. cum Pri. Reg. christ." Impressione eccellente, dai neri intensi. Ottimo stato di conservazione. Minimi margini oltre la battuta del rame. Stato II/II, i due spazi bianchi verticali nel cielo a sinistra presenti nel I stato a causa di una cattiva morsura sono stati riempiti e si affievolisce la linea di fuga verticale che parte dal capello del primo cavaliere. Un disegno preparatorio per la stampa è conservato agli Uffizi 368 P. Filigrana: "GGLAUDET". Bibliografia: De Vesme-Massar 836, pag. 129.
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Stefano Della Bella (Firenze 1610 – Firenze 1664)
Il vaso dei Medici, 1656
Acquaforte misure: mm 310 x 278 Incisore e disegnatore, si dedicò sporadicamente alla pittura. Il padre Francesco, scultore allievo di Giambologna, morì prematuramente ma riuscì ad avviare tutti i suoi figli a mestieri d’arte. Stefano fu il solo ad eccellere, ebbe i primi insegnamenti presso botteghe di dimenticati orefici i quali ebbero tuttavia il pregio di fargli prender dimestichezza con il bulino. Fu sostanzialmente un autodidatta. Le fonti bibliografiche affermano che egli si esercitava a disegnare figure curiosamente partendo dai piedi e a copiare le incisioni di Jacques Callot avendo come unico confronto l'incisore Remigio Cantagallina. Fu notato poi dal pittore Giovan Battista Vanni che lo prese nella sua bottega e gli diede i primi insegnamenti di pittura e del disegno. La vocazione di Della Bella fu sicuramente l'incisione e già le sue prime opere rivelano i temi a lui più cari: scene di vita contemporanea, feste, battaglie e le decorazioni. Lo studio delle incisioni e dei disegno di maestri antichi, la conoscenza e il confronto con i maestri fiorentini e fiamminghi a lui contemporanei allora presenti alla corte medicea furono furono di grande stimolo. Egli è considerato un grafico puro, grazie ai suoi numerosi viaggi tra Roma e Parigi e grazie alla protezione dei Medici maturò un proprio linguaggio grafico, in vita e per tutto il XVIII secolo fu ricercato e collezionato in Francia e in Italia . In questa stampa, tratta dalla serie Vedute di Roma e della campagna circostante composta da sei tavole, protagonista è un grande vaso dalle forme classiche. A destra, sulla terrazza del grande giardino di Villa Medici a Roma si vede un antico e maestoso vaso decorato con un bassorilievo che rappresenta il sacrificio di Ifigenia (oggi il vaso è nella Galleria di Firenze). A sinistra del vaso, è raffigurato un giovane ragazzo seduto a terra, di profilo a destra, con il volto incorniciato da morbidi capelli che scendono sulle spalle e con lo sguardo fisso verso il vaso. Si tratta di Cosimo III de Medici avvolto in un abito riccamente panneggiato intento a disegnare su un taccuino il vaso. Sullo sfondo viene descritto, attraverso un tratteggio più morbido, che conferisce un atmosfera argentea, il giardino ricco di molte varietà di alberi quali cipressi che si stagliano verso il cielo, statue, arbusti e una donna che passeggia sulla sinistra. In basso, al centro iscritto in lastra "Romae in Hortis Medicaeis Vas Marmoreum Eximium", a destra "SD (sovrapposti) Bella MDCLVI". Molti storici ritenevano che il ragazzo rappresentato fosse l'artista stesso, invece adesso si pensa che sia Cosimo III allora principe ereditario di Toscana. Impressione eccellente, dai neri intensi e tratto deciso su carta vergellata color avorio. Ottimo stato di conservazione. Buoni margini oltre la battuta del rame benché irregolari. Stato: II/III con il monogramma e la data modificata. Filigrana: “testa coronata di profilo” (Lieure, 21, Ortolani, 3). Bibliografia: De Vesme-Massar 832, pag. 128.
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Antonio Piccinni (Trani 1846 – Roma 1920)
Uomini, donne e un prete in chiesa, 1875
Acquaforte misure: mm 169 x 234 Pittore e incisore italiano soprannominato "il re dei disegnatori". La più grande vocazione dell'artista è, infatti, la grafica. Dal 1860 studia a Napoli all'Istituto di Belle Arti sotto la guida di maestri come Domenico Morelli (Napoli 1826 - 1901), Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1889), Tommaso Aloysio Juvara (Messina 1809 - Roma 1875) e Francesco Pisante (Napoli 1830 - 1889). Qui egli studia la tecnica dell'acquaforte d'invenzione e aderisce al verismo di matrice palizziana. Agli inizi del 1873 si trasferisce a Roma e frequenta i corsi di incisione alla Calcografia Nazionale. Tra il 1878 e il 1880 è a Parigi presso l'editore Cadart e proprio questa parentesi parigina colloca il Piccinni tra gli artisti europei fautori della rinascita dell'acquaforte originale. Sperimentatore delle nuove possibilità legate al mezzo fotografico è tra i primi in Italia a impiegare la fotoincisione tra il 1874 ed il 1886. I temi affrontati da Piccinni dimostrano l'attenzione costante verso i gesti più semplici della quotidianità della vita, gli individui vengono rappresentati come modelli di categorie sociali. Il soggetto è riconducibile ad un gruppo di lavori appartenenti alle prime acqueforti di invenzione realizzate dall'artista che hanno per soggetti personaggi e situazioni colti durante il soggiorno romano. In questa stampa, la terza della cartella dei Souvenirs de Rome pubblicata nel 1878 dalla casa editrice parigina Cadart, vediamo rappresentati alcuni fedeli in chiesa. L'artista rimase affascinato dalla religiosità del popolo e l'interesse per questo soggetto risiede sia nell'aspetto artistico per la rappresentazione del vero, sia per il valore di "document moral". All'interno di una basilica romana, riconoscibile nonostante la tenue morsura dalla nicchia sul muro di fondo, dalle colonne e balaustra marmorea e da una pavimentazione geometrica, vediamo un gruppo di fedeli colti di profilo, verso destra, disposti su tre file di banchi e preceduti da una sedia impagliata. L'attenzione è rivolta verso i fedeli, i loro abiti e le loro espressioni sono descritti minuziosamente, giochi chiaroscurali accentuano le rughe della vecchiaia e le linee profonde e decise, enfatizzano gli abiti e i capelli. I fedeli hanno lo sguardo rivolto in basso in segno di devozione e di preghiera, profili sembrano goyeschi. A destra all'interno del soggetto inciso nome e anno. Oltre l'immagine in alto il n.3. In basso a sinistra "A. Piccinni pinx. et sc," a destra "V.ve A. Cadart Edit. Imp.Paris". Impressione eccellente, su carta vergata con parziale filigrana "Arches". Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame. Un altro esemplare è conservato presso la Raccolta Davoli di Reggio Emilia, Davoli 11340 Bibliografia: A. Petrucci, “A. Piccinni incisore”, 1931; G. Bassi “Antonio Piccinni”, Fasano di Puglia 1978; F. Fiorani G. Scaloni, “Antonio Piccinni incisore”, Roma 2005, 1.3, pag.66
