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‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Pinea Regio IX Romana qualis erat anno 1777‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Sancti Angeli Regio XI Romana qualis erat anno 1777‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Ripae Regio XIII. Romana qualis erat anno 1777‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Arenula seu Regula Regio VII‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.  Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Sancti Eustachii Regio VIII Romana qualis erat anno 1777‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.  Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.  Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Roma qualis erat anno 1777‎

‎Pianta tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Transtiberina Regio XIII Romana qualis erat anno 1777‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones.   Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎MAGNAN Dominique (29 maggio 1731, Reillanne, Francia - agosto 1796, Firenze)‎

‎Vaticanum Suburbium Regio XIV. Romana qualis erat anno 1782‎

‎Pianta del rione tratta dalla celebre guida di Roma di Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), dotto abate francese del convento della Trinità dei Monti, dell'ordine dei minimi, a Roma, che fu profondamente coinvolto nella vita intellettuale della sua comunità durante la seconda metà del XVIII secolo. Ha studiato all'università di Avignone, poi si è unito ai Minimi di La Ciotat all'età di 20 anni, dove ha iniziato la sua carriera come collezionista di monete e medaglie antiche. Nominato professore di teologia a Marsiglia, ha continuato il suo lavoro. Si mise in contatto con i più famosi antiquari dell'epoca, sia in Italia che in Germania, e acquisì rapidamente una vasta reputazione. I suoi primi libri hanno ricevuto il plauso della critica. Ma i suoi lavori più significativi erano sulla numismatica sebbene fortemente criticati dagli specialisti dell'epoca in quanto la copertura universale e completa del soggetto poteva mantenere la confusione tra monete autentiche e false. Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363. Map taken from the famous guide of Rome by Dominique Magnan La ville de Rome, ou, Description abrégée de cette superbe ville: divisée en quatre volumes: et ornée de 425 planches en taille douce. A Rome: De l'imprimerie d'Archange Casaletti ... : Chez Venan. Monaldini, Bouchard et Gravier : Gregoire Settari ..., 1778. Dominique Magnan (1731–1796), a learned French abbot of the Trinità dei Monti convent, of the order of the minims, in Rome, who was deeply involved in the intellectual life of his community during the second half of the 18th century.  He studied at the University of Avignon, then joined the Minims of La Ciotat at age 20, where he began his career as a collector of ancient coins and medals. Appointed professor of theology in Marseille, he continued his work. He got in touch with the most famous antiquaries of the time, both in Italy and Germany, and speedily acquired an extensive reputation. His first books received critical acclaim. But his most significant works were on numismatics though heavily criticized by specialists of the time in that universal and complete coverage of the subject could maintain confusion between authentic coins and the fake ones. Bibliografia: Rossetti, G-1285; Schudt 363.‎

‎Parr Nathaniel (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751)‎

‎The Gate Settimiana Near whichwas formerly placd 12 Statues the Symbols of the Months‎

‎Acquaforte, circa 1750, da un soggetto di Giuseppe Vasi. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in buono stato di conservazione.  Nathaniel Parr (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751) è stato un incisore e editore britannico. Fu probabilmente il padre o il fratello maggiore di Remigius Parr, anch'egli incisore. Remigius e Nathaniel condivisero lo stesso stile artistico, tanto che spesso è difficile attribuire con certezza un'opera all'uno o all'altro. Entrambi, inoltre, lavorarono per la casa editrice di Thomas Bowles a Londra. Fu autore di numerosi ritratti, illustrazioni librarie, paesaggi marini e urbani, fra i quali molti dedicati a Venezia e Firenze. Le incisioni di Firenze si basarono sui disegni di Giuseppe Zocchi. Le vedute di Roma furono invece ispirate dalle Magnificenze di Giuseppe Vasi. Morì tra il 3 e il 5 dicembre 1751 nella parrocchia di San Clemente dei Danesi dove risiedeva nella Città di Westminster. La sua opera principale è da considerarsi la Several beautifull prospects of the palaces and other publick buildings on the Grand Canal at Venice in Italy, London, Henry Overton, 1747. Acquaforte, circa 1750, da un soggetto di Giuseppe Vasi. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in buono stato di conservazione.  Nathaniel Parr (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751) è stato un incisore e editore britannico. Fu probabilmente il padre o il fratello maggiore di Remigius Parr, anch'egli incisore. Remigius e Nathaniel condivisero lo stesso stile artistico, tanto che spesso è difficile attribuire con certezza un'opera all'uno o all'altro. Entrambi, inoltre, lavorarono per la casa editrice di Thomas Bowles a Londra. Fu autore di numerosi ritratti, illustrazioni librarie, paesaggi marini e urbani, fra i quali molti dedicati a Venezia e Firenze. Le incisioni di Firenze si basarono sui disegni di Giuseppe Zocchi. Le vedute di Roma furono invece ispirate dalle Magnificenze di Giuseppe Vasi. Morì tra il 3 e il 5 dicembre 1751 nella parrocchia di San Clemente dei Danesi dove risiedeva nella Città di Westminster. La sua opera principale è da considerarsi la Several beautifull prospects of the palaces and other publick buildings on the Grand Canal at Venice in Italy, London, Henry Overton, 1747.‎

‎Parr Nathaniel (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751)‎

‎A View of the Angelich Gate‎

‎Acquaforte, circa 1750, da un soggetto di Giuseppe Vasi. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in buono stato di conservazione. Nathaniel Parr (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751) è stato un incisore e editore britannico. Fu probabilmente il padre o il fratello maggiore di Remigius Parr, anch'egli incisore. Remigius e Nathaniel condivisero lo stesso stile artistico, tanto che spesso è difficile attribuire con certezza un'opera all'uno o all'altro. Entrambi, inoltre, lavorarono per la casa editrice di Thomas Bowles a Londra. Fu autore di numerosi ritratti, illustrazioni librarie, paesaggi marini e urbani, fra i quali molti dedicati a Venezia e Firenze. Le incisioni di Firenze si basarono sui disegni di Giuseppe Zocchi. Le vedute di Roma furono invece ispirate dalle Magnificenze di Giuseppe Vasi. Morì tra il 3 e il 5 dicembre 1751 nella parrocchia di San Clemente dei Danesi dove risiedeva nella Città di Westminster. La sua opera principale è da considerarsi la Several beautifull prospects of the palaces and other publick buildings on the Grand Canal at Venice in Italy, London, Henry Overton, 1747. Acquaforte, circa 1750, da un soggetto di Giuseppe Vasi. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in buono stato di conservazione. Nathaniel Parr (XVIII secolo – Città di Westminster, tra il 3 e il 5 dicembre 1751) è stato un incisore e editore britannico. Fu probabilmente il padre o il fratello maggiore di Remigius Parr, anch'egli incisore. Remigius e Nathaniel condivisero lo stesso stile artistico, tanto che spesso è difficile attribuire con certezza un'opera all'uno o all'altro. Entrambi, inoltre, lavorarono per la casa editrice di Thomas Bowles a Londra. Fu autore di numerosi ritratti, illustrazioni librarie, paesaggi marini e urbani, fra i quali molti dedicati a Venezia e Firenze. Le incisioni di Firenze si basarono sui disegni di Giuseppe Zocchi. Le vedute di Roma furono invece ispirate dalle Magnificenze di Giuseppe Vasi. Morì tra il 3 e il 5 dicembre 1751 nella parrocchia di San Clemente dei Danesi dove risiedeva nella Città di Westminster. La sua opera principale è da considerarsi la Several beautifull prospects of the palaces and other publick buildings on the Grand Canal at Venice in Italy, London, Henry Overton, 1747.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Machina rappresentante una Villa adorna di antichi Monumenti...‎

‎Acquaforte e bulino, 1774. Da un soggetto di Paolo Posi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e strappetti laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Macchina rappresentante un Tempio eretto da Numa Pompilio a Giano...‎

‎Acquaforte e bulino, 1782. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e strappetti laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Machina rappresentante una Villa adorna di Antichi Monumenti...‎

‎Acquaforte e bulino, 1774. Da un soggetto di Paolo Posi. Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Macchina, rappresentante un Notturno Villereccio Divertimento...‎

‎Acquaforte e bulino, 1782. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e strappetti laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Prospetto della Prima Machina eretta per Commando di Sua Eccellenza il Sig.r Principe Don Lorenzo Colonna...‎

‎Acquaforte e bulino, 1758. Da un soggetto di Paolo Posi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Macchina rappresentante un Tempio eretto da Numa Pompilio a Giano...‎

‎Acquaforte e bulino, 1782.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Macchina rappresentante Nobil'Edifizio a diporto in Luogo di Delizia...‎

‎Acquaforte e bulino, 1776. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 364‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Machina rappresentante una Cuccagna...‎

‎Acquaforte e bulino, 1757. Da un soggetto di Paolo Posi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Machina rappresentante i Magnifici Portici d'Athene...‎

‎Acquaforte e bulino, 1757. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Macchina rappresentante il Prospetto d'un Delizioso Belvedere...‎

‎Acquaforte e bulino, 1778. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e piccoli strappi laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della prima Machina rappresentante un Tempio dedicato alla Pace...‎

‎Acquaforte e bulino, 1773. Da un soggetto di Paolo Posi e Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 358‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Machina rappresentate la celebre publica Fabricazione della Triaca...‎

‎Acquaforte e bulino, 1773. Da un soggetto di Paolo Posi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 359‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Prima Machina rappresentante un magnifico Arco...‎

‎Acquaforte e bulino, 1767. Da un soggetto di Paolo Posi e Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e strappetti laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 350‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Macchina rappresentante un Palazzo festivamente ornato con Loggia...‎

‎Acquaforte e bulino, 1776. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni e strappetti laterali, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small tear and abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 365‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Disegno della Seconda Machina rappresentante una Piazza con Mercato di Cacciagione...‎

‎Acquaforte e bulino, 1772. Da un soggetto di Paolo Posi e Giuseppe Palazzi.Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.Le macchine del fuoco per la festa della Chinea. Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella. L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze. Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo. Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico. Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo. Etching, printed on contemporary laid paper, small abrasions, otherwise in good conditionThe engravings have been laid on canvas and framed; after a long work to repair them, they now look almost perfect. Signs of glue on verso, on recto signs of abrasions and oxidations.Chinea literally means white female mule, the one the Kings of Spain offered every year to the Pope as a solemn payment of the income of the Kingdome of Naples. The horse, duly trained, knelt in front of the Pope and to offer him a silver vase with money inside, that was fastened to its saddle.The offer was preceded by a solemn ride of two and a half hours, a long and precise itinerary. To make it even more solemn, as per Charles II decree of the 12 of May 1691, the Greats of Spain were obliged to take part to the cortege, which was then followed by two series of pyrotechnical shots and music, dances and food. The chinea, due to its reiteration, was not only the most important summer party, but was even the best way for the Spanish monarchy to present itself in Rome, the best promotional campaign to gain universal consent and political support from the other monarchies.The celebration was massive, notwithstanding the political problems and the late remittance to pay it. When the celebration was organized, and even after that, Palazzo Colonna and Palazzo Farnese became for two months the workshops for inventors, painters, drawers, architects and even pyrotechnists, musicians, suppliers and cooks. These Palazzi became also, for two days, the extraordinary embassy, the starting point of the solemn ride and in front of which the “fabulous” pyrotechnical machines shot their fireworks, where all the light were lightened on the eve and the very day of the celebration of St. Peter and St. Paul. The tradition of building the fireworks machines in the square of Santissimi Apostoli, on the 28 and the 29 of June, was started in the XVIII century (just sometimes in piazza Farnese); all we know about this habit derives from the detailed engravings and the texts that have been printed yearly, starting from 1723.Paolo Posi, architect of the Venetian Republic and of the Colonna Family, and his scholar Giuseppe Palazzi, together with Giuseppe Vasi, literally monopolized the art of building these machines. Posi, the last baroque artist, celebrated King Ferdinando in his creations and the King was absolutely enthusiastic about offering this public spectacular performance.Vasi was, on the other side, an important witness and interpreter of his own time. The set of engravings we present here comes from a Roman collection.The bibliography mentions 45 different works of Vasi dedicates to the pyrotechnical machines. Scalabroni 357‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Chiesa della SS. Trinità ed Ospizio de' Pellegrini‎

