|
Adorisio Chiara
Leo Strauss lettore di Hermann Cohen
br. Questo lavoro presenta un'analisi dell'influenza di Hermann Cohen sul pensiero di Leo Strauss, conosciuto ancora oggi soprattutto come un filosofo politico. Grazie a tale analisi è possibile mettere a fuoco la formazione filosofica di Strauss, le sue fonti d'ispirazione e le intenzioni che mossero originariamente la sua riflessione. Il legame con Cohen mostra, infatti, l'importanza che per Strauss ebbe il contesto ebraico nel quale egli inserì inizialmente la sua attività di studioso e insegnante, in quanto membro a Berlino della "Akademie fur die Wissenschaft des Judentums" e a Francoforte del "Lehrhaus" fondato da Franz Rosenzweig. È a partire da una riflessione sui problemi dell'ebraismo moderno che Strauss ebbe modo di meditare su una situazione culturale e politica che era quella dell'umanità occidentale nel periodo di crisi della liberaldemocrazia e dell'ascesa di movimenti anti-razionalistici sul piano filosofico, e totalitari sul piano politico. Strauss, durante tutto l'arco della sua vita, è tornato in diverse occasioni a commentare i saggi di Cohen. In particolare egli si è soffermato, sin dall'inizio, sull'interpretazione coheniana di Spinoza, su quella di Maimonide e delle fonti antiche Platone e Aristotele, e infine, sull'opera postuma Religione della ragione dalle fonti dell'ebraismo, per la quale egli ha scritto anche un saggio introduttivo in occasione della traduzione inglese dell'opera.
|
|
Adorno Aurora
Francesco Adorno. Un filosofo a Firenze
ill., ril. "Tra romanzo e mémoire, il libro pare un film già scritto sullo sfondo principe di una Firenze sospesa e bella, una città impolverata, luminosa, infangata ma pur sempre culla di cultura e civiltà, fulcro del pensiero libero di Adorno e del suo amore per Luciana. Due vite quella di Luciana e Francesco che diventano una, in un transfert continuo di memorie, di saperi, di privato che diviene pubblico e osmotico come se i due protagonisti si vedano e si riconoscano sempre come in uno specchio. Più volte Luciana si definirà il braccio di una mente tanto geniale. Luciana è sempre un passo indietro eppure il ritratto che l'autrice ne "dipinge" è quello di una donna fiera, emancipata, moderna, illuminata tanto che la vera ribelle in una società ancora gretta e maschilista pare essere lei. Infine il libro è un grande inno alla pace, alla speranza, alle passioni, un esempio di vite probe, giuste, empatiche di chi come gli Adorno hanno visto la Storia negli occhi." (Dalla Prefazione di Luca Guardabascio)
|
|
Adorno Francesco
Introduzione a Platone
br. Il volume offre gli strumenti critici essenziali per comprendere l'opera di Platone alla luce delle diverse prospettive storiografiche. Francesco Adorno analizza il contesto in cui il filosofo greco ha operato, ne analizza le opere (dall'Apologia al Fedone, dal Convito alla Repubblica, dal Fedro al Sofista, dal Politico alle Leggi), offre una cronologia della vita e delle opere, presenta la storia della critica e un'ampia bibliografia.
|
|
Adorno Theodor W.
Aspetti del nuovo radicalismo di destra
br. Il 6 aprile 1967 Theodor Adorno tenne una conferenza all'Università di Vienna il cui valore va ben oltre l'aspetto puramente storico e che può aiutarci a comprendere il tempo che stiamo vivendo. Risalendo alle origini del consenso ottenuto dai movimenti radicali di destra, il filosofo intendeva chiarire le ragioni dell'ascesa dell'NPD, formazione di destra che all'epoca stava registrando un certo successo nella Repubblica Federale Tedesca. Adorno mette in luce e collega tra loro in modo inedito vari elementi: il congegno sofisticato della propaganda e l'antisemitismo, il connubio tra perfezione tecnologica e un «sistema folle», l'individuazione di un capro espiatorio e l'odio ostentato verso gli intellettuali di sinistra e la cultura in generale, la tendenza del capitale alla concentrazione e la paura diffusa di perdere il proprio status sociale. Oggi lo «spettro» a cui la conferenza è dedicata non solo non si è dissolto, ma assume nuove e inquietanti sembianze. Diventa dunque ancora più importante prendere coscienza dei meccanismi dell'agitazione fascista e dei fondamenti psicologici e sociali su cui poggia. Nella consapevolezza che «se si vogliono affrontare sul serio queste cose, bisogna richiamare in modo perentorio gli interessi di coloro ai quali la propaganda si rivolge. Ciò vale soprattutto per i giovani che devono essere messi in guardia». La postfazione dello storico Volker Veiss contestualizza il testo e lo inquadra in una prospettiva attuale.
|
|
Adorno Theodor W.
Il gergo dell'autenticità. Sull'ideologia tedesca
br. Una faglia a strapiombo corre lungo il pensiero tedesco del Novecento, senza transito possibile dall'uno all'altro corpo roccioso. Separa Martin Heidegger e Theodor W. Adorno, e se occorresse un attestato della sua intransitabilità, lo fornirebbe questo saggio risalente ai primi anni sessanta del secolo scorso. Con stringenza concettuale che non lascia scampo, Adorno orchestra l'istruttoria contro il filosofo della Selva Nera, il quale lo ripagherà con la sprezzante noncuranza riservata a un "sociologo" qualsiasi. Oggetto dell'affondo adorniano è il culto dell'esperienza genuina, che nella Germania del secondo dopoguerra aggiorna, secondo i canoni di una distinzione spirituale ormai di massa, gli stilemi elitari in voga presso ristretti cenacoli intellettuali di alcuni decenni precedenti. Sul "gergo dell'autenticità", tanto più auratico e lustrato quanto più somigliante ai messaggi pubblicitari - "sottoprodotto della stessa modernità con cui è in rapporti di inimicizia" -, cala il giudizio squalificante di "ideologia tedesca", già coniato da Marx per la filosofia del suo tempo. Ma è soprattutto su Heidegger, ossia su colui che ha conferito rango teoretico e contegno linguistico all'autenticità, che si addensano i capi d'accusa di Adorno. Ne deplora le figurazioni, il cifrario che dà la vertigine della profondità avvolgendo "le proprie parole come arance nella cartavelina", mentre incarna solo "la forma attuale della falsità". Introduzione di Remp Bodei.
|
|
Adorno Theodor W.