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Antonio Piccinni (Trani 1846 – Roma 1920)
Un Amphitheatre a Rome, 1878
Acquaforte misure: mm 167 x 212 Pittore e incisore italiano soprannominato "il re dei disegnatori". La più grande vocazione dell'artista è, infatti, la grafica. Dal 1860 studia a Napoli all'Istituto di Belle Arti sotto la guida di maestri come Domenico Morelli (Napoli 1826 - 1901), Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1889), Tommaso Aloysio Juvara (Messina 1809 - Roma 1875) e Francesco Pisante (Napoli 1830 - 1889). Qui egli studia la tecnica dell'acquaforte d'invenzione e aderisce al verismo di matrice palizziana. Agli inizi del 1873 si trasferisce a Roma e frequenta i corsi di incisione alla Calcografia Nazionale. Tra il 1878 e il 1880 è a Parigi presso l'editore Cadart e proprio questa parentesi parigina colloca il Piccinni tra gli artisti europei fautori della rinascita dell'acquaforte originale. Sperimentatore delle nuove possibilità legate al mezzo fotografico è tra i primi in Italia a impiegare la fotoincisione tra il 1874 ed il 1886. I temi affrontati da Piccinni dimostrano l'attenzione costante verso i gesti più semplici della quotidianità della vita, gli individui vengono rappresentati come modelli di categorie sociali. Il soggetto è riconducibile ad un gruppo di lavori appartenenti alle prime acqueforti di invenzione realizzate dall'artista, tutte hanno per soggetti personaggi e situazioni colti durante il soggiorno romano. In questa stampa vediamo rappresentati dodici spettatori a teatro che si sporgono dalla balconata per osservare meglio la rappresentazione. Grazie a potenti giochi chiaroscurali emergono dalla sfondo scuro e i loro volti indagati minuziosamente sono illuminati dalle luci teatrali della ribalta. Le luci imbiancano anche i due pilastri con capitelli che spezzano l'andamento lineare e prospettico volto a sinistra della superficie della balconata. Proprio l'effetto di luce e il punto di osservazione da sotto in su trasforma i volti in una serie di maschere il che suggerisce un'analisi psicologica dei "tipi da teatro". In alto a sinistra all'interno del soggetto firma e data incisi. Oltre l'immagine in alto a destra numero 470, in basso "A. Piccinni pinx. et sc," titolo e "V.ve A. Cadart Edit. Imp. 56 B.ard Haussmann.Paris". Questa lastra fu pubblicata su L'Illustration Nouvelle, album edito dalla Maison Cadart nel marzo del 1879. Impressione eccellente con leggero effetto di tono, carta vergata. Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame. Timbro in alto a destra non identificato. Un altro esemplare è conservato presso la Raccolta Davoli di Reggio Emilia, Davoli 11329 Bibliografia: A. Petrucci, “A. Piccinni incisore”, 1931; G. Bassi “Antonio Piccinni”, Fasano di Puglia 1978; F. Fiorani G. Scaloni, “Antonio Piccinni incisore”, Roma 2005, 1.13.a, pag.75
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Antonio Piccinni (Trani 1846 – Roma 1920)
Vecchio con bisacce, 1874
Acquaforte misure: mm 313 x 155 Pittore e incisore italiano soprannominato "il re dei disegnatori". La più grande vocazione dell'artista è, infatti, la grafica. Dal 1860 studia a Napoli all'Istituto di Belle Arti sotto la guida di maestri come Domenico Morelli (Napoli 1826 - 1901), Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1889), Tommaso Aloysio Juvara (Messina 1809 - Roma 1875) e Francesco Pisante (Napoli 1830 - 1889). Qui egli studia la tecnica dell'acquaforte d'invenzione e aderisce al verismo di matrice palizziana. Agli inizi del 1873 si trasferisce a Roma e frequenta i corsi di incisione alla Calcografia Nazionale. Tra il 1878 e il 1880 è a Parigi presso l'editore Cadart e proprio questa parentesi parigina colloca il Piccinni tra gli artisti europei fautori della rinascita dell'acquaforte originale. Sperimentatore delle nuove possibilità legate al mezzo fotografico è tra i primi in Italia a impiegare la fotoincisione tra il 1874 ed il 1886. I temi affrontati da Piccinni dimostrano l'attenzione costante verso i gesti più semplici della quotidianità della vita, gli individui vengono rappresentati come modelli di categorie sociali. Il soggetto è riconducibile ad un gruppo di lavori appartenenti alle prime acqueforti di invenzione realizzate dall'artista che hanno per soggetti personaggi e situazioni colti durante il soggiorno romano. In questa stampa, la settima della cartella dei Souvenirs de Rome pubblicata nel 1878 dalla casa editrice parigina Cadart, vediamo rappresentato un uomo anziano in piedi a figura intera, di profilo rivolto a destra. L'inquadratura dal basso verso l'alto conferisce maestosità per contrasto ad un individuo che appartiene al mondo degli ultimi, pare di trovarsi di fronte ad un gigante buono dalla forza straordinaria. Il mendicante, con il volto solcato da rughe profonde, guarda in modo scettico lo spettatore che viene catturato dall'intensità profonda dello sguardo. La figura emerge dal fondo scuro creato mediante tratti decisi, orizzontali e paralleli e grazie ai forti contrasti chiaroscurali. L'artista descrive con particolare attenzione la giacca con le toppe ai gomiti, i calzari con le stringhe, i risvolti sui pantaloni, il cappellaccio, l'ispida barba bianca, l bastone stretto sotto il braccio sinistro e la bisaccia a tracolla sulla spalla destra. In alto a sinistra, incisi firma e anno. Impressione eccellente con leggero effetto di tono, carta cina. Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame. Bibliografia: A. Petrucci, “A. Piccinni incisore”, 1931; G. Bassi “Antonio Piccinni”, Fasano di Puglia 1978; F. Fiorani - G. Scaloni, “Antonio Piccinni incisore”, Roma 2005, 1.7, pag.69