‎Veduta tratta dalla monumentale opera Delle magnificenze di Roma antica e moderna.Pubblicata in 10 volumi dal 1747 al 1761, l’opera presenta 238 incisioni in rame, ciascuna incisione con testo narrativo che fornisce informazioni storiche e documentarie.  Conosciuto dai più semplicemente come il "maestro" di Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi rivela in quest'opera monumentale la pienezza della sua creatività grafica. I 10 libri che la compongono hanno ognuno un frontespizio con titolo e data diversi: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. Le Magnificenze forniscono un panorama completo e al tempo stesso anticonvenzionale dell'Urbe: così, insieme alle consuete, celeberrime inquadrature desunte dalla migliore tradizione vedutistica, si trova anche una Roma insolita, quella che, talvolta, non esiste più. A quest'opera, di centrale importanza nell'editoria romana di metà Settecento, l'Autore aveva lavorato per quasi un ventennio realizzando una monumentale guida dell'Urbe dove accanto alle consuete e celeberrime inquadrature tratte dalla migliore tradizione vedutistica, immortala anche scorci insoliti che sono poi scomparsi con il cambiare della città. Il testo che accompagna le vedute nel primo volume è opera di Giuseppe Bianchini, nel secondo di Orazio Orlandi e nei restanti del Vasi stesso. A partire dall'edizione del 1786, l'opera del Vasi, fu aggiornata dal figlio Mariano, che la pubblicò col titolo Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, mostrando solo il nome del padre come autore. Questa nuova edizione presentava molte tavole della prima edizione, ed alcune nuove. Anche la pubblicazione di Mariano Vasi fu stampata più volte, sempre con l’aggiunta di nuove tavole. Esemplare tratto dalla seconda edizione del 1772. Acquaforte, stampata su carta vergata coeva, completa dei margini, in ottimo stato di conservazione.  View taken from the monumental work Delle magnificenze di Roma antica e moderna. Published in 10 volumes from 1747 to 1761, the work features 238 copper engravings, each engraving with a narrative text that provides historical and documentary information. Known by most simply as the "master" of Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi reveals in this monumental work the fullness of his graphic creativity. The 10 books that compose it each have a title page with a different title and date: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. The Magnificences provide a complete and at the same time unconventional panorama of the City: thus, together with the usual, celebrated shots taken from the best tradition of vedutistica, one also finds an unusual Rome, one that, at times, no longer exists. The author had worked on this work, of central importance in Roman publishing in the middle of the eighteenth century, for almost twenty years, producing a monumental guide to the “Urbe” where, alongside the usual and famous shots taken from the best tradition of vedutistica, he also immortalized unusual views that have since disappeared with the change of the city. The text that accompanies the views in the first volume is by Giuseppe Bianchini, in the second by Orazio Orlandi and in the remaining ones by Vasi himself. Starting from the edition of 1786, the work of Vasi, was updated by his son Mariano, who published it under the title Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, showing only the name of his father as author. This new edition presented many plates of the first edition, and some new ones. The publication of Mariano Vasi was also printed several times, always with the addition of new plates.  View taken from the second edition of the Vasi’s Delle Magnificenze di Roma Antica e Moderna (first edition, in X books, published between 1747-61), edited in 1772. Etching, printed on contemporary laid paper, in very good condition.‎

‎FALDA Giovanni Battista (Valduggia, Novara, 1643; Rome, 1678)‎

‎Chiesa di Sant'Athanagio, e Collegio della Natione de' Greci...‎

‎Bella e accurata veduta della chiesa La chiesa di S. Atanasio dei Greci, in via del Babuino, è stata fondata nel 1583 da Gregorio XIII Boncompagni a servizio del Pontificio Collegio Greco, fondato nel 1577.  Il progetto della chiesa fu affidato a Giacomo della Porta.  Esemplare di primo stato, avanti la numerazione, tratto da Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII. Opera in tre volumi, edita da Giovanni Giacomo de Rossi tra il 1665 e il 1669, illustra le fabbriche realizzate o ampliate durante il pontificato di Alessandro VII Chigi, mentre il III si riferisce alle chiese restaurate dal pontefice Clemente IX.   L'opera aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine di Roma, con i suoi palazzi, chiese e giardini, secondo un progetto unitario di espansione urbana, in sintonia con i criteri del colto e raffinato Fabio Chigi: il papa, infatti, decise di aprire nuove strade, di abbellire con fontane e monumenti la città, anche a dimostrazione della potenza finanziaria e culturale della sua famiglia. Prima di allora l'incisione di veduta a Roma, che pure aveva prodotto numerose serie dì stampe da Etienne Dupérac a Giacomo Lauro, si era interessata principalmente alla ripresa della città antica. Bisognerà attendere proprio il completamento dei rinnovamenti urbanistici e delle realizzazioni architettoniche dei papi seicenteschi, per assistere alla diffusione di raccolte dedicate alla città moderna.  Giovan Battista Falda ha contribuito, con la vasta serie di incisioni di vedute, a divulgare un'immagine della città di Roma legata alla magnificenza e munificenza dei Papi seicenteschi: città ricca di chiese, palazzi, giardini che si affiancavano ai resti del glorioso passato. L'incisore dedicò tutta la sua pur breve vita a creare, attraverso precise ed attente vedute prospettiche, piante e stampe su avvenimenti cittadini, canonizzazioni, ingressi di pontefici e reali stranieri, un grosso affresco unitario che celebrasse nel suo insieme la nuova grandezza raggiunta dalla Roma moderna, grazie soprattutto alla geniale e lungimirante opera di papa Alessandro VII Chigi (1655 - 1667).   Dopo la morte del Falda, verrà pubblicato, sempre dalla tipografia De Rossi, Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, di Alessandro Specchi, edito nel 1699 e naturale prosecuzione della raccolta.   Acquaforte, impressa su carta vergata coeva, con margini, in ottimo stato di conservazione. Beautiful view of Sant'Atanasio, in Via del Babuino. The church and the college attached to it, the Pontificio Collegio Greco Sant'Atanasio, were founded by Pope Gregory XIII (1572–1585) in 1583 and 1577. The college established itself on its present site in the year of its foundation, but had to wait six years for its church. This was designed by Giacomo della Porta.  Example in the first state, before the number, taken from Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna, sotto il felice pontificato di N. S. papa Alessandro VII.   One of the most important architectural projects of the seventeenth century was the urban renovation of Rome. Under the brilliant leadership of Pope Alessandro VII (1655-1667), Rome dramatically emerged as one of the most modern and beautiful cities of the new Baroque age. Within several decades spacious roadways were constructed, monumental buildings arose, and many public squares appeared with elaborate fountains and monuments. To be sure, this massive undertaking was meant to underline the absolute power of the Papacy but it also brought forth a new flowering of Italian art and architecture.   The Nuovo Teatro was initiated in 1665 to depict the new Rome in a series of etchings. What it gave to future generations was a magnificent historical record of views etched by two of Italy's greatest architectural artists. The printing and publishing of these important etchings was entrusted to Giacomo de Rossi (1626-1691), the head of the most dominant Roman publishing house. ( Sons and nephews of de Rossi, in fact, continued the publishing house until 1738 when the business was sold to Pope Clement XII to form the basis of the Regia Calcografia.)    Altogether, four sets of Nuovo Teatro were created during the seventeenth century. Volumes one and two were both published in the year of 1665 and dealt mainly in views of the new piazzas, gardens, terraces and their surrounding buildings. Volume 3 was published in 1669 and concentrated upon the newly constructed churches of Rome. Every plate from the first three sets was both designed and etched by the influential architectural artist, Giovanni Battista Falda (1643-1678).   For reasons unknown the fourth and final volume Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna dato in luce sotto il felice pontificato di nostro signore papa Innocenzo XII, (52 etchings) did not appear until 1699. It was published by Giacomo's successor, Domenico de Rossi, and featured views of the palaces and stately homes of Rome. Each plate was designed and etched by the famous architect and etcher, Alessandro Specchi (1668-1729).    Etching, printed on contemporary laid paper, with margins, in good condition.‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Palazzo Borghese‎

‎Veduta tratta dalla monumentale opera Delle magnificenze di Roma antica e moderna.Pubblicata in 10 volumi dal 1747 al 1761, l’opera presenta 238 incisioni in rame, ciascuna incisione con testo narrativo che fornisce informazioni storiche e documentarie.  Conosciuto dai più semplicemente come il "maestro" di Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi rivela in quest'opera monumentale la pienezza della sua creatività grafica. I 10 libri che la compongono hanno ognuno un frontespizio con titolo e data diversi: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. Le Magnificenze forniscono un panorama completo e al tempo stesso anticonvenzionale dell'Urbe: così, insieme alle consuete, celeberrime inquadrature desunte dalla migliore tradizione vedutistica, si trova anche una Roma insolita, quella che, talvolta, non esiste più. A quest'opera, di centrale importanza nell'editoria romana di metà Settecento, l'Autore aveva lavorato per quasi un ventennio realizzando una monumentale guida dell'Urbe dove accanto alle consuete e celeberrime inquadrature tratte dalla migliore tradizione vedutistica, immortala anche scorci insoliti che sono poi scomparsi con il cambiare della città. Il testo che accompagna le vedute nel primo volume è opera di Giuseppe Bianchini, nel secondo di Orazio Orlandi e nei restanti del Vasi stesso. A partire dall'edizione del 1786, l'opera del Vasi, fu aggiornata dal figlio Mariano, che la pubblicò col titolo Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, mostrando solo il nome del padre come autore. Questa nuova edizione presentava molte tavole della prima edizione, ed alcune nuove. Anche la pubblicazione di Mariano Vasi fu stampata più volte, sempre con l’aggiunta di nuove tavole. Esemplare tratto dalla seconda edizione del 1772. Acquaforte, stampata su carta vergata coeva, completa dei margini, in ottimo stato di conservazione.  View taken from the monumental work Delle magnificenze di Roma antica e moderna. Published in 10 volumes from 1747 to 1761, the work features 238 copper engravings, each engraving with a narrative text that provides historical and documentary information. Known by most simply as the "master" of Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi reveals in this monumental work the fullness of his graphic creativity. The 10 books that compose it each have a title page with a different title and date: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. The Magnificences provide a complete and at the same time unconventional panorama of the City: thus, together with the usual, celebrated shots taken from the best tradition of vedutistica, one also finds an unusual Rome, one that, at times, no longer exists. The author had worked on this work, of central importance in Roman publishing in the middle of the eighteenth century, for almost twenty years, producing a monumental guide to the “Urbe” where, alongside the usual and famous shots taken from the best tradition of vedutistica, he also immortalized unusual views that have since disappeared with the change of the city. The text that accompanies the views in the first volume is by Giuseppe Bianchini, in the second by Orazio Orlandi and in the remaining ones by Vasi himself. Starting from the edition of 1786, the work of Vasi, was updated by his son Mariano, who published it under the title Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, showing only the name of his father as author. This new edition presented many plates of the first edition, and some new ones. The publication of Mariano Vasi was also printed several times, always with the addition of new plates.  View taken from the second edition of the Vasi’s Delle Magnificenze di Roma Antica e Moderna edited in 1772. Etching, printed on contemporary laid paper, in very good condition. Scalabroni 149‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Palazzo Odescalchi‎