Metacritica della teoria della conoscenza. Studi su Husserl e sulle antinomie fenomenologiche
br. "Metacritica della teoria della conoscenza" è un testo in cui Adorno nel 1956 raccolse i suoi saggi sulle teorie fenomenologiche di Husserl. Ma il valore di quest'opera è ancor più significativo, in quanto investe il tema più generale della filosofia della scienza e della critica della conoscenza. Adorno rileva come il culto acritico del dato, il mito dell'originarietà e dell'immediatezza e la malcelata subalternità di Husserl stesso nei confronti delle scienze, siano tali da provocare un atteggiamento meramente descrittivo rispetto alla realtà.
|
|
Adorno Theodor W.
Minima moralia. Meditazioni della vita offesa
brossura È passato ormai più di mezzo secolo dagli anni in cui Adorno scrisse queste Meditazioni della vita offesa, che, ormai sottratte alle indigestioni e forzature ideologiche degli anni Settanta, possono essere considerate nella loro prospettiva di ultimo classico tedesco. Attraverso centocinquantatré aforismi, con un'attitudine apparentemente divagante, Adorno ricompone l'intero orizzonte della vita sociale, politica, culturale dell'uomo occidentale, senza rinunciare mai all'idea di un suo possibile riscatto.
|
|
Adorno Theodor W.
Prismi. Saggi sulla critica della cultura
brossura In questo volume Adorno raccolse i migliori saggi di quella che fu la sua stagione più felice: gli anni della seconda guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra. Al centro sta il discorso sulla «crisi della civiltà», e l'indagine sulla validità di questo discorso, di cui Adorno accetta i fermenti negativi e rifiuta le soluzioni nostalgiche o disfattiste. Il saggio iniziale sulla critica della cultura, quelli finissimi su Spengler, Veblen, Huxley e la stroncatura della sociologia del sapere di Mannheim si leggono come critiche definitive di quei prototipi del pensiero conservatore di cui la cosiddetta cultura di destra ripeteva stancamente i motivi. Ma questa tematica di fondo si rifrange nei «prismi» lumeggiando, oltre alla sociologia, anche gli altri campi in cui Adorno era maestro: filosofia, musica, letteratura. È anzi qui che emergono le figure a lui più care: quelle di coloro - Schönberg, Benjamin, Kafka - che seppero fissare il volto della Medusa senza abdicare alla ragione, e misurare fino in fondo l'abisso per affermare l'esigenza dell'utopia.
|
|
Adorno Theodor W.
Progresso e feticismo
brossura
|
|
Adorno Theodor W.; Canetti Elias; Gehlen Arnold; Fadini U. (cur.)
Desiderio di vita. Conversazioni sulle metamorfosi dell'umano
brossura
|
|
Adorno Theodor W.; Canetti Elias; Gehlen Arnold; Fadini U. (cur.)
Desiderio di vita. Conversazioni sulle metamorfosi dell'umano. Nuova ediz.
br. Ciò che unisce autori come Adorno, Canetti e Gehlen, così dissimili tra loro, è senz'altro la natura "mossa", "plastica" dell'esistenza umana. Su questo argomento vertono principalmente le riflessioni che i tre studiosi intrecciano conversando tra loro e che sono raccolte nel presente volume. In Canetti la proclamazione senza incertezze del diritto del vivente alla metamorfosi si accompagna alla critica di qualsiasi forma di organizzazione che definisca in termini rigidamente burocratici e semplicemente ideologici il desiderio irrinunciabile di libertà. Adorno, nella sua riproposizione del tema della soggettività, non riducibile a ciò che appare essere oggi il suo destino di reificazione senza residui, fa ancora valere l'importante ruolo del sociale, nelle sue articolazioni storicamente determinate, per lo svolgimento delle stesse pratiche di soggettivazione. Il punto di vista antropologico e sociologico assunto da Gehlen vuole affrontare invece soprattutto la complessa questione di come un essere esposto quale è l'uomo - una sorta di "animale non consolidato" (F. Nietzsche) - possa conservarsi effettivamente, e nonostante tutto, in vita.
|
|
Adorno Theodor W.; Canetti Elias; Gehlen Arnold; Fadini U. (cur.)
Desiderio di vita. Conversazioni sulle metamorfosi dell'umano. Nuova ediz.
br. Ciò che unisce autori come Adorno, Canetti e Gehlen, così dissimili tra loro, è senz'altro la natura "mossa", "plastica" dell'esistenza umana. Su questo argomento vertono principalmente le riflessioni che i tre studiosi intrecciano conversando tra loro e che sono raccolte nel presente volume. In Canetti la proclamazione senza incertezze del diritto del vivente alla metamorfosi si accompagna alla critica di qualsiasi forma di organizzazione che definisca in termini rigidamente burocratici e semplicemente ideologici il desiderio irrinunciabile di libertà. Adorno, nella sua riproposizione del tema della soggettività, non riducibile a ciò che appare essere oggi il suo destino di reificazione senza residui, fa ancora valere l'importante ruolo del sociale, nelle sue articolazioni storicamente determinate, per lo svolgimento delle stesse pratiche di soggettivazione. Il punto di vista antropologico e sociologico assunto da Gehlen vuole affrontare invece soprattutto la complessa questione di come un essere esposto quale è l'uomo - una sorta di "animale non consolidato" (F. Nietzsche) - possa conservarsi effettivamente, e nonostante tutto, in vita.
|
|
Adorno Theodor W.; Desideri F. (cur.); Matteucci G. (cur.)
Teoria estetica
br. L'ultimo libro, postumo, di Adorno è senz'altro l'opera più concettualmente aspra del filosofo francofortese. L'asprezza deriva dal compito che l'autore si è visto assegnare dal proprio oggetto: pensare l'opera d'arte dall'interno spingendola al concetto pur sapendo che essa è qualcosa di altro dal concetto. Pensarla senza cedere alle facili sirene dell'empatia e del vissuto; non in un'astratta essenza, bensì nella complessa fenomenicità delle sue manifestazioni storiche. Pensare l'opera d'arte, dunque, nella sua appartenenza al mondo delle merci, ma fino in fondo, ossia come una mercé assoluta che nega se stessa, non facile asilo di una interiorità e di una soggettività in via di sparizione, bensì "cosa" che si rifiuta alla reificazione. Pensare il negativo che si mostra come il vero e proprio interno dell'opera d'arte contemporanea, senza consegnarlo ad un'ontologia edificante, ma cogliendovi piuttosto l'attestazione oggettiva che il circolo dell'effettualità non è perfetto e chiuso in se stesso.
|
|
Adorno Theodor W.; Farina M. (cur.)