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Camillo Cungi (San Sepolcro I metà del XVII secolo)
Santa Francesca Romana
Bulino misure: mm 207 x 147 Incisore italiano. Il luogo e la data di nascita e morte sono ad oggi sconosciuti ma sappiamo che fu attivo dalla metà del XVII secolo. Fu attivo a Roma dove collaborò con artisti quali Bernardo Castello, Lanfranco e Tempesta. Illustrò diversi libri e la prima opera che porta il suo nome fu proprio per illustrare la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Altra opera datata è l'incisione per il libro Vita di s. Francesca Romana, stampata a Roma nel 1675 presso Angelo Bernabò. Questa stampa è stata realizzata, da un'invenzione di Gregorio Grassi (notizie dal 1651), quale illustrazione per la biografia di santa Francesca Romana scritta da Maria Maddalena Anguillara superiora delle Oblate di Tor de' Specchi. Santa Francesca Bussa de’ Leoni (Roma 1384 - Roma 1440) fondò nel 1433 l'Ordine delle Oblate e il relativo monastero ancora esistente e attivo in via del Teatro di Marcello. Canonizzata nel 1608 da Paolo V Borghese è la co-patrona di Roma assieme ai Santi Pietro e Paolo e viene ricordata per le sue opere di misericordia spirituale e corporale. Inoltre Papa Pio XI, dal 1925, volle che diventasse patrona degli automobilisti poiché, secondo la tradizione, la Santa aveva la capacità di seguire l'angelo custode che la proteggeva durante la notte mentre percorreva le buie strade di Roma. Nell'incisione in basso, sullo sfondo, troviamo un gruppo di edifici eretti nella città di Roma (si riconosce per esempio Castel Sant'Angelo). In primo piano, con un segno grafico più incisivo, sorretta da rigonfie nuvole troviamo la Santa inginocchiata con le mani sul petto in segno di devozione, lo sguardo sereno e assorto rivolto al nome di Gesù IHS che spunta tra le nubi diradate. Intorno alla Santa degli angeli colti in pose e atteggiamenti differenti: uno sorregge lo stemma papale della famiglia Barberini con le tre api, quello alle spalle di Santa Francesca una tavoletta incisa, mentre l'angioletto al centro guarda lo spettatore e ha tra le mani una cartiglio con inciso il titolo dell'opera: Vita di santa francesca Romana data in luce da Santa Maria Maddalena Anguillara presidente di Tor di Specchi. In basso a sinistra è inciso "Greg. Grass. Inv" a destra "Cam. Cung. Sc". Impressione eccellente. Ottimo stato di conservazione, eccetto leggero foxing. Margini regolari oltre la battuta del rame. Filigrana: cerchio con all'interno una croce affiancata da due lettere. Bibliografia: L. De Angelis, Notizie degli intagliatori... aggiunte a G. Gori Gandellini, VIII, Siena 1810, pp. 248
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Giovanni Battista Piranesi (Mojano di Mestre 1720 – Roma 1778)
Iscrizioni del Mausoleo della Famiglia de' Plauzi a Ponte Lugano
Acquaforte misure: mm 395 x 525 Architetto, disegnatore ed incisore, dopo una prima formazione a Venezia, si trasferisce a Roma, rimanendovi fino alla morte. Qualcuno lo ha soprannominato il “Rembrandt dell’architettura” per aver sapientemente rappresentato attraverso il chiaroscuro del linguaggio incisorio le antichità romane. Artista, antiquario e studioso attraverso l'incisione e i contatti con gli stranieri di massaggio a Roma ha alimentato l'interesse per le antichità creando un linguaggio e un gusto comune a tutta la classe colta della sua epoca. Ha inciso all’incirca mille acqueforti, molte di grande formato, raffiguranti oggetti di scavo, particolari architettonici o monumenti dell’antica Roma descritti con fantasia e grande libertà di segno. La serie di lastre con Vedute di Roma restituisce uno spaccato della città nel XVIII secolo quando antichità, natura, architetture contemporanea e vita quotidiana convivevano con uno straordinario potente equilibrio. E' inoltre ricordato per la serie delle Carceri, lastre raffiguranti architetture cupe e fantastiche, esoteriche, impossibili ma al tempo stesso realistiche, capricci architettonici così assoluti da essere spesso scambiati per opere d'arte contemporanea. Come architetto ha realizzato la sola chiesa di santa Maria del Priorato a Roma per l'ordine di Malta. La stampa è la Tavola n XI tratta dal tomo III delle Antichità Romane, Roma 1756 composto da cinquantacinque tavole di cui quattro non numerate e non incise da Piranesi ma da Girolamo Rossi su disegni di Antonio Buonamici. Nel tomo III, Piranesi riproduce dettagli de Gli Avanzi de Monumenti Sepolcrali esistenti in Roma, e nell' Agro Romano colle loro rispettve piante, elevazioni, sezioni, vedute esterne ed interne. Piranesi dedica al Mausoleo della famiglia Plauzia tre tavole contenute nelle Antichità: questa delle lapidi con le iscrizioni, una veduta, e una stampa più tecnica con la pianta e l'alzato. Il Mausoleo, fatto costruire sulla via Tiburtina da Marco Plauzio Silvano console nel 2 d.C., rappresenta, con il Mausoleo di Cecilia Metella sull'Appia antica, un esempio ben conservato di una specifica tipologia di sepolcri “a tamburo” di tarda età repubblicana. Piranesi in questa prima tavola documenta tutte e tre le lapidi superstiti ai suoi tempi. In basso a sinistra Piranesi Archit. dis. ed inc. Impressione eccellente, ottimo stato di conservazione, eccetto foxing sparso. Ampi margini. Bibliografia: L. Ficacci, Giovanni Battista Piranesi, The Complete Etching, Taschen, 2000, n. 288, p. 261.