‎Veduta tratta dalla monumentale opera Delle magnificenze di Roma antica e moderna.Pubblicata in 10 volumi dal 1747 al 1761, l’opera presenta 238 incisioni in rame, ciascuna incisione con testo narrativo che fornisce informazioni storiche e documentarie.  Conosciuto dai più semplicemente come il "maestro" di Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi rivela in quest'opera monumentale la pienezza della sua creatività grafica. I 10 libri che la compongono hanno ognuno un frontespizio con titolo e data diversi: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. Le Magnificenze forniscono un panorama completo e al tempo stesso anticonvenzionale dell'Urbe: così, insieme alle consuete, celeberrime inquadrature desunte dalla migliore tradizione vedutistica, si trova anche una Roma insolita, quella che, talvolta, non esiste più. A quest'opera, di centrale importanza nell'editoria romana di metà Settecento, l'Autore aveva lavorato per quasi un ventennio realizzando una monumentale guida dell'Urbe dove accanto alle consuete e celeberrime inquadrature tratte dalla migliore tradizione vedutistica, immortala anche scorci insoliti che sono poi scomparsi con il cambiare della città. Il testo che accompagna le vedute nel primo volume è opera di Giuseppe Bianchini, nel secondo di Orazio Orlandi e nei restanti del Vasi stesso. A partire dall'edizione del 1786, l'opera del Vasi, fu aggiornata dal figlio Mariano, che la pubblicò col titolo Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, mostrando solo il nome del padre come autore. Questa nuova edizione presentava molte tavole della prima edizione, ed alcune nuove. Anche la pubblicazione di Mariano Vasi fu stampata più volte, sempre con l’aggiunta di nuove tavole. Esemplare tratto dalla prima edizione della monumentale opera.  La presente tavola è la num. 64 del IV volume e - come riporta l'iscrizione, raffigura anche 1) Palazzo Colonna; 2) Palazzo Bonelli Spinelli (ora Valentini); 3) Colonna Traiana; 4) S. Maria di Loreto; 5) Palazzo Ruffi. Acquaforte, stampata su carta vergata coeva, completa dei margini, in ottimo stato di conservazione.  View taken from the monumental work Delle magnificenze di Roma antica e moderna. Published in 10 volumes from 1747 to 1761, the work features 238 copper engravings, each engraving with a narrative text that provides historical and documentary information. Known by most simply as the "master" of Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi reveals in this monumental work the fullness of his graphic creativity. The 10 books that compose it each have a title page with a different title and date: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. The Magnificences provide a complete and at the same time unconventional panorama of the City: thus, together with the usual, celebrated shots taken from the best tradition of vedutistica, one also finds an unusual Rome, one that, at times, no longer exists. The author had worked on this work, of central importance in Roman publishing in the middle of the eighteenth century, for almost twenty years, producing a monumental guide to the “Urbe” where, alongside the usual and famous shots taken from the best tradition of vedutistica, he also immortalized unusual views that have since disappeared with the change of the city. The text that accompanies the views in the first volume is by Giuseppe Bianchini, in the second by Orazio Orlandi and in the remaining ones by Vasi himself. Starting from the edition of 1786, the work of Vasi, was updated by his son Mariano, who published it under the title Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, showing only the name of his father as author. This new edition presented many plates of the first edition, and some new ones. The publication of Mariano Vasi was also printed several times, always with the addition of new plates.    From the first edition of Vasi's Delle Magnificenze di Roma Antica e Moderna. This in the plate n. 64, book IV.In the description below the plate Vasi made reference to: 1) Palazzo Colonna; 2) Palazzo Bonelli Spinelli (now Valentini); 3) Colonna Traiana; 4) S. Maria di Loreto; 5) Palazzo Ruffi. Etching, printed on contemporary laid paper, in very good condition. Scalabroni, 144‎

‎VASI Giuseppe (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)‎

‎Casino della Vigna di Papa Giulio III‎

‎Veduta tratta dalla monumentale opera Delle magnificenze di Roma antica e moderna.Pubblicata in 10 volumi dal 1747 al 1761, l’opera presenta 238 incisioni in rame, ciascuna incisione con testo narrativo che fornisce informazioni storiche e documentarie.  Conosciuto dai più semplicemente come il "maestro" di Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi rivela in quest'opera monumentale la pienezza della sua creatività grafica. I 10 libri che la compongono hanno ognuno un frontespizio con titolo e data diversi: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. Le Magnificenze forniscono un panorama completo e al tempo stesso anticonvenzionale dell'Urbe: così, insieme alle consuete, celeberrime inquadrature desunte dalla migliore tradizione vedutistica, si trova anche una Roma insolita, quella che, talvolta, non esiste più. A quest'opera, di centrale importanza nell'editoria romana di metà Settecento, l'Autore aveva lavorato per quasi un ventennio realizzando una monumentale guida dell'Urbe dove accanto alle consuete e celeberrime inquadrature tratte dalla migliore tradizione vedutistica, immortala anche scorci insoliti che sono poi scomparsi con il cambiare della città. Il testo che accompagna le vedute nel primo volume è opera di Giuseppe Bianchini, nel secondo di Orazio Orlandi e nei restanti del Vasi stesso. A partire dall'edizione del 1786, l'opera del Vasi, fu aggiornata dal figlio Mariano, che la pubblicò col titolo Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, mostrando solo il nome del padre come autore. Questa nuova edizione presentava molte tavole della prima edizione, ed alcune nuove. Anche la pubblicazione di Mariano Vasi fu stampata più volte, sempre con l’aggiunta di nuove tavole. Veduta tratta dalla prima edizione della monumentale opera. La presente tavola è la num. 186 del X volume.Palazzina di Pio IV sorge in quella che era la cosiddetta "vigna vecchia". Tale vigna, come allora venivano chiamate le ville, insieme alla vigna del porto e alla vigna Del Monte costituivano la residenza estiva di papa Giulio III. Sull'area delle tre vigne sorgono attualmente oltre che il palazzo Borromeo anche villa Giulia e villa Poniatowski. Nel 1557 papa Paolo IV Carafa rivendicò la proprietà delle vigne alla Santa Sede (perché acquistate con i mezzi della Chiesa). Oggi il palazzo è sede dell'Ambasciata iitaliana presso la Santa Sede. Acquaforte, stampata su carta vergata coeva, completa dei margini, in ottimo stato di conservazione.  View taken from the monumental work Delle magnificenze di Roma antica e moderna. Published in 10 volumes from 1747 to 1761, the work features 238 copper engravings, each engraving with a narrative text that provides historical and documentary information. Known by most simply as the "master" of Giovanni Battista Piranesi, Giuseppe Vasi reveals in this monumental work the fullness of his graphic creativity. The 10 books that compose it each have a title page with a different title and date: Libro primo che contiene le porte e mura; Libro secondo, che contiene le piazze principali di Roma con obelischi, colonne, ed altri ornamenti; Libro terzo, che contiene le basiliche e chiese antiche di Roma; Libro quarto che contiene i palazzi e le vie più celebri; Libro quinto che contiene i ponti e gli edifizj sul Libro sesto che contiene la chiese parrocchiali; Libro settimo che contiene i conventi e case dei chierici regolari; Libro ottavo che contiene i monasteri e conservatorj di donne; Libro nono che contiene i collegj, spedali, e luoghi pii; decimo che contiene le ville e giardini più rimarchevoli. The Magnificences provide a complete and at the same time unconventional panorama of the City: thus, together with the usual, celebrated shots taken from the best tradition of vedutistica, one also finds an unusual Rome, one that, at times, no longer exists. The author had worked on this work, of central importance in Roman publishing in the middle of the eighteenth century, for almost twenty years, producing a monumental guide to the “Urbe” where, alongside the usual and famous shots taken from the best tradition of vedutistica, he also immortalized unusual views that have since disappeared with the change of the city. The text that accompanies the views in the first volume is by Giuseppe Bianchini, in the second by Orazio Orlandi and in the remaining ones by Vasi himself. Starting from the edition of 1786, the work of Vasi, was updated by his son Mariano, who published it under the title Raccolta delle più belle vedute antiche, e moderne di Roma, showing only the name of his father as author. This new edition presented many plates of the first edition, and some new ones. The publication of Mariano Vasi was also printed several times, always with the addition of new plates.  From the first edition of Vasi’s Delle Magnificenze di Roma Antica e Moderna. This in the plate n. 186, book X.In his plate Vasi calls Casino della Vigna (di Papa Giulio III) the building which is now usually referred to as Palazzina di Pio IV (left part of the etching), whereas the building in the background is named Villa Giulia after Pope Julius III, for whom the whole complex was designed. The villa had three casinos: one on the Tiber, where the Pope and his retinue landed (it is lost); a second one on Via Flaminia (Palazzina di Pio IV) and the largest one further inland (Villa Giulia). The small casino along Via Flaminia was acquired by Pope Pius IV who donated it to his nephew Cardinal Carlo Borromeo.The view is taken from the green dot in the small late XIXth century map here below. In the description below the plate Vasi made reference to: 1) Façade of the Casino and fountain; 2) Casino and fountain of Villa Sinibaldi; 3) Casino belonging to the Camera Apostolica built by Giacomo Barozzi il Vignola (Villa Giulia). The building is now used as the Italian Embassy to the Holy See. Etching, printed on contemporary laid paper, in very good condition. Scalabroni 289‎

‎LE GEAY Jean-Laurent (1710 – dopo il 1786)‎

‎Arco di Tito Vespasiano‎

‎Acquaforte, 1745 circa, firmata in lastra. Magnifica prova, con pieni margini, in perfetto stato di conservazione.Opera tratta dalle “Varie Vedute di Roma Antica, e Moderna. Disegnate e Intagliate da Celebri Autori” stampata in Roma “a spese di Fausto Amidei”, 1748.La raccolta, in 4° oblungo, viene pubblicata da Fausto Amidei in varie edizioni dal 1745 al 1750, e da Giovanni Bouchard nel 1752. Conteneva frontespizio inciso e 93/96 tavole, delle quali 47 firmate Piranesi in lastra ed altre da Giraud, Carloni, Nicole, Mogalli, Bellicard, Le Geay, ed Anesi.Opere giovanili del Piranesi, appena giunto a Roma dove fu allievo della bottega di Giuseppe Vasi. Vasi lavora alle sue vedute, che presentate come raccolta, prenderanno dal 1747 il nome delle 'Magnificenze di Roma'; agli inizi dell’opera Piranesi lo affianca, ma, almeno dal 1744, produce sue proprie vedutine, che nel 1745 formano il nucleo più importante delle 'Varie Vedute di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri autori' per il libraio ed editore Amidei. Etching, around 1745, signed in plate. A very good impression with full margins, in perfect condition.Taken from the “Varie Vedute di Roma Antica, e Moderna. Disegnate e Intagliate da Celebri Autori” printe in Rome by Fausto Amidei, 1748.The collection, in 4th oblong, is published by Fausto Amidei in various editions from 1745 to 1750, and by Giovanni Bouchard in 1752. It contained an engraved frontispiece and 93/96 plates, of which 47 signed by Piranesi and others by Giraud, Carloni, Nicole, Mogalli, Bellicard, Le Geay, and Anesi.Early works by Piranesi, who had just arrived in Rome where he was a student of the workshop of Giuseppe Vasi. Vasi’s works will take the name of the 'Magnificenze di Roma'; from 1747; at the beginning of the work Piranesi joined him, but, at least since 1744, he produced his own views, which in 1745 formed the most important nucleus of the 'Varie Vedute di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri autori' for the bookseller and editor Amidei .Taken from " Il Mercurio errante, delle grandezze di Roma, tanto antiche che moderne" di Pietro Rossini. Roma 1760.‎

‎SADELER II Aegidius (Anversa, 1570 circa - Praga, 1629).‎

‎Vestigij d'una parte del Campidoglio che guarda verso il foro Romano...‎

‎Veduta tratta dalla serie Vestigi delle Antichità di Roma Tivoli Pozzuolo et altri luoghi, che Sadeler incide, riprendendole dalla serie del francese Stefano Du Pérac, con la tecnica del bulino e in formato ridotto. L'opera consta di 50 tavole, pubblicate da Marco Sadeler nel 1606 a Praga, attivissimo centro culturale, con lo stesso titolo Vestigi delle Antichità di Roma e le medesime descrizioni di Du Pérac in lingua italiana, manca la citazione dell'inventore. Incisore di corte presso Rodolfo II, Sadeler aveva compiuto viaggi in Germania e in Italia, soggiornando a Roma nel 1593. Nella sua opera compaiono però anche vedute di “... Tivoli, Pozzuolo et altri luochi”, che mancano in quella di Du Pérac (sono tredici le tavole nuove), nelle quali viene accentuato l'aspetto naturalistico). Bulino, impresso su carta vergata coeva, con margini, perfetto stato di conservazione. View taken from Vestigi delle Antichità di Roma Tivoli Pozzuolo et altri luoghi, after Etienne Du Pérac. Lettered in lower margin, with publisher's address and with Italian key to letters from within composition: “Marco Sadeler excudit.”. Engraving, 1606, second state with publisher’s address. The work consists of 50 plates first published by Marco Sadeler in 1606 in Prague with the same title and the same descriptions of Du Pérac in Italian. After taht the plates are re issued in Rome by Domenico De’ Rossi. Engraver at the court of Rudolf II, Sadeler had made trips to Germany and Italy, staying in Rome in 1593. In his work appear also views of Tivoli and Pozzuoli missing in that of Du Pérac (are thirteen new plates) in which is emphasized naturalistic. A fine impression, printed on contemporary laid paper, with margins, good condition.‎