L'attualità della filosofia. Tesi all'origine del pensiero critico
br. Cosa pensava Adorno prima d'essere costretto a fuggire negli Stati Uniti? Quali temi filosofici erano al centro della sua riflessione prima che l'orrore dell'olocausto occupasse prepotentemente lo spazio teoretico dell'elaborazione? Qui raccolti tre scritti inediti stesi da Adorno tra il 1931 e il 1933. I lavori di un intellettuale libero, come fu sempre, ma non ignaro dei compiti che la filosofia doveva darsi nella società. Testi che raccontano il rapporto del celebre francofortese con la filosofia classica tedesca, preziosi per conoscere gli esordi del pensiero di uno dei massimi filosofi internazionali del Novecento.
|
|
Adorno Theodor W.; Farina M. (cur.)
L'attualità della filosofia. Tesi all'origine del pensiero critico
brossura Cosa pensava Adorno prima d'essere costretto a fuggire negli Stati Uniti? Quali temi filosofici erano al centro della sua riflessione prima che l'orrore dell'Olocausto occupasse lo spazio teoretico della sua speculazione? Questa edizione, curata da Mario Farina, raccoglie tre scritti - L'attualità della filosofia, L'idea della storia naturale, Tesi sul linguaggio del filosofo -, stesi da Adorno tra il 1931 e il 1933: testi che raccontano il rapporto del celebre francofortese con la filosofia classica tedesca, preziosi per conoscere gli esordi del pensiero di uno dei massimi filosofi del Novecento.
|
|
Adorno Theodor W.; Farina M. (cur.)
L'attualità della filosofia. Tesi all'origine del pensiero critico
brossura Cosa pensava Adorno prima d'essere costretto a fuggire negli Stati Uniti? Quali temi filosofici erano al centro della sua riflessione prima che l'orrore dell'Olocausto occupasse lo spazio teoretico della sua speculazione? Questa edizione, curata da Mario Farina, raccoglie tre scritti - L'attualità della filosofia, L'idea della storia naturale, Tesi sul linguaggio del filosofo -, stesi da Adorno tra il 1931 e il 1933: testi che raccontano il rapporto del celebre francofortese con la filosofia classica tedesca, preziosi per conoscere gli esordi del pensiero di uno dei massimi filosofi del Novecento.
|
|
Adorno Theodor W.; Masiero R. (cur.)
Parva aesthetica. Saggi 1958-1967
br. Nell'ultimo decennio di vita Adorno torna più volte su temi di carattere estetico che caratterizzano non solo il suo approccio all'arte moderna, ma il rapporto con il pensiero filosofico nel suo complesso. Il concetto di Aesthetica, volutamente citato in latino, costituisce una porta d'accesso a questioni di carattere metodologico, gnoseologico, ontologico e sociale, in un continuo confronto con la negatività che abita all'interno della stessa cultura. La formulazione di un'estetica normativa appare impropria agli occhi del filosofo tedesco: per questo motivo egli ritiene impossibile affidare al pensiero il compito di costruire modelli e valori artistici universali. La scelta di Adorno, nei saggi qui raccolti, consiste piuttosto nell'elaborare forme di pensiero critico, nella convinzione che di norme e modelli non si potrà parlare come valori assoluti, ma unicamente come dimensioni problematiche.
|
|
Adorno Theodor W.; Petrucciani S. (cur.)
Dialettica negativa
br. Scritta tra il 1959 e il 1966 è l'opera più organica e probabilmente il vertice filosofico di Adorno, il sistema di un pensatore profondamente antisistematico. Dopo un'introduzione in cui lo spirito di sistema viene contrapposto al procedimento dell'esperienza filosofica, Adorno avanza una critica dell'ontologia e delinea il movimento della dialettica negativa, che culminando nel riconoscimento del primato dell'oggetto, diventa dialettica materialistica, ma di un materialismo "senza immagini", opposto alla "coscienza reificata" del materialismo dialettico. La dialettica negativa viene poi applicata a "modelli" che corrispondono ad alcuni concetti chiave della filosofia: la libertà, la storia e la metafisica.
|
|
Adorno, Francesco
Pensare storicamente. Quarant'anni di studi e ricerche.
cm. 17 x 24, xviii-372 pp. Volume di scritti scelti di Francesco Adorno, contenente venticinque saggi sulla storia del pensiero raccolti in tre sezioni: antichit?, Rinascimento, et? moderna e contemporanea. A selection of works written by Francesco Adorno comprising 25 essays on the history of thought collected in three sections: ancient, Renaissance and Modern contemporary Age. 723 gr. xviii-372 p.
|
|
Adorno, Theodor
Stelle su misura: L'astrologia nella società contemporanea
Adorno, Theodor Stelle su misura: L'astrologia nella società contemporanea. Torino, Einaudi 1985 italian, 131 1985. Copertina editoriale in brossura pieghevole. 131 p.; 21 cm SL.17
|
|
Aeolus Santo
Elettroni
brossura "I discorsi che compongono questo libro sono stati donati all'umanità dall'amato Santo Aeolus nei primi anni del 1950, presso la scuola spirituale del Ponte alla libertà attraverso Feraldine Innocenti, messaggera dei grandi Maestri ascesi la quale aveva un contatto fisico diretto e telepatico con loro. Il maestro Santo Aeolus in quel momento occupava, all'interno della gerarchia spirituale di Shamballa, la carica di Maha Choran o Grande direttore dei sette raggi per la terra, per poi ascendere alla carica di Maha Chohan del nostro Sistema Solare. In questo libro il Santo Aeolus ci dona l'insegnamento del funzionamento dell'energia elettronica. Come egli stesso dice: «La più piccola manifestazione di Vita che può essere misurata in termini comprensibili all'uomo è l'elettrone». Con questa frase, il maestro ci lascia intendere che esistono manifestazioni della vita o della materia più piccole dell'elettrone, ma che l'uomo non è ancora del tutto in grado di comprenderle. Che la divina presenza di Dio "io sono" e l'amato Santo Aeolus benedicano ognuno degli elettroni delle persone che leggeranno o che prenderanno tra le mani questo santo libro, così che la vittoria della luce sulla terra si manifesti più velocemente." (Raúl Micieli)
|
|
Affinito Alessia
John Locke. Legge di natura, diritti, rivelazione
br.
