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‎Santeroni Maddalena; Miliani Donatella‎

‎La cuoca di D'Annunzio. I biglietti del Vate a «Suor Intingola». Cibi, menù, desideri e inappetenze al Vittoriale‎

‎ill., br. Per quasi vent'anni Gabriele d'Annunzio comunicò con la sua cuoca per mezzo di una miriade di piccoli biglietti, inviati a ogni ora del giorno e della notte. Messaggi maliziosi, coloriti e affettuosi, indirizzati da d'Annunzio (o meglio dal "Padre Priore", come spesso il poeta, nell'insolita corrispondenza, amava firmarsi) alla fedelissima Albina Lucarelli Becevello, alias "Suor Intingola": l'unica donna con cui d'Annunzio visse in assoluta sintonia - e castità dagli anni veneziani al buen retiro finale nello splendido Vittoriale di Gardone Riviera. Sono decine e decine i biglietti per Albina a cui il Vate ha affidato, in ogni momento della giornata, le sue imprevedibili richieste culinarie: costolette di vitello e frittata, cannelloni e patatine fritte, pernice fredda, biscotti e cioccolata, ma soprattutto uova sode, sicuramente l'alimento preferito da d'Annunzio, che ne andava così ghiotto da paragonarne gli effetti a quelli di una "estasi divina". Salutista attentissimo alla forma fisica, oltre che raffinato gourmet, d'Annunzio alternava infatti giorni di digiuno quasi completo a scorpacciate disordinate e compulsive, spesso provocate dall'arrivo di qualche amante. Erano quelli i momenti in cui il poeta si sbizzarriva maggiormente in dettagliate disposizioni culinarie, con modi ora scherzosi e poetici ora più perentori, indirizzate alla fidata "Suor Intingola", sempre pronta a preparare sul momento elaborati menù in cui eros e cibo si combinavano in un sodalizio perfetto.‎

‎Sabadin Vittorio‎

‎Diana. Vita e destino. Con e-book‎

‎ill., ril. Quando nel settembre del 1980 il reporter James Whitaker arrivò con due fotografi sulla sponda del fiume Dee, a Balmoral, non aveva idea di che cosa lo aspettava. Fece appena in tempo a scorgere la giovane ragazza bionda che accompagnava il principe Carlo nella sua battuta di pesca: sentiti dei rumori in lontananza, la ragazza si nascose rapida dietro un albero, utilizzando uno specchietto da cipria per controllare i loro movimenti. Whitaker, sorpreso dall'astuzia, disse agli altri due: «Questa ci darà filo da torcere. Ma chi è?». Lady Diana Spencer avrebbe poi dato "filo da torcere" a tutti: al principe Carlo, alla regina Elisabetta, alla monarchia e all'intero popolo del Regno Unito, che d'improvviso si trovò a dover reimmaginare il proprio rapporto con la famiglia reale. Dopo secoli di misteri, corridoi silenziosi e finestre chiuse, di vicendevole riservatezza ed estremo rispetto, la tumultuosa e romanzesca storia d'amore tra Carlo e Diana infiammò il paese, dai primi giorni apparentemente felici del fidanzamento alla guerra domestica (e mediatica) che avrebbe segnato la fine di quel matrimonio da fiaba celebrato in diretta televisiva di fronte a milioni di persone. Oggi, a vent'anni dalla tragica morte nel tunnel dell'Alma, a Parigi, siamo convinti di conoscere tutto di questa storia. Ma l'immagine di Diana, complici i mass media, è stata ridotta troppo spesso alla banalità del santino: amica di Madre Teresa, testimonial attiva per associazioni umanitarie e campagne per la prevenzione dell'AIDS, la "principessa del popolo" sarebbe stata, secondo copione, amata con trasporto e passione dai sudditi, detestata dalla regina, vessata dalla stampa, tradita e mortificata dal marito, immolata come simbolo di una vita libera e coraggiosa schiacciata dalla crudeltà delle istituzioni e della storia. Ma Diana era molto di meno e molto di più. Aggirando i luoghi comuni e le partigianerie, Vittorio Sabadin penetra quegli occhi tristi e distanti, restituendoci un ritratto inedito della "candela nel vento", libero dalla mitologia posticcia, distante dagli scandali e dalle foto patinate, sfaccettato, finalmente controverso e, per questo, umano.‎