‎SADELER II Aegidius (Anversa, 1570 circa - Praga, 1629).‎

‎Vestigij dell'arco di Settimio Severo...‎

‎Veduta tratta dalla serie Vestigi delle Antichità di Roma Tivoli Pozzuolo et altri luoghi, che Sadeler incide, riprendendole dalla serie del francese Stefano Du Pérac, con la tecnica del bulino e in formato ridotto. L'opera consta di 50 tavole, pubblicate da Marco Sadeler nel 1606 a Praga, attivissimo centro culturale, con lo stesso titolo Vestigi delle Antichità di Roma e le medesime descrizioni di Du Pérac in lingua italiana, manca la citazione dell'inventore. Incisore di corte presso Rodolfo II, Sadeler aveva compiuto viaggi in Germania e in Italia, soggiornando a Roma nel 1593. Nella sua opera compaiono però anche vedute di “... Tivoli, Pozzuolo et altri luochi”, che mancano in quella di Du Pérac (sono tredici le tavole nuove), nelle quali viene accentuato l'aspetto naturalistico). Bulino, impresso su carta vergata coeva, con margini, perfetto stato di conservazione. View taken from Vestigi delle Antichità di Roma Tivoli Pozzuolo et altri luoghi, after Etienne Du Pérac. Lettered in lower margin, with publisher's address and with Italian key to letters from within composition: “Marco Sadeler excudit.”. Engraving, 1606, second state with publisher’s address. The work consists of 50 plates first published by Marco Sadeler in 1606 in Prague with the same title and the same descriptions of Du Pérac in Italian. After taht the plates are re issued in Rome by Domenico De’ Rossi. Engraver at the court of Rudolf II, Sadeler had made trips to Germany and Italy, staying in Rome in 1593. In his work appear also views of Tivoli and Pozzuoli missing in that of Du Pérac (are thirteen new plates) in which is emphasized naturalistic. A fine impression, printed on contemporary laid paper, with margins, good condition.‎

‎DUPERAC Etienne (1525-1604)‎

‎Vestigii d'uno Amphiteatro, nominato da gli Antichi Castrense...‎

‎Veduta tratta dall'opera I vestigi dell'antichità di Roma raccolti et ritratti in perspettiva da Stefano Du Perac parisino, pubblicata per la prima volta a Roma nel 1575 da Lorenzo Vaccari. Il volume consta di quaranta fogli tutti di tavole: il primo funge da frontespizio; nel secondo è ospitata la dedica a “Giacomo Buoncompagni governator generale di Santa Chiesa”. Étienne Du Pérac vi palesa le proprie intenzioni e in particolare sottolinea che “sarà dunque utile il libro […] et grato, et accetto agli studiosi dell’antichità per la diligenza che io ho usata in rappresentare fedelmente i residui della Romana grandezza”. Si affida poi all’ “autorità e virtù” del dedicatario perché possa favorire l’opera “bisognosa di molto lume” a causa dell’“oscurità dell’auttore”. In realtà, quando pubblica il libro, Étienne du Pérac è a Roma da oltre quindici anni, ed è noto se nonaltro per aver fornito la propria opera all’erudito veronese Onofrio Panvinio e aver dato alle stampe nel 1574 la pianta archeologica Urbis Romae Sciographia, ricostruzione topografica della Roma antica, cui sarebbe seguita, nel 1577, la pianta della Roma moderna, la Nova urbis Romae descriptio. Certo il mercato dell’editoria antiquaria era piuttosto affollato: nello stesso 1575 esce ad esempio per iniziativa di un altro francese, lo stampatore Antonio Lafreri (Antoine Lafréry), con il quale peraltro lo stesso Du Perac collabora, la raccolta iconografica Speculum Romanae Magnificentiae, che riunisce, incise da vari artisti, molte più immagini de I vestigi, non seguendo un’impostazione topografica e non, limitandosi agli edifici antichi ma inserendone di moderni nonché un repertorio di statue. Qui Du Pérac, partendo dal Campidoglio, scandisce il suo itinerario in trentanove tappe: in calce a ogni pagina una didascalia di poche righe fornisce le informazioni essenziali sugli edifici e le rovine. Non si tratta però di raffigurazioni di singoli monumenti, né tanto meno di ricostruzioni ideali, ma di vere e proprie vedute: immagini di grande qualità, paragonabili a quelle edite nel 1551 dall’incisore fiammingo Hieronymus Cock. Etienne Du Pérac o Duperac, nativo di Bordeaux o Parigi, si trasferisce presto a Venezia, dove apprende l’arte dell’incisione realizzando vari soggetti da Tiziano, principalmente per l’editore Giovanni Francesco Camocio. Arriva a Roma nel 1559 dove si dedica allo studio dell’architettura e delle antichità, con particolare attenzione alle opere di Michelangelo. A Roma conosce Onofrio Panvinio, archeologo ed antiquario, che lo influenza e lo introduce allo studio delle antichità romane. Come tutti gli artisti provenienti dal Nord Europa, rimane affascinato dalla maestosità delle rovine romane, decidendo di studiarle e raffigurarle. Le precedenti rappresentazioni dei monumenti di Roma, ad esempio quelle eseguite da Hieronimus Cock intorno al 1550, erano pittoriche ed arricchite da elementi di fantasia. La notevole importanza delle vedute di Roma del Duperac sta nel fatto che furono rappresentate con assoluta precisione archeologica e topografica, tanto da essere oggi studiate con grande attenzione dagli studiosi di archeologia, poiché spesso rappresentano monumenti e siti oggi andati perduti. L'opera ebbe ben 8 edizioni successive, alcune a cura della tipografia De Rossi.   Incisione in rame, in ottimo stato di conservazione. View taken from the work I vestigi dell'antichità di Roma raccolti et ritratti in perspettiva da Stefano Du Perac parisino, published for the first time in Rome in 1575 by Lorenzo Vaccari. The volume consists of forty plates: the first serves as a frontispiece; the second contains the dedication to "Giacomo Buoncompagni governator generale di Santa Chiesa". Étienne Du Pérac expresses his intentions and in particular emphasizes that "the book [...] will therefore be useful and grateful, and accepted by scholars of antiquity for the diligence I have used in faithfully representing the remains of Roman grandeur". He then relies on the "authority and virtue" of the dedicatee so that he can encourage the work "in need of much light" because of the "obscurity of the author". When he published the book, Étienne du Pérac had been in Rome for more than fifteen years, and was known, if only for having supplied his work to the Veronese scholar Onofrio Panvinio and for having printed in 1574 the archaeological map Urbis Romae Sciographia, a topographical reconstruction of ancient Rome, which would be followed, in 1577, by the map of modern Rome, the Nova urbis Romae descriptio. Certainly the market of antiquarian publishing was quite crowded: in the same year 1575, for example, another Frenchman, the printer Antonio Lafreri (Antoine Lafréry), with whom Du Perac also collaborated, published the iconographic collection Speculum Romanae Magnificentiae, which brought together, engraved by various artists, many more images than I vestigi, not following a topographical approach and not limiting himself to ancient buildings but including modern ones as well as a repertoire of statues. Here Du Pérac, starting from the Capitol, outlines his itinerary in thirty-nine stages: at the bottom of each page a caption of a few lines provides essential information about the buildings and ruins. However, these are not representations of individual monuments, nor ideal reconstructions, but real views: images of great quality, comparable to those published in 1551 by the Flemish engraver Hieronymus Cock. Etienne Du Pérac or Duperac, born in Bordeaux or Paris, soon moved to Venice, where he learned the art of engraving by making various subjects from Titian, mainly for the publisher Giovanni Francesco Camocio. He arrived in Rome in 1559 where he devoted himself to the study of architecture and antiquities, with particular attention to the works of Michelangelo. In Rome he knows Onofrio Panvinio, archaeologist and antiquarian, who influences him and introduces him to the study of Roman antiquities. As all the artists coming from Northern Europe, he remains fascinated by the majesty of the Roman ruins, deciding to study and represent them. The previous representations of the monuments of Rome, for example those made by Hieronimus Cock around 1550, were pictorial and enriched with fantasy elements. The remarkable importance of the views of Rome by Duperac lies in the fact that they were represented with absolute archaeological and topographical precision, so as to be studied today with great attention by scholars of archaeology, since they often represent monuments and sites now lost. The work had 8 subsequent editions, some by the De Rossi printing house.   Copper engraving, in excellent condition.‎

‎DE FER Nicolas (1646-1720 circa)‎

‎L'Eglise de St. Pierre a Rome‎

‎Suggestiva immagine di San Pietro e del Vaticano, con le mura di Roma sullo sfondo. Dall'Atlas Curieux di De Fer. Nicholas de Fer (1646-1720) era il figlio di un venditore di mappe, Antoine de Fer, e crebbe fino a diventare uno dei più noti cartografi in Francia nel XVII secolo. Fu apprendista a dodici anni di Louis Spirinx, un incisore. Quando suo padre morì nel 1673, Nicholas aiutò sua madre a gestire l'attività fino al 1687, quando divenne l'unico proprietario. Il suo primo lavoro conosciuto è una mappa del canale di Languedoc nel 1669, mentre alcune delle sue prime incisioni sono nell'edizione rivista di Methode pour Apprendre Facilement la Geographie (1685). Nel 1697, pubblicò il suo primo atlante mondiale. Forse la sua mappa più famosa è la sua mappa murale dell'America, pubblicata nel 1698, con la sua celebre scena del castoro (incisa da Hendrick van Loon, disegnata da Nicolas Guerard). Dopo la sua morte nel 1720, l'attività passò ai suoi generi, Guillaume Danet e Jacques-Francois Benard.  Striking image of St Peters and the Vatican, with the walls of Rome in the background. From De Fer's Atlas Curieux. Nicholas de Fer (1646-1720) was the son of a map seller, Antoine de Fer, and grew to be one of the most well-known mapmakers in France in the seventeenth century. He was apprenticed at twelve years old to Louis Spirinx, an engraver. When his father died in 1673, Nicholas helped his mother run the business until 1687, when he became the sole proprietor. His earliest known work is a map of the Canal of Languedoc in 1669, while some of his earliest engravings are in the revised edition of Methode pour Apprendre Facilement la Geographie (1685). In 1697, he published his first world atlas. Perhaps his most famous map is his wall map of America, published in 1698, with its celebrated beaver scene (engraved by Hendrick van Loon, designed by Nicolas Guerard). After his death in 1720, the business passed to his sons-in-law, Guillaume Danet and Jacques-Francois Benard. ‎

‎SANDRART Joachim von (Francoforte 1606 - Norimberga 1688)‎

‎St. Peters Kirch, zur Seiten, auf dem Vaticano‎

‎Veduta della serie Romanorum fontinalia … pubblicata a Norimberga nel 1685, da J. Von Sandrart. Le tavole furono incise da Hans Ulrich Franck, Suzanne Marie von Sandrart e Johannes Mayer riproducendo i rami del Falda, ma animando con personaggi e particolari fiamminghi le notissime vedute romane. Le tavole sono in controparte rispetto alle vedute del Falda, con didascalie bilingue in tedesco e latino.  Acquaforte, in ottimo stato di conservazione. After Giovanni Battista Falda. From the series Romanorum fontinalia… edited in Nurenberg b y J. Von Sandrart in 1685.  The plates were engraved by Hans Ulrich Frank, Johannes Meyer and Suzanne Marie von Sandrart, reproducing in reverse the Falda' plates , and adding also bilingual captions, in Latin and German. Etching, in good condition.‎