|
|
Agacinski Sylviane
L'uomo disincarnato. Dal corpo carnale al corpo fabbricato
br. «L'uomo è entrato nell'epoca della sua riproducibilità tecnica». Parafrasando la celebre affermazione di Walter Benjamin a proposito dell'opera d'arte, Sylviane Agacinski interroga, in questo agile pamphlet, ciò che è oggi ovunque dinanzi ai nostri occhi: la riproducibilità tecnica del corpo umano. Riproducibilità annunciata con clamore dalle due religioni del nostro tempo: la potenza tecno-scientifica e la dottrina ultraliberale. L'assalto al corpo carnale per conquistare il cielo del corpo fabbricato è cominciato da tempo, e ha per oggetto due delle facoltà supreme della specie umana: la procreazione e la maternità. La fecondazione assistita, concepita non più come rimedio all'infertilità della coppia, ma come mera riproduzione tecnica della vita, ha aperto la strada all'«uso mercantile della potenza procreativa delle donne e del suo frutto, i bambini». In attesa della macchina chiamata Utero Artificiale (UA), nell'epoca del «mercato totale» in cui ogni individuo è libero di sottoporre a contrattazione tutto, persino il corpo umano, «senza che le leggi interferiscano», è il ventre delle donne a essere, con la «maternità surrogata», oggetto di compravendita, ed è il diritto al bambino, e non più il diritto del bambino a non essere trattato come una proprietà alienabile, la Legge. Al di là delle illusorie credenze che l'accompagnano - l'idea, ad esempio, che una libera sessualità, affrancata da ogni carnalità, possa superare la differenza tra i sessi - questa Legge in cui nulla è sottratto al mercato rappresenta, per Sylviane Agacinski, un pericolo senza pari per la dignità del vivente, un pericolo che va contrastato con la forza di leggi che garantiscano il rispetto dell'integrità morale e fisica di ogni essere umano. Prefazione di Francesca Izzo.
|
|
Agamben Giorgio
A che punto siamo? L'epidemia come politica. Nuova ediz.
br. In questa nuova edizione, che contiene un numero di testi quasi raddoppiato rispetto alla precedente, Agamben ha raccolto tutti i suoi interventi sull'emergenza politico-sanitaria che stiamo attraversando. Al di là di denunce e descrizioni puntuali, i testi propongono in varia forma una riflessione sulla Grande Trasformazione in corso nelle democrazie occidentali. In nome della biosicurezza e della salute, il modello delle democrazie borghesi coi loro diritti, i loro parlamenti e le loro costituzioni sta ovunque cedendo il posto a un nuovo dispotismo in cui i cittadini sembrano accettare limitazioni delle libertà senza precedenti. Di qui l'urgenza della domanda che dà il titolo alla raccolta: a che punto siamo? Fino a quando saremo disposti a vivere in uno stato di eccezione che viene continuamente prolungato e di cui non si riesce a intravedere la fine?
|
|
Agamben Giorgio
Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita. Homo sacer
br. Che cos'è una regola, se essa sembra confondersi senza residui con la vita? E che cos'è una vita umana, se in ogni suo gesto, in ogni sua parola, in ogni suo silenzio non può più essere distinta dalla regola? È a queste domande che il libro di Agamben cerca di dare una risposta attraverso un'appassionata rilettura di quel fenomeno affascinante e sterminato che è il monachesimo occidentale da Pacomio a San Francesco. Se il libro ricostruisce nei particolari la vita dei monaci nella loro ossessiva attenzione alla scansione temporale e alla regola, alle tecniche ascetiche e alla liturgia, la tesi di Agamben è, però, che la vera novità del monachesimo non sta nella confusione fra la vita e la norma, ma nella scoperta di una nuova dimensione, in cui forse per la prima volta la "vita" come tale si afferma nella sua autonomia e la rivendicazione dell'"altissima povertà" e dell'"uso" lancia al diritto una sfida con cui il nostro tempo deve ancora fare i conti. "Come pensare una forma-di-vita, cioè una vita umana del tutto sottratta alla presa del diritto e un uso dei corpi e del mondo che non si sostanzi mai in un'appropriazione? Come pensare la vita come ciò di cui non si dà mai proprietà, ma soltanto un uso comune?"
|
|
Agamben Giorgio
Che cos'è la filosofia?
br. Alla domanda "che cos'è la filosofia" - una questione che si pone tardi e di cui si può parlare solo fra amici - Agamben, in questo libro che è in qualche modo una summa del suo pensiero, non risponde direttamente, ma attraverso cinque saggi, ciascuno dei quali presenta una sorta di emblema: la Voce, il Dicibile, l'Esigenza, il Proemio, la Musa. In ognuno dei testi, secondo un gesto che definisce il metodo di Agamben, l'indagine archeologica e quella teorica si intrecciano strettamente: alla paziente ricostruzione del modo in cui è stato inventato il concetto di lingua, fa riscontro il tentativo di restituire il pensiero al suo luogo nella voce; a una inedita interpretazione dell'idea platonica, corrisponde una lucida situazione del rapporto fra filosofia e scienza e della crisi decisiva che entrambe stanno attraversando nel nostro tempo. E, alla fine, la scrittura filosofica - un problema sul quale Agamben non ha mai cessato di riflettere - assume la forma di un proemio a un'opera che deve restare non scritta.