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Giovanni Battista Piranesi (Mojano di Mestre 1720 – Roma 1778)
Dimostrazioni delle superficie de'Macigni che fra di loro connettono
Acquaforte misure: mm 280 x 380 Architetto, disegnatore ed incisore, dopo una prima formazione a Venezia, si trasferisce a Roma, rimanendovi fino alla morte. Qualcuno lo ha soprannominato il “Rembrandt dell’architettura” per aver sapientemente rappresentato attraverso il chiaroscuro del linguaggio incisorio le antichità romane. Artista, antiquario e studioso attraverso l'incisione e i contatti con gli stranieri di massaggio a Roma ha alimentato l'interesse per le antichità creando un linguaggio e un gusto comune a tutta la classe colta della sua epoca. Ha inciso all’incirca mille acqueforti, molte di grande formato, raffiguranti oggetti di scavo, particolari architettonici o monumenti dell’antica Roma descritti con fantasia e grande libertà di segno. La serie di lastre con Vedute di Roma restituisce uno spaccato della città nel XVIII secolo quando antichità, natura, architetture contemporanea e vita quotidiana convivevano con uno straordinario potente equilibrio. E' inoltre ricordato per la serie delle Carceri, lastre raffiguranti architetture cupe e fantastiche, esoteriche, impossibili ma al tempo stesso realistiche, capricci architettonici così assoluti da essere spesso scambiati per opere d'arte contemporanea. Come architetto ha realizzato la sola chiesa di santa Maria del Priorato a Roma per l'ordine di Malta. La tavola appartiene alla serie Trofeo o sia magnifica colonna coclide di marmo composta di grossi macigni ove si veggono scolpite le due guerre daciche fatte da Traiano 1774-78. L'opera è dedicata da Piranesi a Papa Clemente XIV e si tratta di un'edizione contenente 3 serie; La Colonna Traiana 16 tavole, La Colonna Antonina 2 tavole e La Colonna eretta in memoria dell'Apoteosi di Antonino Pio... 5 tavole. Numero VIII inciso in alto a destra. Vengono rappresentati e descritti minuziosamente, con legenda e rimandi, gli elementi della colonna traiana: basamento, rocco e capitello. L'attenzione è rivolta alla scala a chiocciola scavata all'interno della colonna e agli inviti per assemblare i pezzi del monumento. Impressione eccellente. Buono stato di conservazione. Esemplare rifilato alla linea di contorno sempre visibile e mancante del margine superiore con titolo. Bibliografia: L. Ficacci, Giovanni Battista Piranesi, The Complete Etching, Taschen, pag.568, n.711; Le Blanc, 13, V. 3 p. 207, 1854-59
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Giovanni Battista Piranesi (Moiano di Mestre 1720 – Roma 1778)
Frammenti dell'antica pianta Roma
Acquaforte misure: mm 460 x 380/ 385 x 465 Architetto, disegnatore ed incisore, dopo una prima formazione a Venezia, si trasferisce a Roma, rimanendovi fino alla morte. Qualcuno lo ha soprannominato il “Rembrandt dell’architettura” per aver sapientemente rappresentato attraverso il chiaroscuro del linguaggio incisorio le antichità romane. Artista, antiquario e studioso attraverso l'incisione e i contatti con gli stranieri di massaggio a Roma ha alimentato l'interesse per le antichità creando un linguaggio e un gusto comune a tutta la classe colta della sua epoca. Ha inciso all’incirca mille acqueforti, molte di grande formato, raffiguranti oggetti di scavo, particolari architettonici o monumenti dell’antica Roma descritti con fantasia e grande libertà di segno. La serie di lastre con Vedute di Roma restituisce uno spaccato della città nel XVIII secolo quando antichità, natura, architetture contemporanea e vita quotidiana convivevano con uno straordinario potente equilibrio. E' inoltre ricordato per la serie delle Carceri, lastre raffiguranti architetture cupe e fantastiche, esoteriche, impossibili ma al tempo stesso realistiche, capricci architettonici così assoluti da essere spesso scambiati per opere d'arte contemporanea. Come architetto ha realizzato la sola chiesa di santa Maria del Priorato a Roma per l'ordine di Malta. Le due stampe sono tratte dal primo volume sulle Antichità Romane, quarantaquattro tavole numerate I-XLIIII, Roma 1756. Sono la tavola numero IV e V come inciso in alto a destra, mentre l'indicazione del tomo I relativo a Gli avanzi degli antichi Edifizj di Roma, è inciso in alto a sinistra. Piranesi attraverso queste tavole riposiziona alcuni frammenti in marmo della pianta antica di Roma, la Forma Urbis. I frammenti riprodotti, scrive Piranesi nel margine inferiore, furono estratti due secoli prima dalle rovine del tempio di Romolo e appartengono ora alle raccolte del Museo di Campidoglio. In uno dei due fogli l'effetto di tridimensionalità è accentuato per colpire lo spettatore, mentre nell'altra la sistemazioni dei resti marmorei è più casuale all'interno di linee verticali a simulare delle casse. Piranesi ci offre una sintesi perfetta tra il ricordo che genera un'emozione e la rappresentazione puntuale e scientifica. Impressione eccellente, ottimo stato di conservazione eccetto consueta piega editoriale al centro del foglio . Ampi margini. Filigrana: giglio nel doppio cerchio (XVIII secolo). Bibliografia: L. Ficacci, Giovanni Battista Piranesi, The Complete Etching, Taschen, 2000, n. 353, p. 300.
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Giovanni Battista Piranesi (Moiano di Mestre 1720 – Roma 1778)
Indice dei frammenti in marmo della pianta di Roma antica
Acquaforte misure: mm 470 x 310 Architetto, disegnatore ed incisore, dopo una prima formazione a Venezia, si trasferisce a Roma, rimanendovi fino alla morte. Qualcuno lo ha soprannominato il “Rembrandt dell’architettura” per aver sapientemente rappresentato attraverso il chiaroscuro del linguaggio incisorio le antichità romane. Artista, antiquario e studioso attraverso l'incisione e i contatti con gli stranieri di massaggio a Roma ha alimentato l'interesse per le antichità creando un linguaggio e un gusto comune a tutta la classe colta della sua epoca. Ha inciso all’incirca mille acqueforti, molte di grande formato, raffiguranti oggetti di scavo, particolari architettonici o monumenti dell’antica Roma descritti con fantasia e grande libertà di segno. La serie di lastre con Vedute di Roma restituisce uno spaccato della città nel XVIII secolo quando antichità, natura, architetture contemporanea e vita quotidiana convivevano con uno straordinario potente equilibrio. E' inoltre ricordato per la serie delle Carceri, lastre raffiguranti architetture cupe e fantastiche, esoteriche, impossibili ma al tempo stesso realistiche, capricci architettonici così assoluti da essere spesso scambiati per opere d'arte contemporanea. Come architetto ha realizzato la sola chiesa di santa Maria del Priorato a Roma per l'ordine di Malta. Coppia di fogli tratti dal primo volume composto da quarantaquattro tavole numerate I-XLIIII intitolato: Antichità Romane, Roma 1756. Si tratta delle tavole VI e VII come inciso in alto a destra, mentre l'indicazione del tomo I, relativo a Gli avanzi degli antichi Edifizj di Roma, è inciso in alto a sinistra. Piranesi in queste tavole propone la sistemazione e l'interpretazione dei frammenti marmorei relativi all'antica pianta di Roma, la Forma Urbis, ritrovati nelle rovine del tempio di Romolo sulla via Sacra e trasferiti da Papa Benedetto XIV nel museo di Campidoglio. "In quest'Indice richiamansi que' Frammenti sol tanto, i quali hanno qualche Iscrizione o intiera, o tronca. S'ella è intiera, / si spiega di per se; aggiungovi solamente qualche breve annotazione sopra il Monum.to: s'ella è tronca, aggiungovi la piu probabile interpreta-/ zione.(...)" Impressione eccellente, ottimo stato di conservazione eccetto consueta piega editoriale a metà del foglio. Ampi margini. Filigrana: giglio nel doppio cerchio, Roma XVIII secolo. Bibliografia: L. Ficacci, Giovanni Battista Piranesi, The Complete Etching, Taschen, 2000, n. 146, p. 176.