‎PIRANESI Giovan Battista (Mogliano Veneto 1720 - Roma 1778)‎

‎Pianta di Roma disegnata colla situazione..‎

‎Pianta di Roma disegnata colla situazione di tutti i Monumenti antichi : de' quali in oggi ancora se ne vedono gli avanzi, ed illustrata colli Framm.ti di Marmo della Pianta di Roma antica, scavati, saranno due secoli, nelle Rovine del Tempio di Romolo; ed ora esistenti nel Museo di Campidoglio. Acquaforte e bulino, 1756 circa, firmata in lastra in basso a destra. Dalla serie Le Antichità Romane. Meravigliosa prova, ricca di toni, impressa a inchiostro bruno su carta vergata coeva, con pieni margini ed in perfetto stato di conservazione. Opera tratta dalla prima edizione, pubblicata a Roma nel 1756 nella stamperia di Angelo Rotili a Palazzo Massimo alle Colonne, dai signori Bouchard e Gravier, librai e mercanti in Roma con sede presso San Marcello al Corso. La raccolta conteneva un ritratto del Piranesi, inciso da Felice Polanzani, e recava una dedica a James Caulfield conte di Charlemont, dedica poi eliminata in seguito ad un litigio. Di questa edizione originale, che venne alla luce nel maggio del 1756, sono note tre diverse tirature, connesse con le vicende del litigio con lord Charlemont, vicende documentate dal Piranesi stesso nelle sue Lettere di Giustificazione del 1757. Le diverse tirature sono riconoscibili tra loro proprio nel frontespizio del primo tomo, quello originariamente dedicato al nobile inglese, che successivamente si presenta con dedica e stemma araldico abraso, quindi con l’aggiunta di una dedica dell’autore Aevo Suo Posteri set Utilitari Publicae. Henry Focillon, nel suo saggio del 1918, suppone che il Piranesi prepari ed incida le tavole per l’opera tra il 1750 ed il 1756, tuttavia, elementi architettonici fanno risalire alcune al 1746. In realtà le tavole più antiche utilizzate nella raccolta risalgono probabilmente ad anni ancora precedenti, come sembra suggerire sia l’estrema complessità dell’opera, legata ad un lunghissimo lavoro di preparazione e ricerca, sia l’oscillazione stilistica riscontrabile comparando le varie tavole. Ad ogni modo, la grandiosità delle Antichità Romane del Piranesi non sta solamente nel grande lavoro grafico prodotto dall’artista: l’opera risulta infatti fondamentale come innovazione metodologica nel settore dell’archeologia a lei contemporanea, con l’utilizzo di scritti che sono essenziali per comprendere il pensiero dell’autore e l’innovazione del metodo piranesiano. Si può quindi sostenere, come giustamente fa notare il Focillon, che l’artista veneziano fondi l’archeologia moderna. Questa innovazione comporta, però, un enorme stacco e una grande divergenza con il pensiero e la cultura ufficiale ed accademica del periodo - di derivazione anglosassone - causando enormi polemiche di cui Piranesi fu bersaglio, e il fiorire di una negativa aneddotica intorno alla sua persona, il cui scopo era quello di ristabilire l’egemonia minacciata della cultura “classica”. Il principale pensiero espresso nelle Antichità Romane consiste nel documentare e conservare in effige un patrimonio monumentale che andava di giorno in giorno sgretolandosi, linea di condotta che andava contro l’atteggiamento culturale di amatori ed antiquari, il cui piacere era puramente estetico, non disdegnando all’occorrenza, l’asporto di frammenti anche vistosi di antichità a titolo di puro collezionismo o alla stregua di souvenir. La principale novità della sua impostazione consiste nell’unificare in un solo momento le operazioni di scavo, di rilievo, le indagini strutturali e la misurazione con lo studio delle fonti letterarie, a cui egli fa riferimento diretto. Questo momento di unificazione è rappresentato dallo studio topografico, che unito alla tecnica di rilievo, alla conoscenza dei materiali e delle tecniche antiche, allo scavo ed al sopralluogo dava luce all’archeologia, ovvero lo studio della storia antica. Stampata su contemporanea carta vergata con filigrana “doppio cerchio e giglio con lettere CB” (Robison 33), tipica di ques... Pianta di Roma disegnata colla situazione di tutti i Monumenti antichi : de' quali in oggi ancora se ne vedono gli avanzi, ed illustrata colli Framm.ti di Marmo della Pianta di Roma antica, scavati, saranno due secoli, nelle Rovine del Tempio di Romolo; ed ora esistenti nel Museo di Campidoglio. Etching with engraving, 1756, signed at the bottom margin. From the Antichità Romane, first edition by the French publisher Bouchard and Gravier in 1756. A great impression, printed with brown ink on contemporary laid, strong, paper, with margins, perfect conditions. The first edition of this work, in four volumes, was published in Rome in 1756 at the printing-works of Angelo Rotili at the Massimo alle Colonne Palace, by Bouchard and Gravier, book-dealers and tradesmen located in Rome near the church of St. Marcel at the Via del Corso. This collection included a portrait of Piranesi, engraved by Felice Porziani, and a dedication to James Caulfield, count of Charlemont. This dedication was later abolished in the aftermath of a quarrel, described by Piranesi in his Lettere di Giustificazione [Letters of Justification] (1757), which also gave rise to three different versions of this first original edition (May 1756). These different versions are distinguishable from the title-page of the first volume, which initially was dedicated to the Irish aristocrat, then exhibited a cancelled dedication and coat of arms and, finally, bore a Latin motto written by the artist "Aevo Suo Posteri set Utilitari Publicae". Henry Focillon, in his 1918 treatise, presumed that Piranesi prepared and engraved the plates for this collection between 1750 and 1756, although some architectural features could have a few of them dating back to 1746. Actually, the oldest plates included in this collection probably date back even further, as suggested by the extraordinary complexity of this work, due to a prolonged phase of preparation and research, together with the stylistic alterations which can be observed by comparing the different plates. The magnificence of Piranesi's Antichità Romane, however, is not only in the artist's large graphic output. Indeed, this work is of primary importance from the standpoint of methodological innovation within the framework of contemporary archaeology, with the utilisation of texts which are of essential importance for the comprehension of the author's ideas and of the innovations implied in Piranesi's methodology. It can be asserted, as correctly emphasised by Focillon, that the Venetian architect founded modern archaeology. However, this new-fashioned approach implied an important disassociation and a significant deviation from the convictions and the official and academic culture of the time, which was of Anglo-Saxon derivation. This gave rise to a serious controversy, whose target was Piranesi, and to an adverse anecdotal literature concerning his person, the objective being the re-establishment of the endangered authority of the culture it was threatening. The main motivation behind the Antichità Romane was the documentation and preservation, utilising illustrations, of a heritage of ancient monuments which was being ravaged on a daily basis. This approach was incompatible with the one held by amateurs and antiquarians who only took pleasure from aesthetic contemplation and would not refrain from occasionally removing rather imposing parts from ancient relics for their private collections or, more simply, as souvenirs. The main new feature in his procedure was to unify into a single space the acts of excavating, surveying, structural inquiries and measurement together with the analysis of literary sources, the latter of which he examined for himself. This step of unification is characterised by the study of topography which, together with surveying techniques, the knowledge of antique procedures and materials, excavations and on-site inspections, gave rise to archaeology, in other words to the study of ancient h... Focillon 153, Wilton Ely 288; A. P. Frutaz, "Le piante di Roma", XXXV, tav. 69.‎

‎SPECCHI Alessandro (Roma, 1668 - Roma, 1729)‎

‎Palazzo nella piazza de S.S. Apostoli ristaurato et adornato dall'Em.mo Sig.r Cardinal Flavio Chigi…architettura del Cav.e‎

‎Bella veduta di Palazzo Chigi-Odescalchi, in piazza dei SS. Apostoli. Veduta tratta da Il quarto libro del nuovo teatro dei palazzi in prospettiva di Roma moderna, pubblicato da Domenico de Rossi nel 1699, come quarto libro a completamento del Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna. Libro primo (secondo, terzo) di Giovan Battista Falda (G. Giacomo de Rossi, 1665-1669). Una delle più belle raccolte di tavole sulla Roma barocca, alla cui rappresentazione si accompagna un intento celebrativo della politica papale. L'opera, infatti, aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine della città, con le sue chiese e i suoi palazzi. Dopo la morte di Giovanni Battista Falda (1643-1678) e per far seguito alla sua celebre opera sulle 'fabbriche', un quarto libro fu curato dall'architetto e incisore romano Alessandro Specchi (1668-1729) per descrivere le imprese edilizie volute da Innocenzo XII Pignatelli. A differenza di quelle di Falda, queste sono incisioni che inseriscono gli edifici nel loro contesto cittadino in modo che non solo ne raccontano la struttura architettonica ma – con uno scenario di carrozze e cavalli, servi e padroni, bottegai e garzoni – ne suggeriscono anche l'uso sociale. Vengono così fuori una serie di quadri della città che anticipano le caratteristiche vedute settecentesche. Acquaforte, in buono stato di conservazione. View taken from Il quarto libro del nuovo teatro dei palazzi in prospettiva di Roma moderna, published by Domenico de Rossi in 1699, as the fourth book to complete Il nuovo teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna. Book one (second, third) by Giovan Battista Falda (G. Giacomo de Rossi, 1665-1669). One of the most beautiful collections of plates on Baroque Rome, whose representation is accompanied by a celebratory intent of papal policy. The work, in fact, was intended to disseminate the new image of the city, with its churches and palaces. After the death of Giovanni Battista Falda (1643-1678) and to follow up his famous work on the 'fabbriche', a fourth book was edited by the Roman architect and engraver Alessandro Specchi (1668-1729) to describe the building enterprises commissioned by Innocent XII Pignatelli. Unlike Falda's engravings, these are engravings that place the buildings in their urban context in such a way that they not only describe their architectural structure but - with a scenario of carriages and horses, servants and masters, shopkeepers and servants - also suggest their social use. The result is a series of pictures of the city that anticipate the characteristic eighteenth-century views. Etching, in very good condition.‎

‎SEUTTER "il vecchio" Matthaus (1678 - 1757)‎

‎Veteris et Modernae Urbis Romae Ichnographia et Accurata Designatio...‎

‎Pianta della città edita da Mattheus Seutter, inclusa nel suo Atlas Novus del 1730. La pianta deriva da quella di Giovan Battista Falda del 1676, della quale è una fedele ed accurata riduzione. Sebbene stampata intorno al 1725, probabilmente in occasione del Giubileo visto l'inserimento delle Sette Basiliche, raffigura la città intorno al 1676. L'opera infatti non contempla le innovazioni architettoniche alla città durante il pontificato di Innocenzo XII e nemmeno il Porto di Ripetta del 1704. E’ ancora riportato il terzo braccio di chiusura del colonnato di San Pietro, mai realizzzato. In alto a sinistra vedutine delle Sette Chiese principali e a destra stemma del papa Benedetto XIII (1724-1730). A sinistra in basso compare un elenco dei XIV rioni ed a destra una breve descrizione della città dal titolo Rom. In basso una scena allegorica con divinità fluviali. Matthäus Seutter (1678 - 1757) fu uno dei più importanti e prolifici editori tedeschi di mappe del XVIII secolo. Attivo, come incisore sotto la tutela dell'importante J. B. Homann. All'inizio del 1700 Seutter lasciò Homann per tornare ad Augusta, dove lavorò per l'importante editore d'arte Jeremia Wolff (1663 - 1724), per il quale incise mappe e altre stampe. Intorno al 1717 fondò la propria casa editrice cartografica indipendente ad Augusta. La maggior parte delle mappe di Seutter sono pesantemente basate, se non addirittura copie, di lavori precedenti fatti dalle calcografie Homann e De L'Isle. Ciononostante, dal 1731/32 Seutter era uno degli editori più prolifici del suo tempo e fu onorato dall'imperatore tedesco Carlo VI che gli diede il titolo di Geografo Imperiale, dopo il quale la maggior parte delle mappe successive includeva la denominazione Avec Privilege. Seutter continuò a pubblicare fino alla sua morte, all'apice della sua carriera, nel 1757. Acquaforte con coloritura editoriale, in ottimo stato di conservazione. Bibliografia Marigliani p. 234, n. 139; Scaccia Scarafoni n. 223. Map of the city edited by Mattheus Seutter, included in his "Atlas" of 1730. The map derives from that of Giovan Battista Falda of 1676, of which it is a faithful and accurate reduction. Although printed around 1725, probably on the occasion of the Jubilee given the inclusion of the Seven Basilicas, it depicts the city around 1676. The work in fact does not contemplate the architectural innovations to the city during the pontificate of Innocent XII, nor the Port of Ripetta of 1704. It still shows the third arm of the closing of the colonnade of St. Peter, never realized. In the upper left corner views of the Seven Main Churches and on the right the coat of arms of Pope Benedict XIII (1724-1730). On the lower left is a list of the XIV districts and on the right a brief description of the city entitled Rom. At the bottom an allegorical scene with river gods. Matthaeus Seutter (1678 - 1757) was one of the most important and prolific German map publishers of the 18th century. Seutter was born the son of a goldsmith but apprenticed as a brewer. Apparently uninspired by the beer business, Seutter abandoned his apprenticeship and moved to Nuremberg where he apprenticed as an engraver under the tutelage of the prominent J. B. Homann. Sometime in the early 1700s Seutter left Homann to return to Augsburg, where he worked for the prominent art publisher jeremiad Wolff (1663 - 1724), for whom he engraved maps and other prints. Most of Seutter's maps are heavily based upon, if not copies of, earlier work done by the Homann and De L'Isle firms. Nonetheless, by 1731/32 Seutter was one of the most prolific publishers of his time and was honored by the German Emperor Karl VI who gave him the title of Imperial Geographer, after which most subsequent maps included the Avec Privilege designation. Copper engraving, typical editorial hand coloring, in excellent condition. Bibliografia Marigliani p. 234, n. 139; Scaccia Scarafoni n. 223.‎