|
|
Agamben Giorgio
Filosofia prima filosofia ultima. Il sapere dell'Occidente fra metafisica e scienze
br. Che cosa è in gioco in quella che la tradizione della filosofia occidentale ha chiamato filosofia prima, ovvero metafisica? Si tratta di una speculazione astratta ormai desueta, oppure in essa ne va di un problema che ci riguarda da vicino, cioè quello dell'unità del sapere dell'Occidente? La metafisica è, infatti, «prima» solo in rapporto alle altre due scienze che Aristotele chiama teoretiche, cioè la fisica e la matematica. È il senso strategico di questo «primato» che si tratta allora di interrogare, poiché in esso è in questione nulla di meno che la relazione di dominio o di sudditanza, di conflitto o di armonia fra la filosofia e le scienze. L'ipotesi del libro è che il tentativo della filosofia di assicurarsi attraverso la metafisica un primato rispetto alle scienze si sia invece risolto alla fine in una sudditanza della filosofia, divenuta piú o meno consapevolmente ancilla scientiarum, com'era stata in passato ancilla theologiae. Tanto piú urgente è indagare, come questo libro fa attraverso un'indagine archeologica sulla metafisica, la natura e i limiti di questo primato e di questa sudditanza. Finché il nesso segreto che unisce e divide metafisica, matematica e fisica non sarà chiarito, la relazione fra la filosofia e le scienze non cesserà di essere problematica e il sapere dell'Occidente continuerà a essere irreparabilmente scisso.
|
|
Agamben Giorgio
Gusto
br. Un luogo comune vuole che il gusto sia l'organo con cui conosciamo la bellezza e godiamo delle cose belle. Dietro questa pacifica facciata, il saggio di Agamben mette invece a nudo la dimensione tutt'altro che rassicurante di una frattura che divide immedicabilmente il soggetto. All'incrocio di verità e bellezza, di conoscenza e piacere, il gusto appare come il sapere che non si sa e il piacere che non si gode. E, in questa nuova prospettiva, estetica ed economia, homo aestheticus e homo aeconomicus, rivelano una segreta e inquietante complicità.
|
|
Agamben Giorgio
Homo sacer. Ediz. integrale
ill., ril. Solo ora, raccolti insieme nella loro integralità, i nove libri che formano il progetto Homo sacer acquistano il loro vero significato. Il fitto gioco dei rimandi interni, la ripresa incessante e lo svolgimento dei temi di volta in volta enunciati disegnano un'architettura imponente, articolata in quattro sezioni. Nella prima viene tracciato il programma di una messa in questione dell'intera tradizione politica dell'Occidente alla luce del concetto di nuda vita o di vita sacra (Il potere sovrano e la nuda vita, 1995). Nella seconda sezione questo programma viene svolto attraverso una serie di indagini genealogiche: (Iustitium. Stato di eccezione, 2003; Stasis. La guerra civile come paradigma politico, 2015; Horkos. Il sacramento del linguaggio, 2008; Oikonomia. Il Regno e la Gloria, 2007; Opus Dei. Archeologia dell'ufficio, 2012). La terza sezione sottopone l'etica alla prova di Auschwitz (Auschwitz. L'archivio e il testimone, 1998). La quarta sezione, infine, elabora i concetti essenziali per ripensare da capo l'intera storia della filosofia: forma-di-vita, uso, inoperosità, modo, potere destituente (Altissima povertà, 2011; L'uso dei corpi, 2014). L'archeologia del pensiero politico e filosofico occidentale sviluppata nel progetto Homo sacer non si limita, infatti, semplicemente a criticare e correggere alcuni concetti o alcune istituzioni; si tratta, piuttosto, di revocare in questione il luogo e la stessa struttura originaria della politica e dell'ontologia, per portare alla luce l'arcanum imperii che ne costituisce il fondamento e che era rimasto, in esse, insieme pienamente esposto e tenacemente nascosto. In questa edizione definitiva sono stati restituiti i titoli del progetto originale e sono state inserite le integrazioni - come la lunga nota sul concetto di guerra - e le correzioni volute dall'autore.
|
|
Agamben Giorgio
Idea della prosa
br. "Un bel viso è forse il solo luogo in cui vi sia veramente silenzio. Mentre il carattere segna il volto di parole non dette e di intenzioni rimaste incompiute, mentre la faccia dell'animale sembra sempre sul punto di proferire parole, la bellezza umana apre il viso al silenzio. Ma il silenzio - che qui avviene - non è semplicemente sospensione del discorso, ma silenzio della parola stessa, il diventar visibile della parola: idea del linguaggio. Per questo nel silenzio del viso è veramente a casa l'uomo". Trentatrè piccoli trattati di filosofia con undici immagini dialettiche.
|
|
Agamben Giorgio
Il fuoco e il racconto
br. Che cos'è in gioco nella letteratura, qual è il "fuoco" che il "racconto" ha perduto e cerca a ogni costo di ritrovare? E che cos'è la pietra filosofale che gli scrittori, con altrettanto accanimento che gli alchimisti, si sforzano di produrre nella loro fornace di parole? E che cosa, in ogni atto di creazione, ostinatamente resiste alla creazione e conferisce in questo modo all'opera la sua forza e la sua grazia? E perché la parabola è il modello segreto di ogni narrazione? Come in "Profanazioni" e "Nudità", Giorgio Agamben ha raccolto qui in dieci saggi i motivi più urgenti e attuali della sua ricerca. Come sempre nei suoi scritti, l'ostinata interrogazione del "mistero" della letteratura, perseguita anche nei suoi aspetti più materiali (la trasformazione della lettura nel passaggio dal libro allo schermo), s'intreccia con una meditazione sull'altro, più oscuro, "mistero" della modernità, etico e politico, questa volta.
|
|
Agamben Giorgio
Il potere sovrano e la nuda vita. Homo sacer
br. Seguendo un percorso che da Aristotele e il mondo classico giunge sino a tempi recenti con Hanna Arendt e Michel Foucault, Agamben analizza il concetto di vita e di sacro, proponendone l'applicazione in ambito politico dove, a partire dall'età moderna "la vita naturale comincia a essere inclusa nei meccanismi e nei calcoli del potere statuale e la politica si trasforma in bio-politica". Protagonista del libro è la nuda vita dell'homo sacer. Soltanto superando una dimensione politica che non conosce altro valore che la vita, sarà possibile alle democrazie moderne andare oltre le tragiche tentazioni di nazismo, fascismo e, in generale, dei regimi totalitari. La prima edizione in "Einaudi contemporanea", 1998.