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Martino Rota (Sebenico 1520 - Vienna 1583)
San Pietro incontra Cristo sulla via di Roma, 1578
Bulino misure: mm 254 x 350 Pittore e incisore di cui si hanno poche notizie biografiche riguardanti la sua primissima formazione. Nel 1540 è a Roma dove realizza opere sullo stile di Marcantonio Raimondi traducendo i soggetti da Raffaello, Luca Penni e Michelangelo. La più nota è la copia in formato ridotto dell'affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Lasciata Roma si trasferì prima a Firenze e poi a Venezia dove incise opere da Tiziano e vedute della città. Infine nel 1568 è a Vienna nominato pittore e incisore di corte. In questa stampa traduce uno degli arazzi che Raffaello realizzò per la Cappella Sistina raffiguranti le storie dei Santi Pietro e Paolo. Attraverso un uso puntuale della tecnica e netti contrasti chiaroscurali che conferiscono dinamicità alle figure vediamo rappresentati in primo piano Cristo e Pietro appena fuori dall'ingresso delle porte della città di Roma. Secondo il libro apocrifo degli Atti di Pietro, durante la persecuzione dei cristiani ordinata dall'imperatore Nerone, San Pietro, che stringe le chiavi in mano, fugge da Roma per evitare il martirio e mentre si trova sulla via Appia gli appare Gesù che reca la croce del martirio. Pietro allora pronuncia la nota frase: Domine quo vadis? e Cristo risponde Eo Romam Iter crocifigi. Rota incide le due frasi sulla parete della torre collocata tra i volti dei due protagonisti. Sullo sfondo catene montuose ed elaborati profili degli edifici della città di Roma, un gruppo di soldati sulla destra sorreggono vessilli mentre escono dalla porta della città. Nell'inciso in basso rispettivamente da sinistra a destra: Lucas Bertellus Formis, Raphael Vrbino Pinxit inVaticano / Martin Rota Sebenzano F. 1578. La lastra è stato pubblicata dall'editore Luca Bertelli attivo a Venezia e probabilmente anche a Roma tra il 1560 e il 1580 circa. Impressione eccellente dai neri intensi. Ottimo stato di conservazione, esemplare rifilato lungo la battuta del rame. Un altro esemplare è conservato presso la Pinacoteca Repossi Bibliografia: Bartsch XVI n. 6; TIB . XXXIII n. 6
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Augusto Baracchi (Modena 1878 - Milano 1942)
Roma. Ruderi Teatro Marcello
Acquaforte misure: mm 355 x 500; foglio mm 505 x 700 Pittore e incisore italiano formatosi presso l'Istituto di Belle Arti di Modena seguendo i corsi di Salvatore Postiglione (Napoli 1861 - Napoli 1906). Si interessò sia alla pittura che all'incisione e realizzò circa duecento lastre impiegando l'acquaforte, l'acquatinta e la puntasecca. Le sue opere vennero apprezzate sia dal pubblico che dalle critica ed espose in molte città italiane ed estere come Parigi, Berlino, Chicago ed Atene. Le sue incisioni vennero premiate nel 1930 alla XVII Biennale di Venezia. Il Teatro di Marcello, costruito per spettacoli, è uno dei più antichi edifici romani giunto fino a noi. Costruito per volere di Giulio Cesare e poi ripreso da Augusto si ergeva nella zona meridionale del Campo Marzio. Nel foglio l'artista rappresenta un dettaglio di un rudere solitario, privo della presenza umana. Il tempo sembra essersi fermato, l'abbagliante luce solare avvolge gli edifici in un potente chiaroscuro. Il primo piano si apre con la trama dell'antico selciato levigato dal tempo, poi si innalzano gli edifici in una sorta di metafisica natura morta. Tutto è avvolto in un'atmosfera grigio-argentea, sospesa. L'impianto è fortemente prospettico, la via di fuga centrale aperta verso il fondo e le due aperture laterali simulano un palcoscenico vuoto, ci si aspetterebbe di veder giungere gli attori da un momento all'altro. In basso a destra nell'inciso: A Baracchi. In basso oltre l'inciso a matita: Roma Ruderi Teatro Marcello 19/50 e firma. Impressione eccellente, dai neri intensi. Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame.
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Augusto Baracchi (Modena 1878 - Milano 1942)
Roma. Tempio di Marte Ultore
Acquaforte misure: mm 375 x 488; foglio mm 505 x 700 Pittore e incisore italiano formatosi presso l'Istituto di Belle Arti di Modena seguendo i corsi di Salvatore Postiglione (Napoli 1861 - Napoli 1906). Si interessò sia alla pittura che all'incisione e realizzò circa duecento lastre impiegando l'acquaforte, l'acquatinta e la puntasecca. Le sue opere vennero apprezzate sia dal pubblico che dalle critica ed espose in molte città italiane ed estere come Parigi, Berlino, Chicago ed Atene. Le sue incisioni vennero premiate nel 1930 alla XVII Biennale di Venezia. Nel foglio mediante un ardito scorcio prospettico viene proposto un dettaglio dei resti del Tempio di Marte Ultore. Questo antico tempio romano faceva da chiusura al Foro di Augusto ed è proprio l'imperatore ad aver dedicato il tempio a Marte per celebrare la vittoria nella Battaglia di Filippi. Al tempo dell'esecuzione della lastra i resti erano appena affiorati grazie agli scavi condotti tra il 1930 e il 1932 dall'archeologo Corrado Ricci (Ravenna 1858 - Roma 1934). Il contrasto chiaroscurale ed l'abile morsura, nonché la scelta del punto d'osservazione ribassato, ravvicinato e dallo spigolo del basamento, esaltano l'imponenza della grande scalinata centrale dalla quale si accedeva al Tempio, alcune colonne in rovina e due delle tre colonne corinzie superstiti che reggono ancora oggi una parte di architrave. Sullo sfondo profili di alcuni edifici romani moderni e il cielo solcato da rigonfie nubi. In basso a destra nell'inciso: Roma Foro d'Augusto/Tempio di Marte Ultore. In basso oltre l'inciso a matita titolo Roma Tempio di Marte Ultore, numerazione 16/50 e firma. Impressione eccellente, dai neri intensi. Ottimo stato di conservazione. Ampi margini oltre la battuta del rame.