‎GUESDON Alfred (Nantes 1808 - ?)‎

‎Rome Vue prise au dessus du Mont-Celio‎

‎Splendida veduta a volo d’uccello, realizzata in litografia, e pubblicata nel celebre L’Italie à vol d’oiseau., o storia e descrizione sommaria delle principali città di questo paese, di H. Etiennez, accompagnate da 40 grandi vedute generali, disegnate dal vero da Alfred Guesdon e litografate con due tinte da A. Rouargue, Jules Arnout, A. Cuvillier, A. Guesdon. Nato nel 1808 a Nantes, Guesdon intraprende senza fortuna la carriera di architetto e decide di dedicarsi al vedutismo anche con l’ausilio del pallone aerostatico in taluni casi e delle foto che ne trae. Per quindici anni l' artistaviaggiatore percorre interamente quella parte d' Europa che va «dal golfo di Napoli alle rive del Reno, dal lago di Ginevra allo stretto di Gibilterra». Per quanto riguarda la produzione iconografica, Guesdon realizza vedute di città italiane, francesi, spagnole e svizzere. A partire dal 1849 vengono pubblicate nell' ordine: L' Italie à vol d' oiseau, o storia e descrizione sommaria delle principali città di questo paese, di H. Etiennez, accompagnate da 40 grandi vedute generali, disegnate dal vero e litografate con due tinte Parigi, Hauser, 1849, volume in-folio. I disegni originari furono realizzati prima del 1848 e rappresentano le città italiane: da Torino a Genova, da Milano a Venezia, da Firenze a Roma, fino a Napoli, Pompei, Palermo, Messina e Catania. Pubblica poi La France a vol d' oiseau. Viaggio aereo sulla Loira e le sue rive, con la rappresentazione di 37 città; infine nel 1853 pubblica L' Espagne à vol d' oiseau con 24 vedute generali delle principali città del paese. Assai meno nota la raccolta di città svizzere dal titolo: La Suisse à vol d' oiseau, composta da almeno dieci litografiea colori realizzate sul finire degli anni Cinquanta.   Litografia tinta, finemente colorata a mano, in perfetto stato di conservazione. Bibliografia D. Straffolino, Alfred Guesdon, L'Italie a vol d'oiseau (1849). La veduta a volo d'uccello dalle ali di Icaro alla mongolfiera; Cremonini, L’Italia nelle vedute e carte geografiche, pp. 241/242. Alfred Guesdon was born in Nantes, June the 13th 1808. Once he finished his classical studies, in 1829, he went to Paris, to study architecture as a pupil of Antoine Martin Garnaud.Starting from 1830, he devoted himself to experimentations and researches on the art of lithography, especially on historical subjects, views and landscapes he took from his many trips around Europe.The distinctiveness of these views is the fact that they are the first representations of the cities from above, realized on board of an air balloon. In 1849 he published the lithographic plates in the famous L’Italie à vol d’oiseau., o storia e descrizione sommaria delle principali città di questo paese, di H. Etiennez, accompagnate da 40 grandi vedute generali, disegnate dal vero da Alfred Guesdon e litografate con due tinte da A. Rouargue, Jules Arnout, A. Cuvillier, A. Guesdon.Tinted litograph with later hand colour, very good condition.Bibliografia D. Straffolino, Alfred Guesdon, L'Italie a vol d'oiseau (1849). La veduta a volo d'uccello dalle ali di Icaro alla mongolfiera; Cremonini, L’Italia nelle vedute e carte geografiche, pp. 241/242.‎

‎ZUCCAGNI ORLANDINI Attilio (Fiesole 1784 - Firenze 1872)‎

‎Pianta della Città di Roma‎

‎Pianta tratta dall’Atlante geografico degli Stati italiani delineato sopra le migliori e più moderne mappe per servire di corredo alla corografia fisica storica e statistica dell'Italia, di Attilio Zuccagni Orlandini stampato a Firenze, presso gli editori, 1844. In 2° massimo, 2 voll. Il primo volume contenente le carte dell’Italia Superiore in 52 fogli, il secondo volume quelle dell’Italia Inferiore in 77 fogli. Attilio Zuccagni Orlandini (1784-1872) nacque a Fiesole con il nome di Giuseppe Orlandini. In seguito all’adozione da parte del facoltoso zio materno Attilio Zuccagni (1754-1807), botanico e georgofilo, assunse il nome di Attilio Zuccagni Orlandini. La sua più importante opera è la relazione geografico-cartografica di tutti gli Stati preunitari italiani, la grandiosa Corografia fisica, storica e statistica dell’Italia e delle sue Isole (Firenze 1835-1845), in dodici volumi per diciannove tomi, con un volume introduttivo sull’intera penisola italiana. L’opera costituì la summa delle centinaia di opere geografiche generali, regionali e locali allora disponibili e presentava, per ogni Stato preunitario, la trattazione fisica, storica, topografica e un inquadramento statistico. Nel 1844-45, la Corografia fu arricchita con cinque volumi di cartografie, vedute e altre illustrazioni di luoghi e monumenti: Atlante geografico degli Stati italiani delineato sopra le migliori e più moderne mappe (due volumi con 144 tavole inclusa la grande carta della penisola in 15 fogli) e Atlante illustrativo ossia raccolta dei principali monumenti italiani antichi, del medio evo e moderni e di alcune vedute pittoriche (tre volumi con 413 illustrazioni, stampate su 269 fogli). Le tavole furono incise, sempre a Firenze, in due apposite officine, da quattro valenti artisti lombardi (Vittorio Angeli, Giacinto Maina, Pietro Manzoni e Giuseppe Pozzi). Soprattutto il primo dei due atlanti rappresenta, ancora oggi, una pietra miliare nella storia della cartografia e dell’iconografia geografica italiana. Fu veramente ‘un’ardua impresa’, dal momento che spesso mancavano ancora (come, ad esempio, per il Ducato di Lucca e lo Stato Pontificio) prodotti cartografici compiutamente geometrici. I due prodotti furono presentati ai Georgofili nel 1843 e nel 1844, insieme alla mappa della Repubblica di San Marino. L’opera si rivelò oltremodo costosa e non ottenne il successo commerciale sperato, ma servì da base per tante altre iniziative editoriali successive che vi attinsero, talora senza neppure rispettarne i diritti d’autore. Incisione in rame, coloritura coeva dei contorni, lievi ossidazioni, per il resto in ottimo stato di conservazione.  Bibliografia Cfr. Anna Guarducci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020). Plan taken from the Atlante geografico degli Stati italiani delineato sopra le migliori e più moderne mappe per servire di corredo alla corografia fisica storica e statistica dell'Italia, di Attilio Zuccagni Orlandini printed in Florence, 1844. The first volume contains the maps of Northern Italy in 52 sheets, the second volume those of Southern Italy in 77 sheets. Attilio Zuccagni Orlandini (1784-1872) was born in Fiesole under the name of Giuseppe Orlandini. Following adoption by his wealthy maternal uncle Attilio Zuccagni (1754-1807), a botanist and georgofile, he took the name Attilio Zuccagni Orlandini.  His most important work is the geographic-cartographic report of all the pre-unification Italian states, the great Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue Isole (Florence 1835-1845), in twelve volumes for nineteen tomes, with an introductory volume on the entire Italian peninsula. The work constituted the sum of hundreds of general, regional and local geographic works then available and presented, for each pre-unification state, the physical, historical, topographical and statistical framework. In 1844-45, the Corografia was enriched with five volumes of maps, views and other illustrations of places and monuments: Atlante geografico degli Stati italiani delineato sopra le migliori e più moderne mappe (two volumes with 144 plates including the large map of the peninsula in 15 sheets) and Atlante illustrativo ossia raccolta dei principali monumenti italiani antichi, del medio evo e moderni e di alcune vedute pittoriche (three volumes with 413 illustrations, printed on 269 sheets). The plates were engraved, again in Florence, in two special workshops, by four talented Lombard artists (Vittorio Angeli, Giacinto Maina, Pietro Manzoni and Giuseppe Pozzi).   Especially the first of the two atlases represents, even today, a milestone in the history of cartography and Italian geographic iconography. It was truly 'an arduous undertaking', since cartographic products were often still lacking (as, for example, for the Duchy of Lucca and the Papal States) fully geometric. The two products were presented to the Georgofili in 1843 and 1844, along with the map of the Republic of San Marino. The work proved to be very expensive and did not achieve the commercial success hoped for, but served as a basis for many other subsequent publishing initiatives that drew on it, sometimes without even respecting the copyright. Copperplate with fine outline colour, good condition.   Literature Anna Guarducci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020).‎

‎Anonimo‎

‎Antiquae Urbis Perfecta et Nova Delineatio‎

‎Pianta archeologica a proiezione verticale con alzato, priva di data ed indicazioni editoriali. Si tratta di una fedele replica della pianta archeologica pubblicata da Nicolas van Aelst ed incisa da Ambrogio Brambilla, probabilmente edita a Roma tra la fine del ’500 e l’inizio del secolo successivo. Caldana sottolinea che “l’anonimo incisore è bravo quasi quanto l’autore dell’originale, le differenze sono minime, salvo le misure che nella copia sono leggermente inferiori; imitata persino la calligrafia dei toponimi meno che per alcuni, scritti in lettere maiuscole”. Dal punto di vista editoriale, l’esistenza di un esemplare con l’imprint di Gian Giacomo de Rossi, descritto da Hülsen (1933) nella raccolta del castello di Wolfegg, certifica che il rame fosse in possesso della tipografia romana. Sempre Caldana sostiene, ma senza fondamento, che la pianta fu fatta incidere da Giuseppe de Rossi nel 1637, in occasione della ristampa della pianta di Roma moderna. Crediamo invece che il rame sia più antico e che, come per molte lastre del secolo precedente, solo successivamente venga acquisito dalla tipografia de Rossi. In alto, lungo il bordo superiore, è inciso il titolo: ANTIQUAE URBIS PERFECTA ET NOVA DELINEATIO. Lungo il margine inferiore si trova una legenda numerica di 90 rimandi a luoghi e monumenti notabili distribuita, su quindici colonne. Orientazione nei quattro lati al centro con il nome dei punti cardinali: SEPTENTRIO, MERIDIES, OCCIDENS, ORIENS il nord è a sinistra. Nella tavola sono presenti ulteriori indicazioni toponomastiche. Acquaforte e bulino, privo di indicazioni editoriali. Esemplare nel primo stato di due, avanti l'indirizzo di De Rossi. Magnifico esemplare di questa rara pianta archeologica di Roma. In perfetto stato di conservazione.   Bibliografia   Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, p. 2368, tav. 1217, I/II; Caldana (2013): n. I.28; Hülsen (1915): pp. 55-56, VIIIc, n. 41; Hülsen (1933): p. 106, VIIIc, n. 41a; Scaccia Scarafoni (1939): p. 28, n. 24. Archaeological map with vertical projection with elevation, without date and printing details. It is a faithful replica of the map published by Nicolas van Aelst and engraved by Ambrogio Brambilla, probably published in Rome between the end of the 16th century and the beginning of the following century. Caldana underlines that "the anonymous engraver is almost as good as the author of the original, the differences are minimal, except for the measurements that in the copy are slightly smaller; even the calligraphy of the place names is imitated, less so for some, written in capital letters". From the editorial point of view, the existence of a copy with the imprint of Gian Giacomo de Rossi, described by Hülsen (1933) in the collection of Wolfegg Castle, certifies that the copper was in the possession of the Roman printing house. Caldana also maintains, but without foundation, that the map was engraved by Giuseppe de Rossi in 1637, on the occasion of the reprinting of the modern Rome map. We believe instead that the copper is older and that, as for many plates of the previous century, it was only later acquired by de Rossi's printing house. At the top, along the upper edge, is engraved the title: ANTIQUAE URBIS PERFECTA ET NOVA DELINEATIO. Along the lower margin there is a numerical legend of 90 references to notable places and monuments distributed on fifteen columns. Orientation on the four sides in the centre with the name of the cardinal points: SEPTENTRIO, MERIDIES, OCCIDENS, ORIENS the north is on the left. In the map there are further toponymic indications. Etching and engraving; exemple in the first state of two, before the De Rossi's address. Magnificent example of this rare archaeological map of Rome. In perfect state of conservation.   Literature   Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, p. 2368, tav. 1217, I/II; Caldana (2013): n. I.28; Hülsen (1915): pp. 55-56, VIIIc, n. 41; Hülsen (1933): p. 106, VIIIc, n. 41a; Scaccia Scarafoni (1939): p. 28, n. 24.‎