‎Petacco Arrigo‎

‎Faccetta nera. L'illusione coloniale italiana. Con ebook‎

‎ril. «Se per il resto del mondo l'Abissinia era soltanto una curiosità enigmistica», scrive Arrigo Petacco, «per gli italiani aveva una collocazione di rilievo nell'immaginario collettivo. Tutti sapevano come e dove trovarla sulla carta geografica, e bastava nominarla per evocare luoghi fiabeschi, sentimenti intrisi di malinconia e desideri inespressi.» Anche per questo motivo, nei primi mesi del 1935, moltissimi giovani accolsero con entusiasmo la mobilitazione delle nostre forze armate per la guerra contro l'ultimo stato africano indipendente, che nessuno chiamava ancora Etiopia: in 50000 si arruolarono volontari. I nomi esotici di Asmara, Macallé, Addis Abeba promettevano un futuro avventuroso, e la radio, i giornali, i cinema, perfino i pacchetti di sigarette traboccavano di messaggi di propaganda. Faccetta nera, canzone popolare divenuta involontariamente inno di regime, è la colonna sonora di un'epoca: una marcetta che canta il colonialismo come liberazione di popoli schiavi e allude all'unione tra italiani e abissine, in un misto di goliardia e ingenuo paternalismo che ben presto lasciò il posto al razzismo scientifico e alla brutalità della guerra. Eppure, la storia dell'illusione coloniale italiana non coincide e non comincia con il fascismo: matura molto prima, nei progetti della neonata Italia unita, che rivendica il suo «posto al sole» al pari delle altre nazioni europee. È una storia contraddittoria e ricca di suggestioni. Petacco ce la racconta per intero, dalle prime manovre strategiche negli anni ottanta dell'Ottocento alla resa finale di Amedeo d'Aosta nel novembre 1941. Nel suo racconto ritroviamo gli episodi e i personaggi cruciali: l'incidente di Dogali e la disfatta di Adua; il negus vincitore, Menelik, e lo sconfitto Hailé Selassié; i viceré Badoglio e Graziani. Respiriamo l'atmosfera dei luoghi, tra le rocce dell'Amba Alagi e le sabbie dell'Amba Aradam; vediamo sfilare gli ascari e i dubat cammellati, con i loro turbanti bianchi; sentiamo il ronzio dei cacciabombardieri. Ma soprattutto abbiamo modo di capire meglio ambizioni e speranze di quegli italiani, di ogni provenienza o estrazione sociale, che misero le proprie vite al servizio del nostro effimero sogno coloniale, l'Africa orientale italiana, l'impero più breve di sempre.‎

‎Romeo Enzo‎

‎Diari a confronto. Anna Frank, Etty Hillesum‎

‎br.‎

‎Il nocciolo della questione: Graham Greene. Catalogo della mostra (2005)‎

‎ill., br. «La vita non è così. La vita non è né nobile né dignitosa, nemmeno la vita latinoamericana. Nulla è ineluttabile. La vita offre sorprese. La vita è assurda. Proprio perché è assurda, c'è sempre speranza». In questa frase tratta da «Il console onorario» è racchiuso il segreto della penna di Graham Greene: la lealtà nel catturare ogni aspetto anche contraddittorio della realtà e l'apertura da questo generata ad ogni possibile conseguenza, sino al più inatteso miracolo. L'itinerario proposto dà una chiave di lettura delle sue opere e soprattutto è un invito alla lettura personale delle stesse: storie avvincenti, trame intricate e personaggi a tutto tondo che danno vita a romanzi "gialli", godibili e appassionanti, ma mai banali; letture brillanti, caratterizzate allo stesso tempo da una profonda ricchezza di contenuti. Un'ampia sezione introduce al continuo e fitto rapporto che lo scrittore Greene ebbe col cinema, sia come critico che come sceneggiatore. Le immagini della fotografa milanese Marta Carenzi accompagnano e guidano questo sguardo sull'opera greeniana. Catalogo della mostra organizzata in occasione della XXVI edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli (Rimini)‎