|
|
Agamben Giorgio
Il regno e il giardino
br. Da più di due millenni il paradiso terrestre, il giardino piantato da Dio in Eden, è stato per il mondo occidentale il paradigma di ogni possibile felicità degli uomini sulla terra. E, tuttavia, esso è fin dall'inizio anche il luogo da cui la natura umana, caduta e corrotta, è stata irrevocabilmente scacciata. Da una parte, tutti i sogni rivoluzionari dell'umanità possono esser visti come l'instancabile tentativo di rientrare nell'Eden, sfidando i guardiani che ne custodiscono l'accesso, dall'altra il giardino resta invece come una sorta di traumatismo originario che condanna al fallimento ogni ricerca di felicità sulla terra. In entrambi i casi, il paradiso è essenzialmente un paradiso perduto e la natura umana qualcosa di essenzialmente manchevole. Attraverso una critica serrata della dottrina agostiniana del peccato originale e una rilettura del paradiso dantesco, la ricerca di Agamben prova invece a pensare il paradiso terrestre non come un passato perduto né come un futuro a venire, ma come la figura ancora e sempre presente e attuale della natura umana e della giusta dimora degli uomini sulla terra. Un paradigma politico, dunque, da articolare e distinguere dal regno millenario, che ha fornito il modello alle utopie di ogni specie. Se solo il regno può dare accesso al giardino, solo il giardino rende pensabile il regno.
|
|
Agamben Giorgio
Il tempo del pensiero
br. Questo volumetto raccoglie gli appunti che Giorgio Agamben prese durante i seminari ristretti tenuti da Heidegger a Le Thor nel 1966 e nel 1968, cui parteciparono, oltre a lui stesso, Jean Beaufret, François Fédier, François Vezin, Dominique Fourcade e Ginevra Bompiani. Sono appunti che riguardano non solo i momenti di studio, ma anche la natura, gli incontri, le domande più generali che nei momenti di pausa o nel corso delle escursioni il filosofo italiano, allora venticinquenne, riesce a porre a Martin Heidegger. Questi testi, che, pur nella loro esilità, sprigionano il fascino del pensiero heideggeriano nella sua fase matura e al contempo, attraverso lo sguardo del giovane Agamben, manifestano una forza embrionale feconda per il futuro della filosofia italiana e universale, sono corredati da una serie di foto scattate proprio in quei giorni che ci aiutano a recuperare i sapori, gli odori, l'atmosfera di quelle giornate irripetibili.
|
|
Agamben Giorgio
Karman. Breve trattato sull'azione, la colpa e il gesto
br. Azione e colpa sono concetti-soglia, a tal punto fondativi del pensiero giuridico, morale e politico dell'Occidente da rimanere oscurati dalla loro stessa costitutività. Il carattere liminare di entrambi viene però in luce non appena si rifletta sulla corrispondenza stringente tra il latino "crimen", che designa l'azione umana in quanto imputabile e sanzionata, ossia chiamata in causa nell'ordine della responsabilità e del diritto, e il sanscrito "karman", che contrassegna l'agire generatore di conseguenze. Con mossa disvelatrice, Giorgio Agamben individua nel "karman/crimen" la chiave di volta indoeuropea senza la quale crollerebbero sia l'edificio dell'etica e della politica occidentali sia il soggetto libero e responsabile che ne è il presupposto e l'effetto. Questa archeologia pragmatica, più che gnoseologica, della soggettività, rende evidente quanto la presa dell'azione sanzionata sull'agente si rinsaldi sempre più proprio nel momento in cui - con la patristica - la nozione di libero arbitrio intende assicurare la sovranità della volontà, spodestando il primato aristotelico della potenza. Secondo Agamben, non si riuscirà a inceppare il dispositivo volontà-azione-imputazione se non si uscirà dal paradigma della finalità: contro la signoria dei fini va ripensata una politica di mezzi puri, che già Benjamin affidava al gesto inoperoso, capace di disattivare le opere umane e destinarle "a un nuovo, possibile uso".
|
|
Agamben Giorgio
L'aperto. L'uomo e l'animale
brossura Quale sarà il volto estremo dell'uomo? Alla fine della storia ritroveremo l'animale, come prospettano, in singolare e discorde consonanza, sia gli ultimi dialettici sia gli antichi messianici? Animalità antropomorfa e umanità teromorfa costituiranno il nostro mobile orizzonte post-storico? Più che dalle filosofie della congiunzione uomo-animale, Agamben parte dal ripensamento del 'mistero pratico-politico' della loro separazione.
|
|
Agamben Giorgio
L'uomo senza contenuto
br. Arte e terrore; l'origine del buon gusto e il suo rapporto con la perversione; l'ingresso dell'arte nel Museo e nelle collezioni; la separazione fra artisti e spettatori, genio e gusto; l'apparizione del giudizio critico; in altre parole, la nascita dell'estetica moderna, in un'analisi che parte da un'inedita rilettura dei passi di Hegel sulla morte, o, meglio, sull'"au to an nientamento" dell'arte per sfociare in un'originalissima interpretazione della Malinconia di Drer: ecco il sentiero che ci invita a percorrere questo saggio di insolita ricchezza in cui l'autore è riuscito ad aprire sul problema dell'opera d'arte una prospettiva nuova, che è al tempo stesso un avvincente programma poetico.
|
|
Agamben Giorgio
La comunità che viene
brossura "L'essere che viene: né individuale né universale, ma qualunque. Singolare, ma senza identità. Definito, ma solo nello spazio vuoto dell'esempio. E, tuttavia, non generico né indifferente". Così veniva presentata nel 1990 la prima edizione di questo libro. Nella "Postilla 2001" aggiunta a questa edizione, l'autore non può che constatare che ciò che all'inizio era solo un'ipotesi - l'assenza d'opera, la singolarità qualunque, il "bloom" - è diventato realtà.
|
|
Agamben Giorgio
Lo stato di eccezione. Homo sacer. Vol. II/1
brossura Lo stato di eccezione, ossia quella sospensione dell'ordine giuridico che siamo abituati a considerare una misura provvisoria e straordinaria, sta oggi diventando sotto i nostri occhi un paradigma normale di governo, che determina in misura crescente la politica sia estera sia interna degli stati. Il libro di Agamben è il primo tentativo di fornirne una sommaria ricostruzione storica e, insieme, di analizzare le ragioni e il senso della sua evoluzione attuale, da Hitler a Guantanamo. Quando lo stato di eccezione tende a confondersi con la regola, le istituzioni e gli equilibri delle costituzioni democratiche non possono più funzionare e lo stesso confine fra democrazia e assolutismo sembra cancellarsi. Muovendosi nella terra di nessuno fra la politica e il diritto, fra l'ordine giuridico e la vita, dove i ricercatori non amano avventurarsi, Agamben smonta a una a una le teorizzazioni giuridiche dello stato di eccezione e getta una luce nuova sulla relazione nascosta che lega violenza e diritto.