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Enea Vico (Parma 1523 - Ferrara 1567)
Punizione della cortigiana che aveva deriso Virgilio, 1542
Bulino misure: mm 178 x 280 Antiquario, disegnatore, numismatico e incisore, dopo una prima formazione nella città natale, l'artista si trasferisce a Roma. Qui lavora per lo stampatore Salamanca e per Tommaso Barlacchi incidendo molti rami fra cui una serie di Grottesche edite nel 1542; si forma soprattutto studiando le incisioni di Marcantonio Raimondi e della sua scuola (del 1541 è la copia in controparte della Lucrezia di Raimondi, incisa per Barlacchi). Dopo un soggiorno a Firenze si trasferisce a Venezia e infine a Ferrara alla corte di Alfonso II. Oggi conosciamo circa cinquecento incisioni a bulino eseguite da Vico: ritratti, serie di vasi antichi, gemme e cammei, incisioni da opere di Raffaello, Michelangelo, Salviati, ecc. Il soggetto descritto in questa incisione deriva da un invenzione di Perino del Vaga (Firenze 1501 - Roma 1547) ed è ispirato ad una leggenda legata a Virgilio che lo vede innamorato di una giovane fanciulla figlia di un imperatore romano. La donna però non solo non ricambia l'amore ma si prende gioco del Poeta; finge di accoglierlo nelle sue stanze mediante l'espediente di una cesta per farlo arrivare di nascosto alla finestra, ma poi la cesta si ferma e Virgilio rimane appeso fino al giorno dopo, tra le risa del popolo. Il poeta si vendica spegnendo tutto il fuoco di Roma e solo attraverso la donna il popolo avrebbe potuto procurarselo. Così la figlia dell'imperatore venne posta sulla pubblica piazza e Virgilio fu vendicato. Nella stampa, davanti ad obelischi, colonne e edifici romani possiamo osservare un primo piano gremito di persone colte in pose e atteggiamenti differenti, il tumulto e la concitazione sono creati mediante una forte gestualità, un tratto netto e velatura argentea. A destra la donna viene soggiogata dal popolo e sullo sfondo Virgilio è appeso allo cesta. Monogramma EV in basso a sinistra nella tavoletta, mentre oltre l'immagine nel margine bianco il distico e la data VIRGILIVM ELVDENS MERITAS DAT FOEMINA POENAS ROMAE ANNO 1542. Impressione eccellente, splendido effetto di velatura grigio argentea di fondo. Ottimo stato di conservazione eccetto una mancanza integrata lungo il margine destro, qualche assottigliamento della carta. Rifilata alla battuta del rame. Filigrana: ancora nel cerchio (Centro Italia, metà XVI secolo) . Esemplare III/III con l'indirizzo di Salamanca, in basso al centro. Bibliografia: Bartsch XV.304.46; Gori Gandinelli V, pp. 49-50; TIB 30.65.46; Borea 1980, pp. 271-72
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SILVESTRE Israel (Nancy, 1621 - Parigi, 1691).
Veduta del Campo Vaccino, e duna parte delle Città, di Roma….
Acquaforte, 1652 circa, priva di firma in lastra dove troviamo la sola indicazione del privilegio. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione. Veduta panoramica di Roma raffigurante presa dagli Orti Farnesiani, con il Foro Romano in primo piano. LO stemma araldico di Luigi XIV, con le armi di Francia e Navarra, è inciso al centro con la scritta Dédié au Roy. “L’impianto di questa veduta di Campo Vaccino, dedicata a Luigi XIV, che spazia dal Campidoglio alla Basilica di Massenzio, appartiene alla seconda fase della sua produzione, contraddistinta dall’estrema precisione nella rappresentazione degli edifici. È probabile che l’artista abbia scelto come punto di vista gli Horti Farnesiani sul Palatino che gli permettevano una visione dall’alto della città. Oltre alla raffigurazione dei monumenti antichi, la veduta è caratterizzata, seppure in secondo piano, dalla presenza di numerose architetture moderne della zona nord-orientale di Roma, tra le quali la chiesa di S. Maria di Loreto, Villa Medici, il Quirinale e il palazzo del cardinale Mazzarino alle Quattro Fontane” (cfr. Barbara Jatta in "Roma Veduta" p. 167). Il Silvestre, incisore e disegnatore, nasce a Nancy nel 1621. Tra il 1638 e il 1641 viaggiò in Italia; si hanno notizie della sua presenza nella Penisola ancora nel 1643 e nel 1653. Il suo stile fu, all’inizio, piuttosto sciolto, ma dal 1643 in poi divenne più raffinato e delicato, acquisendo accuratezza e precisione senza essere asciutto, risultando a volte simile a quello di Jacques Callot o di Stefano della Bella, con i quali ebbe rapporti di amicizia. Accanto alle testimonianze per la Roma antica mostrò ben presto un grandissimo interesse per la città "moderna", divenendo uno dei precursori del vedutismo - non solo nel campo incisorio - anticipando artisti come Lievin Cruyl e Gaspar van Wittel. Bibliografia Le Blanc III, p. 508, 228; Roma Veduta (2000), p. 167, n. 26; Faucheaux, Catalogue raisonné de l’oeuvre d’Israel Silvestre, 32.1; C. Marigliani, Le Piante di Roma delle collezioni private, tav. 122 Etching, about 1652, without signature on the plate where we find only the indication of the privilege. Beautiful proof, printed on contemporary laid paper, later hand colour, with margins, in perfect condition. Panoramic view of Rome taken from the Orti Farnesiani, with the Roman Forum in the foreground. The heraldic coat of arms of Louis XIV, with the arms of France and Navarre, is engraved in the center with the inscription Dédié au Roy. The layout of this view of Campo Vaccino, dedicated to Louis XIV, ranging from the Capitol to the Basilica of Maxentius, belongs to the second phase of his production, marked by extreme precision in the representation of the buildings. It is likely that the artist chose as a point of view the Horti Farnesiani on the Palatine, which allowed him a view of the city from above. In addition to the depiction of ancient monuments, the view is characterized, albeit in the background, by the presence of numerous modern buildings in the north-eastern area of Rome, including the church of S. Maria di Loreto, Villa Medici, the Quirinale and the palace of Cardinal Mazzarino at the Quattro Fontane (see Barbara Jatta in "Roma Veduta" p. 167). Silvestre, engraver and draftsman, was born in Nancy in 1621. Between 1638 and 1641 he traveled in Italy; we have news of his presence in the Peninsula again in 1643 and 1653. His style was, at the beginning, rather loose, but from 1643 onwards became more refined and delicate, acquiring accuracy and precision without being dry, resulting sometimes similar to that of Jacques Callot or Stefano della Bella, with whom he had relationships of friendship. Alongside the evidence for ancient Rome soon showed a great interest in the city "modern", becoming one of the precursors of vedutismo - not only in the field of engraving - anticipating artists such as Lievin Cruyl and Gaspar van Wittel. Literature Le Blanc III, p. 508, 228; Roma Veduta, p. 167, n. 26; Faucheaux, Catalogue raisonné de l'oeuvre d'Israel Silvestre, 32.1; C. Marigliani, "Le Piante di Roma delle collezioni private", n. 122.