‎Chierici S. (cur.)‎

‎Budapest 1956. Antologia di documenti‎

‎br. Il 23 ottobre 1956 una dimostrazione di studenti e operai nel centro di Budapest dava inizio a una rivolta popolare contro la politica repressiva del governo filosovietico. Nel breve arco di due settimane la rivoluzione fu stroncata con l'intervento dell'esercito russo. Questa antologia di documenti attraverso i comunicati delle radio, testi poetici, gli interventi del cardinale Mindszenty e di Pio XII, il dibattito all'interno della sinistra italiana e la voce decisa della Chiesa, ci fa rivivere in presa diretta il dramma che si consumò in Ungheria. A distanza di cinquant'anni il grido di amore alla libertà del popolo ungherese conserva piena attualità. Antologia di documenti realizzata in occasione della mostra Budapest 1956. La rivoluzione. Reportage fotografico di Erich Lessing, presentata alla XXVII edizione del Meeting di Rimini.‎

‎D'Ambrosio Gianfranco; Leonardi Enrico; Perego Sara‎

‎Educare con il Piccolo Principe. Ediz. illustrata‎

‎ill., br. Il Piccolo Principe si deve leggere almeno su due piani. Uno è il piano del racconto. A prima vista potrebbe essere confuso con una fiaba, ma fatti e personaggi assumono continuamente valori simbolici che chiedono di capire qualcosa di più della realtà. La dedica al grande amico Leone Werth stabilisce fin dall'inizio il tema generale dell'opera: i grandi non sono più capaci di vera conoscenza, ma l'amico sì; per questo Leone può capire tutto, anche i libri per bambini. E può capire che il grande segreto della vita è l'amicizia, uno dei modi privilegiati per dire amore. Questo commento, frutto di un lavoro didattico pluriennale coordinato da "La Traccia" di Calcinate e svolto in diverse scuole statali e non statali, intende guidare giovani e adulti a penetrare dentro la ricca simbologia del Piccolo Principe, perché possa «sbocciare il cuore degli uomini».‎

‎Filippetti Roberto‎

‎Van Gogh. Un grande fuoco nel cuore. Ediz. illustrata‎

‎ill., br. 31 capolavori di Van Gogh accostati a citazioni folgoranti nelle quali emerge tutto il suo dramma, quel fuoco nel cuore che della vita di Van Gogh è il tratto dominante. Con i colori Van Gogh ha cantato un esultante inno di lode alla bellezza del reale, "come l'allodola che non può fare a meno di cantare", entro l'autocoscienza drammatica dell'uomo vero, che si riconosce tutto mancante, mendicante l'aiuto fraterno, proteso verso l'infinito. E anche dentro l'umiliazione per la riconosciuta precarietà della propria salute mentale.‎

‎Filippetti Roberto‎

‎L'io spezzato e la domanda di assoluto. Percorso di letteratura italiana ed europea dell'Ottocento e Novecento. Vol. 1: L'Ottocento‎

‎br. Foscolo, Leopardi, Manzoni, Verga e Carducci, Baudelaire e gli Scapigliati, D'Annunzio e Wilde, Pascoli, Pirandello, Ungaretti, Montale, Pavese e Calvino: insomma, tutto il "canone" dell'Ottocento e del Novecento. Uomini che hanno conosciuto e attraversato la frantumazione dell'io, ovvero il dramma dell'umanesimo ateo. Quasi tutti hanno dato voce alla domanda di assoluto, in pagine celebri e più spesso in pagine sconosciute che Filippetti ha scovato e che qui propone e commenta. Quasi tutti prima o poi hanno fatto i conti con l'ipotesi della rivelazione cristiana. Con non poche sorprese.‎

‎Filippetti Roberto‎

‎L'io spezzato e la domanda di assoluto. Percorso di letteratura italiana ed europea dell'Ottocento e Novecento. Vol. 2: Il Novecento‎