‎MERIAN "il vecchio" Matthaus (Basilea 1593 - Bad Schwalbach 1650)‎

‎Roma‎

‎Pianta della città incisa ed edita dal Merian, e pubblicata per la prima volta nell'Itinerario Italiae di Martin Zeiller. La carta è la copia in formato ridotto della grande pianta realizzata da Antonio Tempesta nel 1593. "Contenuta oltre che nell'opera di Martin Zeiler del 1640 anche nell'opera del Werdenhaen, De Rebus publicis Hanseaticis, tav. 173 - Francoforte 1641. è certamente la più nota e diffusa riduzione della pianta del Tempesta. Non presenta alcun aggiornamento rispetto al suo prototipo e pertanto raffigura la città nell'anno 1593, sebben sia stata incisa oltre mezzo secolo dopo. Una curiosa correzione rispetto al Tempesta riguarda la Piramide, da questi erroneamente raffigurata all'interno delle mura, è invece qui disegnata più correttamente a cavallo delle stesse" (cfr. Marigliani p. 175). Incisione in rame stampata su due fogli uniti verticalmente, finemente colorato a mano, in ottimo stato di conservazione. Bellissimo esemplare di una delle più belle e decorative rappresentazioni della città. Bibliografia A. P. Frutaz, "Le piante di Roma", CXXXV, tav. 275; Hulsen 88, Scaccia Scarafoni 186; C. Marigliani, "Le Piante di Roma delle collezioni private", tav. 76. Map of Rome, engraved and published by Merian. It was first issued in the Itinerario Italie of Martin Zeiller. The map is a reduction of the big map realized by Antonio Tempesta in 1593. "Contained not only in the 1640 work of Martin Zeiler but also in the work of Werdenhaen, De Rebus publicis Hanseaticis, pl. 173 - Frankfurt 1641. It is certainly the best known and most widespread reduction of the map of Antonio Tempesta. It does not present any update with respect to the its prototype and therefore depicts the city in the year 1593, although it was engraved over half a century later. A curious correction with respect to Tempesta concerns the Pyramid, which he erroneously depicted inside the walls, is instead drawn here more correctly astride themselves "(see Marigliani p. 175). Engraving printed on two sheets, joined up vertically, with fine later hand colour, in very good condition. Magnificent example of one of the most beautiful and highly decorative representations of the city. Bibliografia A. P. Frutaz, "Le piante di Roma", CXXXV, tav. 275; Hulsen 88, Scaccia Scarafoni 186; C. Marigliani, "Le Piante di Roma delle collezioni private", tav. 76.‎

‎NOLLI Giambattista (Como 1701 - Roma 1756)‎

‎La Topografia di Roma di Gio Batta Nolli dalla Maggiore in questa Minor Tavola dal Medesimo Ridotta‎

‎Acquaforte e bulino, 1748, firmata sulla pietra con la scala in basso al centro "Piranesi e Nolli incisero".  Celebre pianta di Roma, incisa da Giovanni Battista Nolli e Carlo Nolli, magnificamente arricchita da  elementi decorativi incisi da Giovanni Battista Piranesi. La mappa descrive il centro di Roma su una grande quinta dispiegata dal putto in alto a destra. In alto a sinistra un putto sorregge lo stemma del cardinale Alessandro Albani, al quale l'opera è dedicata, come riportato nel cartiglio sottostante. Al lato sinistro, al di sotto del putto reggi stemma, si diparte una legenda con un elenco di centosettanta luoghi d'interesse, palazzi, monumenti e chiese, che prosegue sul bordo destro. In basso al centro, sui ruderi di un piedistallo, è riportato il titolo. Nella parte bassa della composizione si osservano un'immagine speculare della Basilica di San Pietro, la facciata della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Pietro Passalacqua e Domenico Gregorini, la Fontana di Trevi di Nicola Salvi e la facciata della Basilica di Santa Maria Maggiore di Ferdinando Fuga. La pianta è conosciuta come "Pianta piccola" del Nolli; piccola per distinguerla dal celebre grande rilievo, impresso su 12 fogli (più 6 di indice), di cui questa pianta rappresenta la riduzione. È numerata 33-34 perché seguiva, nella pubblicazione completa, i 6 fogli di indice della pianta grande. Il titolo è riportato in basso, entro il piedistallo della colonna traiana. Accanto, entro un frammento architettonico su cui è riportata la "scala in palmi romani d'architettura", la sottoscrizione degli incisori C. Nolli e G.B. Piranesi. La dedica di G.B. Nolli al cardinale Alessandro Albani è datata "Roma il dì primo del 1748". L'indicazione di pubblicazione si trova nel lembo, ripiegato, del cartiglio sul lato destro. Acquaforte, impressa su carta vergata coeva, completa dei margini, leggera e diffusa brunitura, minime abrasioni, per il resto in buono stato di conservazione. Bibliografia Scaccia Scarafoni n. 227; Marigliani, 190; Frutaz CLXIX a-c; Wilton-Ely 1994, n. 1007. Etching and engraving, 1748, signed on stone with scale at bottom center "Piranesi e Nolli incisero".  Famous map of Rome, engraved by Giovanni Battista Nolli and Carlo Nolli, beautifully enriched with decorative elements engraved by Giovanni Battista Piranesi. The map depicts the center of Rome on a large backdrop unfolded by the putto in the upper right. On the upper left a putto holds the coat of arms of Cardinal Alessandro Albani, to whom the work is dedicated, as shown in the cartouche below. On the left side, below the putto holding the coat of arms, departs a legend with a list of one hundred and seventy places of interest, palaces, monuments, and churches, which continues on the right border. At the bottom center, on the ruins of a pedestal, is the title. The lower part of the composition shows a mirror image of St. Peter's Basilica, the facade of the Basilica of Santa Croce in Gerusalemme by Pietro Passalacqua and Domenico Gregorini, the Trevi Fountain by Nicola Salvi, and the facade of the Basilica of Santa Maria Maggiore by Ferdinando Fuga. The map is known as Nolli's "Small Plan"; small to distinguish it from the famous large relief, imprinted on 12 sheets (plus 6 of index), of which this map represents the reduction. It is numbered 33-34 because it followed, in the complete publication, the 6 index sheets of the wall map. The title is given at the bottom, within the pedestal of the Trajan column. Next to it, within an architectural fragment on which is the "scala in palmi romani d'architettura", is the signature of engravers C. Nolli and G.B. Piranesi. G.B. Nolli's dedication to Cardinal Alessandro Albani is dated "Roma il dì primo del 1748." The indication of publication is in the flap, folded, of the cartouche on the right side. Etching, impressed on contemporary laid paper, complete with margins, light and diffuse browning, minimal abrasions, otherwise in good condition. Bibliografia Scaccia Scarafoni n. 227; Marigliani, 190; Frutaz CLXIX a-c; Wilton-Ely 1994, n. 1007.‎

‎MOSCHETTI Alessandro (attivo tra il 1830 e il 1845)‎

‎Pianta di Roma Elevata nel MDCCCXLVIII‎

‎Pianta di Roma edita da Alessandro Moschetti nel 1848. Viene attribuita ad Angelo Bertini – in qualità di editore – ed Enrico Salandri come incisore. “è la seconda edizione della pianta del Bertini/Salandri. Attorno alla pianta ci sono sei vedutine di Roma e 117 numeri di legenda come nella prima edizione. Le varie ristampe, come rilevato dal Frutaz, si differenziano tra loro solo per alcuni particolari dell’apparato decorativo estreno. Il prototipo di questa pianta dovrebbe essere quella di anonimo del 1820 circa, in cui piazza del Popolo si presenta ancora con un solo emiciclo realizzato. I nomi del Bertini e del Salandri sono presenti solo nella prima edizione” (cfr. Marigliani p. 363). Alessandro Moschetti, secondo quanto si legge in Giovanna Sapori e Sonia Amadio, Il mercato delle stampe a Roma, XVI-XIX secolo (p. 334) fu incisore di architetture con bottega a Roma in via Bocca di Leone, 63. Secondo altre fonti fu invece attivo a Roma prima e Napoli poi fino al 1868. Si dedicò con successo all’intaglio di vedute della città eterna, pubblicate per la prima volta nella Raccolta delle principali vedute di Roma antica e moderna (1843). La raccolta, che comprende un frontespizio figurato e 35 tavole incise in rame dal Moschetti su disegni di Marchi, Ciconnetti e Zolla, "il cui numero può variare da un esemplare all'altro" (cfr. S. Rossetti, n. 7252) è assai ricercata per la pianta di Roma nel 1843 e soprattutto per le vedute arricchite di scene popolari tipiche del folclore civile e religioso dell'epoca. Successivamente le vedute di Moschetti furono ristampate, in numero sempre crescente. Il presente esemplare è tratto dalle 70 Principali vedute di Roma 1861. Proprietà Cesari, reperibile in via Petra n.89. Scudi 6. Incisione in rame, in ottimo stato di conservazione. Bibliografia Cfr. Marigliani, Le piante di Roma nelle collezioni private (2007), p. 363, n. 297; Frutaz n. 199; Scaccia Scarafoni n. 298. Map of Rome edited by Alessandro Moschetti in 1848. It is attributed to Angelo Bertini -as publisher - and Enrico Salandri, as engraver. “è la seconda edizione della pianta del Bertini/Salandri. Attorno alla pianta ci sono sei vedutine di Roma e 117 numeri di legenda come nella prima edizione. Le varie ristampe, come rilevato dal Frutaz, si differenziano tra loro solo per alcuni particolari dell’apparato decorativo estreno. Il prototipo di questa pianta dovrebbe essere quella di anonimo del 1820 circa, in cui piazza del Popolo si presenta ancora con un solo emiciclo realizzato. I nomi del Bertini e del Salandri sono presenti solo nella prima edizione” (cfr. Marigliani p. 363). Alessandro Moschetti, according to Giovanna Sapori and Sonia Amadio, Il mercato delle stampe a Roma, XVI-XIX secolo (p. 334) was an engraver of architecture with a workshop in Rome at Via Bocca di Leone, 63. According to other sources, he was active first in Rome and then in Naples until 1868. He devoted himself successfully to the engraving of views of the Eternal City, published for the first time in the Raccolta delle principali vedute di Roma antica e moderna (1843). The collection, which includes an illustrated frontispiece and 35 plates engraved in copper by Moschetti on drawings by Marchi, Ciconnetti and Zolla, "the number of which may vary from one copy to another" (cf. S. Rossetti, n. 7252) is much sought after for the plan of Rome in 1843 and especially for the views enriched with popular scenes typical of the civil and religious folklore of the time. Subsequently, Moschetti's views were reprinted in increasing numbers. The present example is taken from the 70 Principal Views of Rome 1861.   Copper engraving, in excellent condition. Bibliografia Cfr. Marigliani, Le piante di Roma nelle collezioni private (2007), p. 363, n. 297; Frutaz n. 199; Scaccia Scarafoni n. 298.‎

‎Illustreret Tidende (1859 - 1924)‎

‎Rom, feet i Fughperfpectiv‎

‎Veduta di Roma dal Gianicolo, pubblicata nel numero del marzo 1865 dell’Illustreret Tidende, un settimanale illustrato danese pubblicato dal 1859 al 1924 in Danimarca con contenuti internazionali di attualità, letteratura e intrattenimento. Illustreret Tidende fu fondato da Otto Herman Delbanco (in origine editore musicale) ispirandosi a riviste simili pubblicate altrove, come la tedesca Illustrirte Zeitung e l'inglese Illustrated London News. Nel primo numero si leggeva la ragion d'essere della rivista: "un resoconto settimanale su eventi importanti e celebrità contemporanee, romanzi, racconti, storie di viaggiatori e altri contenuti di scienza, letteratura, arte e industria". Il target era la borghesia e gli accademici. Le illustrazioni del pittore Otto Bache sulla guerra danese-tedesca del 1864 rappresentarono per la rivista una svolta verso il mainstream. Tutte le illustrazioni furono raccolte in un numero speciale del 1964 che comprendeva duecento xilografie di questo importante conflitto, che minò l'identità danese di grande potenza militare europea. Molti giovani talenti della scrittura si unirono alla rivista, come ad esempio Georg Brandes (che scrisse critiche letterarie e teatrali) nel 1862, anche se fu licenziato nel 1869 quando le sue opinioni divergevano da quelle dei redattori. Tra i collaboratori grafici figurano Lorenz Frølich, Carl Bloch, Julius Exner, Peter Tom-Petersen, Anton Dorph e Henrik Olrik. Xilografia, finemente colorata a mano, in ottimo stato di conservazione. Rara. View of Rome from the Janiculum Hill, published in the March 1865 issue of Illustreret Tidende, a Danish illustrated weekly published from 1859 to 1924 in Denmark with international content on current affairs, literature and entertainment. Illustreret Tidende was founded by Otto Herman Delbanco (originally a music publisher) with inspiration from similar magazines elsewhere, such as the German Illustrirte Zeitung and the English Illustrated London News. The first issue stated the raison d'être of the magazine: "a weekly report on important events and contemporary celebrities, novels, stories, traveller's stories, and other contents from science, literature, art and industry". The target group was the bourgeoisie and academics. The painter Otto Bache's illustrations from the Danish-German war of 1864 were a break-through into mainstream for the magazine. All the illustrations were compiled into a special issue in 1964 comprising two hundred woodcuts of this important conflict, which undermined the Danish identity of being a major European military power. Many young writing talents joined the magazine, e.g. Georg Brandes (who wrote literary and theater criticism) in 1862, although he was fired in 1869 when his views diverged from those of the editors. Graphic contributors included Lorenz Frølich, Carl Bloch, Julius Exner, Peter Tom-Petersen, Anton Dorph and Henrik Olrik. Woodcut with fine later hand colour, very good condition. Rare.‎