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FALDA Giovanni Battista (Valduggia, Novara, 1643; Rome, 1678)
Chiesa di S. Caterina di Siena col' Monastero delle Monache di S. Domenico a Monte Magnanapoli Architettura d Gio. Battista
Bella veduta della chiesa di S. Caterina da Siena, a largo magnanapoli. La costruzione della chiesa avvenne tra il 1628 ed il 1641, per volontà di papa Urbano VIII, su progetto di Giovan Battista Soria. È ben visibile la Torre delle Milizie che il Falda riporta come "fabricata da Bonifacio VII", perché all'inizio del XIII sec. fu acquistata da Papa Bonifacio VIII Caetani che ne fece un poderoso baluardo costruendovi accanto un palazzo-fortezza, per difendersi dai suoi acerrimi nemici i Colonna che lo minacciavano dai Santissimi Apostoli. La veduta è anche un prezioso documento della Roma Sparita in quanto include il monastero delle monache domenicane demolito agli inizi del XX sec. Esemplare di primo stato, avanti la numerazione, tratto da Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII. Opera in tre volumi, edita da Giovanni Giacomo de Rossi tra il 1665 e il 1669, illustra le fabbriche realizzate o ampliate durante il pontificato di Alessandro VII Chigi, mentre il III si riferisce alle chiese restaurate dal pontefice Clemente IX. L'opera aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine di Roma, con i suoi palazzi, chiese e giardini, secondo un progetto unitario di espansione urbana, in sintonia con i criteri del colto e raffinato Fabio Chigi: il papa, infatti, decise di aprire nuove strade, di abbellire con fontane e monumenti la città, anche a dimostrazione della potenza finanziaria e culturale della sua famiglia. Prima di allora l'incisione di veduta a Roma, che pure aveva prodotto numerose serie dì stampe da Etienne Dupérac a Giacomo Lauro, si era interessata principalmente alla ripresa della città antica. Bisognerà attendere proprio il completamento dei rinnovamenti urbanistici e delle realizzazioni architettoniche dei papi seicenteschi, per assistere alla diffusione di raccolte dedicate alla città moderna. Giovan Battista Falda ha contribuito, con la vasta serie di incisioni di vedute, a divulgare un'immagine della città di Roma legata alla magnificenza e munificenza dei Papi seicenteschi: città ricca di chiese, palazzi, giardini che si affiancavano ai resti del glorioso passato. L'incisore dedicò tutta la sua pur breve vita a creare, attraverso precise ed attente vedute prospettiche, piante e stampe su avvenimenti cittadini, canonizzazioni, ingressi di pontefici e reali stranieri, un grosso affresco unitario che celebrasse nel suo insieme la nuova grandezza raggiunta dalla Roma moderna, grazie soprattutto alla geniale e lungimirante opera di papa Alessandro VII Chigi (1655 - 1667). Dopo la morte del Falda, verrà pubblicato, sempre dalla tipografia De Rossi, Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, di Alessandro Specchi, edito nel 1699 e naturale prosecuzione della raccolta. Acquaforte, impressa su carta vergata coeva, con margini, in ottimo stato di conservazione. Beautiful view form largo Mgnanapoli that shows the church of s. Caterina da Siena and the Torre delle Milizie. Example in the first state, before the number, taken from Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII. One of the most important architectural projects of the seventeenth century was the urban renovation of Rome. Under the brilliant leadership of Pope Alessandro VII (1655-1667), Rome dramatically emerged as one of the most modern and beautiful cities of the new Baroque age. Within several decades spacious roadways were constructed, monumental buildings arose, and many public squares appeared with elaborate fountains and monuments. To be sure, this massive undertaking was meant to underline the absolute power of the Papacy but it also brought forth a new flowering of Italian art and architecture. The Nuovo Teatro was initiated in 1665 to depict the new Rome in a series of etchings. What it gave to future generations was a magnificent historical record of views etched by two of Italy's greatest architectural artists. The printing and publishing of these important etchings was entrusted to Giacomo de Rossi (1626-1691), the head of the most dominant Roman publishing house. ( Sons and nephews of de Rossi, in fact, continued the publishing house until 1738 when the business was sold to Pope Clement XII to form the basis of the Regia Calcografia.) Altogether, four sets of Nuovo Teatro were created during the seventeenth century. Volumes one and two were both published in the year of 1665 and dealt mainly in views of the new piazzas, gardens, terraces and their surrounding buildings. Volume 3 was published in 1669 and concentrated upon the newly constructed churches of Rome. Every plate from the first three sets was both designed and etched by the influential architectural artist, Giovanni Battista Falda (1643-1678). For reasons unknown the fourth and final volume Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, (52 etchings) did not appear until 1699. It was published by Giacomo's successor, Domenico de Rossi, and featured views of the palaces and stately homes of Rome. Each plate was designed and etched by the famous architect and etcher, Alessandro Specchi (1668-1729). Etching, printed on contemporary laid paper, with margins, in good condition.
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FALDA Giovanni Battista (Valduggia, Novara, 1643; Rome, 1678)
Chiesa dedicata a Sant' Ignatio de PP. Della Compagnia di Giesù nel Rione della Pigna condotta da varij disegni Dl P. Horat
Splendida veduta della chiesa barocca di S. Ignazio, costruita dal cardinal Ludovisi nel 1626 in onore di S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. La chiesa fu edificata contiguamente al palazzo del Collegio Romano e sostituì la cinquecentesca chiesa di S. Maria Annunziata. Il progetto di realizzazione venne affidato ad Orazio Grassi che si avvalse dei disegni di Carlo Maderno, Paolo Martucelli ed Orazio Torriani. Nella piazza antistante era allora visibile l'obelisco di S. Macuto (cosiddetto appunto per la sua posizione dinanzi alla chiesa di S. Macuto), rinvenuto durante gli scavi della vicina chiesa di S. Maria sopra Minerva, che dal 1711 fu situato nella vicina piazza della Rotonda. Esemplare di primo stato, avanti la numerazione, tratto da Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII. Opera in tre volumi, edita da Giovanni Giacomo de Rossi tra il 1665 e il 1669, illustra le fabbriche realizzate o ampliate durante il pontificato di Alessandro VII Chigi, mentre il III si riferisce alle chiese restaurate dal pontefice Clemente IX. L'opera aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine di Roma, con i suoi palazzi, chiese e giardini, secondo un progetto unitario di espansione urbana, in sintonia con i criteri del colto e raffinato Fabio Chigi: il papa, infatti, decise di aprire nuove strade, di abbellire con fontane e monumenti la città, anche a dimostrazione della potenza finanziaria e culturale della sua famiglia. Prima di allora l'incisione di veduta a Roma, che pure aveva prodotto numerose serie dì stampe da Etienne Dupérac a Giacomo Lauro, si era interessata principalmente alla ripresa della città antica. Bisognerà