|
|
Agamben Giorgio
Nudità
ill., br. Giorgio Agamben ha raccolto in una serie di saggi brevi i motivi più urgenti e attuali delle sue ricerche: dalla festa, messa inaspettatamente in relazione con la bulimia contemporanea, alla nudità, di cui vengono indagate le nascoste implicazioni teologiche; dal problema del corpo glorioso dei beati, che non si nutrono e non fanno all'amore, a quello dell'inoperosità come paradigma dell'azione umana. Il punto di fuga verso cui convergono tutti questi temi è la politica, intesa come una soglia in cui teoria e prassi, arcaico e contemporaneo coincidono senza residui, e in cui può muoversi soltanto una scrittura che ha bruciato tutte le sue carte di identità ed è, insieme, filosofia e letteratura, divagazione e scheda filologica, trattato di metafisica e nota di costume.
|
|
Agamben Giorgio
Opus Dei. Archeologia dell'ufficio. Homo sacer. Vol. II/5
br. Opus Dei, "opera di Dio", è la definizione della liturgia secondo la dottrina della Chiesa cattolica. Riguarda l'esercizio del ministero sacerdotale, quanto di più separato, sembrerebbe, dalla prassi che governa le altre sfere della vita. Ma si tratta di una separatezza solo apparente, che racchiude un arcano. È lì che si mette al lavoro l'inchiesta archeologica di Giorgio Agamben, un modo di fare filosofia che come nessun altro sa portare alla luce, nei concetti più comuni, impronte nascoste, rivelatrici di filiazioni insospettate. Andare al cuore del "mistero del ministero" significa allora scoprire, ripercorrendo un'elaborazione teologica che risale al cristianesimo primitivo, il rilievo immenso dell'"officium" - il termine latino per "liturgia" - nella concezione stessa della modernità in Occidente. Idea dell'essere, etica, politica ed economia non hanno altro paradigma se non nell'ufficio. Dal funzionario al militante, l'azione umana si è esemplata sul modello dell'operare del sacerdote, all'interno del quale ciò che l'uomo è si risolve in ciò che l'uomo deve fare. Una strategia onnipervasiva di cui il pensiero sismografico di Agamben registra i primi cedimenti.
|
|
Agamben Giorgio
Quel che ho visto, udito, appreso...
br. Questo libro non assomiglia a nessuno dei libri che l'autore ha finora pubblicato. Si tratta di parole ultime o penultime, vergate in fretta, come da chi prende appunti per il suo testamento, ma si accorge alla fine di non avere eredi. La sua vita è passata in un lampo e lo squarcio di luce ha lasciato vedere ben poco. Che cosa ha visto in quel lampo, a che cosa è rimasto fedele, che cosa resta dei luoghi, degli incontri, degli amici, dei maestri? «Come la colomba, siamo stati mandati fuori dall'arca per vedere se c'era sulla terra qualcosa di vivo, anche soltanto un ramoscello di ulivo da prendere nel becco - ma non abbiamo trovato nulla. E, tuttavia, nell'arca non abbiamo voluto tornare».
|
|
Agamben Giorgio
Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il testimone. Homo sacer
brossura Le circostanze storiche (materiali, tecniche, burocratiche, giuridiche) in cui è avvenuto lo sterminio degli ebrei sono state sufficientemente chiarite. Ben diversa la situazione per quanto concerne il significato etico e politico dello sterminio o anche soltanto la comprensione umana di ciò che è avvenuto, cioè in ultima analisi la sua attualità: quello che impedisce ad Agamben di sentirsi appagato dalla pseudosoluzione giuridica del problema dell'Olocausto (termine che egli contesta), dalla riduzione del fenomeno a crimine o mostruosità incomprensibile. "La verità intera è molto più tragica e spaventosa".
|
|
Agamben Giorgio
Signatura rerum. Sul metodo
br. «Il nono libro del trattato di Paracelso Sulla natura delle cose s'intitola De signatura rerum naturalium (Sulla segnatura delle cose naturali). L'idea che che tutte le cose portino un segno che manifesta e rivela le loro qualità invisibili è il nucleo originale dell'episteme paracelsiana. [...]In questo senso, se - come scrive Paracelso - "tutte le cose, erbe, semi, pietre, radici dischiudono nelle loro qualità, forme e figure ciò che è in esse", se "vengono tutte conosciute attraverso il loro signatum", allora "la signatura è la scienza attraverso cui tutto ciò che è nascosto viene trovato e senza quest'arte non si può fare nulla di profondo". Questa scienza è tuttavia, come ogni sapere, una conseguenza del peccato, perché Adamo nell'Eden era assolutamente "non-segnato" e tale sarebbe rimasto se non fosse "caduto nella natura", che non "lascia nulla non-segnato"». Così inizia questo libro di Agamben dedicato ai problemi del metodo e diviso in tre parti, corrispondenti ad altrettante riflessioni su tre aspetti specifici: a) il concetto di paradigma; b) la teoria delle segnature; c) la relazione fra storia e archeologia. Spunto per queste considerazioni è l'indagine sul metodo di uno studioso come Michel Foucault, sul quale Agamben dichiara di aver avuto occasione, negli ultimi anni, di apprendere molto. Così, accanto alla riflessione sul pensiero di Paracelso, il volume costituisce anche una nuova lettura del grande filosofo francese e della sua archeologia del sapere.