‎BARBEY Antonio (attivo tra il 1690 ed il 1714 circa)‎

‎Nuova Pianta della Citta di Roma coll'Indice de Tempij Palazzi et Altre Fabriche Antiche e Moderne...‎

‎Mappa di Roma del XVII secolo, incisa a Roma da Antonio Barbey e pubblicata da Domenico de Rossi.Si basa sulla grande pianta murale di Giovan Battista Falda, ma mostra con particolare cura gli interventi urbani sotto il pontificato di papa Innocenzo XII, tra i quali la dogana di mare a Ripa Grande (1694). Sono inoltre contenute nella pianta una serie di interessanti note e i nomi delle ville e vigne entro le mura della città.Comprende un elegante cartiglio con titolo e stemma in alto, e un secondo cartiglio con un lungo elenco che individua 464 luoghi di interesse nella Città Eterna.La mappa è orientata a nord-est in alto e comprende siti antichi e moderni. "I lotti edificati sono campiti con puntinato e vengono indicati i nomi di molte strade. L'impostazione generale e vari dettagli denotano la derivazione di questa pianta dalla grande del Falda cui il Barbey apportò però numerosi aggiornamenti. Sono infatti riportati i nuovi interventi di Innocenzo XII tra i quali la dogana di mare a Ripa Grande (1694). Sono inoltre contenute nella pianta una serie di interessanti note e i nomi delle ville e vigne entro le mura della città. In basso a sinistra è scritto Ant. Barbey Sculp. ed a destra Domenico de Rossi [...] l'anno 1697 il di 25 maggio. Sotto il titolo in alto è riportata la dedica a Mons. Ranuccio Pallavicino Governatore di quest'alma Città e vice Camerlengo [...] Innocenzo XII felicemente regnante. Sui due lati legenda con 464 numeri di rimando ed elenco dei XIV rioni, e, in basso a destra, l'indice delle chiese di Roma" (cfr. Marigliani p. 253). Incisione in rame con bellissima coloritura a mano, alcune pieghe di carta perfettamente restaurate, per il resto in buono stato di conservazione. Rara. Bibliografia Frutaz n. 162, Scaccia Scarafoni n. 206, Huelsen n. 135; Marigliani n. 159. Map of Rome from the 17th century, engraved in Rome by Antonio Barbey and published by Domenico de Rossi. It is based on the large wall map by Giovan Battista Falda, but shows with particular care the urban interventions under the pontificate of Pope Innocenzo XII, including the sea customs house at Ripa Grande (1694). The map also contains a number of interesting notes and the names of the villas and vineyards within the city walls.  It includes an elegant cartouche with title and coat of arms at the top, and a second cartouche with a long list identifying 464 places of interest in the Eternal City. The map is oriented north-east at the top and includes ancient and modern sites. Built-up lots are dotted and the names of many streets are indicated. The general layout and various details indicate that this map derives from Falda's great map, to which Barbey however made numerous updates. In fact, the new interventions of Innocent XII are shown, including the sea customs house at Ripa Grande (1694). The map also contains a series of interesting notes and the names of the villas and vineyards within the city walls. At lower left is written Ant. Barbey Sculp. and on the right Domenico de Rossi [...] the year 1697 the 25th of May. Under the title at the top there is the dedication to Monsignor Ranuccio Pallavicino Governor of this great City and Vice Camerlengo. On both sides a legend with 464 reference numbers and a list of the XIV districts, and, at the bottom right, the index of the churches of Rome (cf. Marigliani p. 253). Copper engraving with fine later hand colour, few repaired paper folds, otherwise in good condition. Rare. Bibliografia Frutaz n. 162, Scaccia Scarafoni n. 206, Huelsen n. 135; Marigliani n. 159.‎

‎CLEEVE Hendrick van (Anversa 1524 - 1589)‎

‎Palatini montis prospectus‎

‎Veduta tratta dalla raccolta Ruinarum varii prospectus, ruriumque aliquot delineationes pubblicato da Philip Galle con incisioni tratte da disegni di Hendrick van Cleve o Cliven III. Figlio e allievo di William van Cleve, si trasferisce in Italia nella metà del XVI secolo; oltre ad un dipinto raffigurante una veduta di Roma, datato 1550, realizza un cospicuo numero di disegni che serviranno come modelli per l’opera incisa, realizzata al ritorno ad Anversa e pubblicata nel 1587. Le vedute, che raffigurano principalmente Roma ma anche altre città europee, recano in basso l’iscrizione “Henri. Cliven. inven." o "Henri Cliven pingebat" che ne attestano la derivazione ma non l'autografia. È certo che Hendrick viaggiò in Italia. Gli studiosi non sono d'accordo sui tempi del suo soggiorno, che alcuni collocano prima del 1551, anno in cui divenne maestro della Gilda, mentre altri lo collocano tra il 1551 e il 1555, data in cui si sposò. In Italia fece molti disegni di vedute di montagne, edifici e paesaggi urbani, che poi utilizzò nelle sue opere. Sulla base dei suoi disegni noti di città italiane, probabilmente trascorse del tempo a Roma, Firenze e Napoli. Hendrick van Cleve era un artista di paesaggio, creando sia vedute topografiche che paesaggi immaginari. I suoi paesaggi sono in stile italianizzante e tipicamente raffigurano ampie vedute con rovine che possono essere o meno interamente immaginarie. Le rovine sono di solito una compilazione di elementi caratteristici dell'architettura classica. Alcune sono basate su rovine esistenti che possono essere identificate, mentre altre sono costruzioni completamente di fantasia dell’artista. I disegni di Hendrik van Cleve furono quindi usati dai tipografi contemporanei di Anversa. Due serie di stampe secondo i disegni di van Cleve furono pubblicate dal famoso incisore ed editore Philips Galle. La prima serie, Regionem, rurium, fundormumq[ue], varii atove amoeni prospectus fu pubblicata nel 1587. Consiste di 10 tavole che raffigurano principalmente paesaggi pastorali immaginari con rovine. Hendrik van Cleve è menzionato come disegnatore su ogni stampa e Philip Galle come incisore. La seconda serie intitolata Ruinarum varii prospectus, ruriumq[ue] aliquot delineationes non è datata ma fu probabilmente pubblicata intorno allo stesso periodo della prima. Le 38 stampe mostrano vedute mediterranee. Non è chiaro chi abbia inciso questa serie. La firma con il monogramma di H. van Cleve appare su tutte le 38 incisioni, ad eccezione dell'incisione n. 22 della serie. Anche la firma di Philip Galle appare su tutte le incisioni mentre quella di suo figlio Theodoor appare solo su una. Anche Hendrick van Cleve stesso potrebbe essere stato l'incisore della serie. Incisione al bulino, bella impressione su carta vergata coeva, in ottimo stato di conservazione. A nice view taken from the rare Ruinarum vari prospectus ruriumq. Aliquot delinationes. Hendrick van Cleve or Cliven III, son and pupil of William van Cleve, moved to Italy in the second half of the XVI century; besides a painting depicting a view of Rome (1550), he realized a considerable amount of drawing which he afterwards used as preparatory for the engravings he realized in Antwerp and published by Philip Galle in 1587. The views, whose main subject is Rome but there are also other European cities, bear the inscription “Henri. Cliven. inven" or "Henri Cliven pingebat" on lower part, which testify their origin, but not necessarily the fact that he realized them. It is certain that Hendrick travelled to Italy. Scholars disagree about the timing of his stay in Italy. Some place it before 1551, the year in which he became a master of the Guild, while others place it between 1551 and 1555, the date on which he got married. In Italy he made many drawings of mountain views, buildings and cityscapes, which he later used in his works. Based on his known drawings of Italian cities, he likely spent time in Rome, Florence and Naples. Hendrick van Cleve was a landscape artist. He created topographical views as well as imaginary landscapes. His landscapes are in the Italianising style and typically depict wide views with ruins that may or may not be entirely imaginary. The ruins are usually a compilation of characteristic elements from classical architecture. Some are based on existing ruins which can be identified. Others are completely fabricated constructions Hendrik van Cleve's drawings were used by contemporary printmakers in Antwerp as designs. Two series of prints after van Cleve's designs were published by the renowned engraver and publisher, Philips Galle. The first series, Regionem, rurium, fundormumq[ue], varii atove amoeni prospectus was published in 1587. It consists of 10 plates that mainly depict imaginary pastoral landscapes with ruins. Hendrik van Cleve is mentioned as the designer on each print and Philip Galle as the engraver. The second series entitled Ruinarum varii prospectus, ruriumq[ue] aliquot delineationes is undated but was likely published around the same time as the first one. The 38 prints show Mediterranean views. It is not clear who engraved this series. H. van Cleve's signature and monogram appear on all 38 engravings with the exception of engraving n.22 of the set which lacks the monogram. Philip Galle's signature also appears on all the engravings while that of his son Theodoor appears on engraving only. Hendrick van Cleve III may also have been the engraver as his monogram is present on the print. Engraving, with fine later hand colour, some paper fold perfectly restored, otherwise good conditions. Hollstein, F. W. H. Dutch and Flemish Etchings, Engravings, and Woodcuts, v.4, pl.170, n.1-38 and v.7, p.80, n.423-460.‎

‎GREUTER Mattheus (Roma 1564 - 1638)‎

‎Sepolcro di Gregorio XIII in San Pietro‎

‎Bulino, circa 1590. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame ed applicata su antico supporto di collezione, leggere tracce di piega centrale, per il resto in ottimo stato di conservazione. Attribuita per motivi stilistici al Greuter, in quanto l’opera, rarissima e non citata dalle bibliografie, non è firmata.  Engraving, 1590 circa. Magnificent work, rich in shades, printed on contemporary laid paper and laid on collector’s paper, light signs of centrefold, otherwise in good condition. Ascribed for stylistic reason to Greuter for the work, very rare and never mentioned in any bibliographies, is not signed.Dimensioni 330x430.‎

‎BRUSTOLON Giambattista (Venezia 1716 – 1796)‎

‎Vue de la Basilique Vaticane & du Chateau S. Ange, jadis Mausolée d’Adrien‎

‎Acquaforte e bulino, firmata in lastra in basso a destra. Da un disegno del Canaletto, oggi conservato al British Museum [1858,0626.221].Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con ampli margini, in perfetto stato di conservazione. Il Museo Correr possiede una raccolta di quindici fogli raffiguranti vedute di Roma incise da Brustolon su disegno del Canaletto; il frontespizio, manoscritto, reca l’iscrizione Vari Prospetti di Roma Antica e Moderna. Il catalogo della tipografia Remondini del 1817 elenca sempre 15 soggetti “romani”. Tuttavia secondo il Moschini le vedute di Roma del Brustolon sarebbero addirittura venticinque. Il nostro esemplare differisce nel titolo - in francese - rispetto a quello pubblicato nel catalogo della mostra "Roma Veduta" (Roma, 2000).Rarissima. View of the Tiber and Rome from the Basilica of St Valentino on the Via FlaminiaEtching and engraving, signed on lower right plate. After a drawing of Canaletto, today at the British Museum [1858,0626.221].Magnificent work, printed on contemporary laid paper with wide margins, in perfect condition. The Correr Museum owns a collection of fifteen sheets depicting views of Rome engraved by Brustolon after drawings of Canaletto; the front page, handwritten, bears the inscription Vari Prospetti di Roma Antica e Moderna. The 1817 catalogue of the typography of Remondini lists 15 “Roman” subjects; nonetheless, according to Meschini, Brustolon’s views of Rome are not less than twenty five. Very rare. Succi, Da Carlevarijs ai Tiepolo, p. 82; Maria Catelli Isola, in "I ponti di Roma" (1975): p. 76, n. 120; Roma Veduta (2000): pp. 181-182, n. 37 (variante).‎

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