attendere proprio il completamento dei rinnovamenti urbanistici e delle realizzazioni architettoniche dei papi seicenteschi, per assistere alla diffusione di raccolte dedicate alla città moderna. Giovan Battista Falda ha contribuito, con la vasta serie di incisioni di vedute, a divulgare un'immagine della città di Roma legata alla magnificenza e munificenza dei Papi seicenteschi: città ricca di chiese, palazzi, giardini che si affiancavano ai resti del glorioso passato. L'incisore dedicò tutta la sua pur breve vita a creare, attraverso precise ed attente vedute prospettiche, piante e stampe su avvenimenti cittadini, canonizzazioni, ingressi di pontefici e reali stranieri, un grosso affresco unitario che celebrasse nel suo insieme la nuova grandezza raggiunta dalla Roma moderna, grazie soprattutto alla geniale e lungimirante opera di papa Alessandro VII Chigi (1655 - 1667). Dopo la morte del Falda, verrà pubblicato, sempre dalla tipografia De Rossi, Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, di Alessandro Specchi, edito nel 1699 e naturale prosecuzione della raccolta. Acquaforte, impressa su carta vergata coeva, con margini, in ottimo stato di conservazione. Beautiful view of the church of S. Ignazio di Loyola in Campo Marzio, built in Baroque style between 1626 and 1650. Example in the first state, before the number, taken from Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII. One of the most important architectural projects of the seventeenth century was the urban renovation of Rome. Under the brilliant leadership of Pope Alessandro VII (1655-1667), Rome dramatically emerged as one of the most modern and beautiful cities of the new Baroque age. Within several decades spacious roadways were constructed, monumental buildings arose, and many public squares appeared with elaborate fountains and monuments. To be sure, this massive undertaking was meant to underline the absolute power of the Papacy but it also brought forth a new flowering of Italian art and architecture. The Nuovo Teatro was initiated in 1665 to depict the new Rome in a series of etchings. What it gave to future generations was a magnificent historical record of views etched by two of Italy's greatest architectural artists. The printing and publishing of these important etchings was entrusted to Giacomo de Rossi (1626-1691), the head of the most dominant Roman publishing house. ( Sons and nephews of de Rossi, in fact, continued the publishing house until 1738 when the business was sold to Pope Clement XII to form the basis of the Regia Calcografia.) Altogether, four sets of Nuovo Teatro were created during the seventeenth century. Volumes one and two were both published in the year of 1665 and dealt mainly in views of the new piazzas, gardens, terraces and their surrounding buildings. Volume 3 was published in 1669 and concentrated upon the newly constructed churches of Rome. Every plate from the first three sets was both designed and etched by the influential architectural artist, Giovanni Battista Falda (1643-1678). For reasons unknown the fourth and final volume Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, (52 etchings) did not appear until 1699. It was published by Giacomo's successor, Domenico de Rossi, and featured views of the palaces and stately homes of Rome. Each plate was designed and etched by the famous architect and etcher, Alessandro Specchi (1668-1729). Etching, printed on contemporary laid paper, with margins, in good condition.
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MAGGI Giovanni (1566-1618)
Columna Traiani
Rarissima veduta, incisa da Giovanni Maggi, pubblicata nell’opera “Deliciae urbis Romae, divinae et humanae, anno sacro Jubilaei MDC...ex chalcographia Dominicj Custod. C. August ”, edita per la volta ad Augsburg nel 1600, dall’incisore ed editore Dominicus Custos, in occasione dell'anno giubilare. Della Città Eterna l’opera raffigura e descrive le "deliciae divinae", ovvero le chiese, e le "deliciae humanae", ovvero ponti, obelischi, colonne. L’incisione della maggior parte delle tavole è da attribuire al Maggi. Se alcune sono riferibili agli anni 1596-98, altre appaiono precedenti e maturate nel clima del giubileo sistino del 1590. Acquaforte e bulino , su carta vergata coeva, testo in latino al margine e al verso, in ottime condizioni. A very rare work, engraved by Giovanni Maggi, published in the "Deliciae Urbis Romae, divinae et Humanae, sacred year Jubilaei former MDC ... chalcographia Dominicj Custod. C. August", published for the first time in Augsburg, 1600, by the engraver and publisher Dominicus Custos, on the occasion of the Jubilee Year. Of the Eternal City's work depicts and describes the "deliciae divinae", or churches, and the "deliciae Humanae", or bridges, obelisks, columns. The engraving of most of the plates is to be attributed to Giovanni Maggi. If some are referring to the years 1596-98, others appear earlier and matured in the climate of the Sistine jubilee of 1590. Etching and engraving, on contemporary laid paper, text in Latin at the margin and on verso, in very good conditions. S. Borsi, Roma di Urbano VIII: la pianta di Giovanni Maggi, 1625, in Officina, 1990, p. 24; Rossetti 2080, Cicognara 3693, Kissner 100, Olschki 16789.
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ACQUARONI Antonio (Civitavecchia 1801?- Roma 1874)
Piazza del Popolo
Rara e deliziosa veduta di piazza del Popolo, sapientemente delineata da Antonio Acquaroni, dalla parte di porta Flaminia, che abbraccia il panorama dalla nota terrazza del Pincio a via di Ripetta. La rappresentazione è dinamica, sono raffigurati diversi tipi di carrozze, ben distribuite nello spazio semicircolare; a destra, una vivace scene di folklore di balli a suon di tamburelli. Tra gli attenti spettatori adunati, anche due guardie in uniforme, rappresentati di spalle in atteggiamento di riposo. Lo spettacolo richiama l'attenzione di una delle due guardie a cavallo, rivolto di profilo verso il gruppo, mentre un venditore ambulante vende qualcosa ad uomo con una bambina. Nel resto della piazza, diverse persone passeggiano coi loro eleganti abiti, sullo sfondo di distinguono anche due chierici e, più indietro, un uomo tira faticosmente il suo asino. Le sfumature del cielo collocano la scena nelle ore pomeridiane. Rara e deliziosa veduta di piazza del Popolo, sapientemente delineata da Antonio Acquaroni, dalla parte di porta Flaminia, che abbraccia il panorama dalla nota terrazza del Pincio a via di Ripetta. La rappresentazione è dinamica, sono raffigurati diversi tipi di carrozze, ben distribuite nello spazio semicircolare; a destra, una vivace scene di folklore di balli a suon di tamburelli. Tra gli attenti spettatori adunati, anche due guardie in uniforme, rappresentati di spalle in atteggiamento di riposo. Lo spettacolo richiama l'attenzione di una delle due guardie a cavallo, rivolto di profilo verso il gruppo, mentre un venditore ambulante vende qualcosa ad uomo con una bambina. Nel resto della piazza, diverse persone passeggiano coi loro eleganti abiti, sullo sfondo di distinguono anche due chierici e, più indietro, un uomo tira faticosmente il suo asino. Le sfumature del cielo collocano la scena nelle ore pomeridiane.
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