|
|
Agamben Giorgio
Stasis. La guerra civile come paradigma politico. Homo sacer. Ediz. ampliata. Vol. II/2
br. Stasis è il nome della guerra civile nella Grecia antica. Un concetto così inquietante o impresentabile per la filosofia politica posteriore da non essere fatto oggetto di una dottrina adeguata, neppure da parte dei teorici della rivoluzione. Eppure, sostiene Giorgio Agamben fornendo qui i primi elementi di una necessaria «stasiologia», la guerra civile costituisce la fondamentale soglia di politicizzazione dell'Occidente, un dispositivo che nel corso della storia ha permesso alternativamente di depoliticizzare la cittadinanza e mobilitare l'impolitico, e che vediamo oggi precipitare nella figura del terrore su scala planetaria. Al suo paradigma concorrono insieme due poli antitetici dei quali Agamben mette allo scoperto la segreta solidarietà, quello classico secondo cui la guerra civile è coessenziale alla polis, al punto che chi non vi prende parte è privato dei diritti politici, e quello moderno rappresentato dal Leviathan di Hobbes, che ne decreta l'interdizione, ma introduce una scissione - e con questa la possibilità della guerra civile - all'interno stesso del concetto di popolo. Nel Novecento, è Carl Schmitt a rimettere in onore lo stato di natura così temuto da Hobbes, e a identificare proprio nella pericolosità dell'uomo naturale l'unico contenuto della condizione civile: politica e guerra si presupporrebbero a vicenda. Una visione tragica che esclude ogni altro criterio definitorio del politico, e si contrappone radicalmente a quella «teologia del ludico» che, con Johan Huizinga, ascrive la guerra al dominio del gioco, nell'ipotesi che in origine la funzione agonale, ritualizzata o iniziatica, non mirasse all'annientamento degli avversari, ma fosse addirittura un mezzo per stringere relazioni; insomma, un «gioco serio», poi sequestrato dallo Stato e piegato ad altri fini, mentre il nemico assumeva i tratti dell'inumano da passare per le armi.
|
|
Agamben Giorgio
Studiolo
brossura «Studiolo» si chiamava nei palazzi rinascimentali la piccola stanza in cui il principe si ritirava per meditare o leggere, circondato dai quadri che amava in modo speciale. Questo libro è, per l'autore, una specie di studiolo. Ma non si comprende che cosa significhino per lui le immagini che cerca ogni volta di leggere e di commentare, se non si comprende che in questione non è uno spazio privato, ma innanzitutto un'altra esperienza del tempo, che concerne ciascuno di noi. Benjamin diceva che fra ogni istante del passato e il presente vi è un appuntamento segreto e che se si manca a quest'appuntamento, se non si comprende che le immagini che il passato ci trasmette erano dirette proprio a noi, qui e ora, è la nostra stessa consapevolezza storica che si spezza. La scommessa che tiene insieme le opere raccolte nello studiolo è, infatti, che esse, benché siano state composte in un arco di tempo che va dal 5000 a.C. ad oggi, giungano alla loro leggibilità soltanto ora. Per questo, malgrado l'attenzione ai dettagli e le cautele critiche che caratterizzano il metodo dell'autore, esse ci provocano con una forza e quasi con una violenza a cui non è possibile sottrarsi. Quando comprendiamo perché Dostoevskij teme di perdere la fede davanti al 'Cristo morto' di Holbein, quando la 'Lepre' di Chardin si rivela di colpo ai nostri occhi come una crocifissione o la scultura di Twombly ci mostra che la bellezza non possa in ultimo che cadere, l'opera d'arte è allora strappata dal suo contesto museografico e restituita alla sua quasi preistorica sorgività. E questo e non altro, suggerisce l'autore, è il compito del pensiero.
|
|
Agamben Giorgio; Brenet Jean-Baptiste
Intelletto d'amore
br. Ciascuno dei due testi che, attraverso un fitto intreccio di rimandi e implicazioni, disegnano la trama del libro, è una meditazione sul fantasma come luogo e soggetto dell'amore. E lo fanno mettendo a confronto in una prospettiva inedita due eccezionali personaggi: Guido Cavalcanti, il «primo amico» di Dante e maestro ineguagliato della fenomenologia amorosa, e Ibn Rushd, l'Averroè dei Latini, il filosofo arabo che ha più profondamente segnato il pensiero occidentale dal XIII al XV secolo. E se, per entrambi, la congiunzione con l'intelletto unico nomina la felicità suprema, è la funzione del fantasma che si rivela ogni volta decisiva. In che modo i pensieri ci appartengono, come può un'idea diventare «mia»? È il fantasma - rispondono il poeta e il filosofo che, mediante il desiderio, rende il pensiero proprio a un soggetto. Ma, per Cavalcanti, il fantasma deve perire perché la congiunzione amorosa abbia luogo e l'individuo sopravvive solo come un automa «fatto di rame o di pietra o di legno»; per il filosofo, invece, è la specie umana nel suo insieme il soggetto - anche politico - della felicità suprema. Prefazione di Alain de Libera.
|
|
Agazzi E. (cur.); Minazzi F. (cur.)
Evolutionism and religion. (Proceedings of the meeting in Florence, 19-21 november 2009)
brossura
|
|
Agazzi Emilio; Colombo E. (cur.)
La filosofia della storia e della politica nel pensiero di Emanuele Kant
br. Così scriveva Emilio Agazzi: "La filosofia deve essere riflessione sulla vita dell'uomo nella sua interezza, mirante a superare e a integrare tutti i suoi aspetti parziali in una visione unitaria capace di fornire un orientamento pratico razionale". Questo studio è una testimonianza appassionata di quella convinzione. Agazzi vi affronta gli scritti di filosofia della storia e della politica di Kant, a torto considerati minori, con l'intento di mettere in luce le condizioni di possibilità di una filosofia della storia antimetafisica, attenta all'esperienza dell'uomo. Ne trae anche il monito a un uso critico della ragione, in grado di annullare ogni pretesa ortodossia: un invito settecentesco, illuministico a prender partito per una funzione emancipativa della ragione.
|
|
Agazzi Emilio; Mancini S. (cur.); Vigorelli A. (cur.); Zanantoni M. (cur.)
La filosofia di Piero Martinetti
br. Si pubblica qui la tesi di laurea di Emilio Agazzi, discussa presso l'Università di Genova nel 1945, avendo come relatore Michele Federico Sciacca (1908-1975). Non si tratta di un lavoro giovanile occasionale, ma di una monografia compiuta e originale: la prima ricostruzione organica del pensiero di Martinetti, a pochi mesi dalla scomparsa del filosofo canavesano (1943). Il lavoro di Agazzi, che avrebbe certamente meritato di essere conosciuto in vita, si segnala per la fedeltà filologica ai testi martinettiani (all'epoca di non facile reperimento) e per la maturità del giudizio critico. Quella di Agazzi è una ricostruzione polemica specialmente nei confronti del neoidealismo italiano e del pensiero cattolico, che o ignorò, o travisò strumentalmente, l'opera di Martinetti. Agazzi rivaluta soprattutto il contributo di Martinetti alla storiografia filosofica, all'epoca negletto. In anni di rinascita martinettiana, questo contributo di Agazzi si segnala come un saggio anticipatore e ancora attuale.
|
|
|