‎br. «Dio non crea una brama o una speranza senza aver pronta una realtà che le esaudisca. La nostra brama è la nostra certezza, e beati siano i nostalgici, perché torneranno a casa» (K. Blixen). Tre sono i fili dell'ordito che cuce in profondità l'approccio di Filippetti ad autori e testi. Primo: l'autocoscienza divisa e mutilata di un io sradicato, déraciné, in balia del dualismo terra-cielo, noia-ideale, carnalità-spiritualismo etereo. Se l'io pirandellianamente si frantuma in centomila aspetti, non ne rimane niente. La perdita del centro di cui parla Hans Sedlmayr è anche perdita del volto, dell'identità. Secondo: lo struggimento esistenziale, ovvero la domanda di assoluto, e l'evidenza che il dato reale è segno che rimanda più in là, più su, oltre: è analogia. Quale stupore quando questo sguardo sulla realtà viene a galla, come un fiume carsico, in brani di autori che la critica ha mummificato entro lo schema del calcinato nichilismo! Terzo: i fatti e gli incontri che inducono autori agnostici o atei a fare i conti con l'esperienza cristiana, entro quel più grande alveo che Northrop Frye ha chiamato il grande codice: l'immaginario biblico. E, di nuovo, non mancheranno le sorprese...‎

‎Kasatkina Tat'jana‎

‎Christ lives in you. Dostoyevsky. The image of the world and of man: icons and paintings‎

‎ill., br. Dostoevskij considerava il processo creativo come creazione di immagini: è questa l'interpretazione di Tat'jana Kasatkina - tra i massimi esperti mondiali dello scrittore russo - destinata a cambiare la lettura della sua opera. Dietro ai testi di Dostoevskij c'è un mondo fatto di immagini che celano (e svelano) il volto eterno che si ritrova sotto il sembiante della realtà attuale: "Dobbiamo solo imparare a non arrestare il nostro sguardo alla superficie e vedremo in ciò che ci circonda lo splendore del paradiso. È a questo che ci introduce la grande arte cristiana ed è in questo che Dostoevskij ci è maestro". Nel volume, oltre alle citazioni di Dostoevskij che mostrano come usa le immagini nei suoi romanzi, troviamo quadri dell'arte occidentale e icone russe che ne commentano il significato. Sono opere che Dostoevskij ha visto, che l'hanno ispirato e che, in un certo senso, lui stesso ha raffigurato testualmente. Scrive Julián Carrón nella prefazione: "Tanti hanno letto Dostoevskij, ma Tat'jana ci conduce a scoprirlo a un livello di profondità che prima ci sfuggiva. Era tutto lì, nei suoi testi, ma occorrevano degli occhi, uno sguardo in grado di riconoscerlo, di sorprenderlo".‎

‎Elisei Mario‎

‎Il mio amico Leopardi‎

‎ill., br. Questo volume è una guida alla poesia di Leopardi a partire dai luoghi che alcuni versi hanno reso immortali - il Colle dell'Infinito, la Torre del passero solitario, la Piazzuola del sabato del villaggio... - per verificare come in lui dal temporale nasca il desiderio dell'eterno, dal contingente l'anelito all'assoluto. Proprio questa tensione rese Leopardi "amico" di un giovane seminarista che a tredici anni imparò tutti i suoi canti, nei quali sentiva espressa la nostalgia della bellezza, profezia della Bellezza fatta carne.‎

‎Ferrari M. (cur.); Terravecchia G. P. (cur.)‎

‎Soggetto e realtà nella filosofia contemporanea. Cinque lezioni‎

‎br. Il Novecento è un secolo complesso: lo si può leggere come un'epoca di crisi, travagliato dal nichilismo, dal relativismo e dallo scetticismo disincantato, ma lo si può cogliere anche come un'epoca di grandi promesse, come un tempo in cui si aprono nuove prospettive e si affermano grandi personalità. Il volume esamina le questioni più drammatiche, come il nichilismo (C. Esposito), ma anche esplora i contributi più originali, come l'istanza fenomenologica (C. Di Martino) e il contributo pragmatista (G. Maddalena), senza trascurare i progressi dell'epistemologia (G. Formica). Tra i protagonisti del Novecento, il volume si sofferma su una figura di solito non molto studiata, Pavel Florenskij (L. Zak): si tratta di una scelta che, tra l'altro, intende mostrare che nel XX secolo spesso capita che anche le piste meno battute si rivelino presto di grande valore e fascino. Il testo si propone come un utile strumento per chiunque intenda entrare nell'affascinante complessità del Novecento filosofico.‎

‎Gandolfo M. (cur.)‎

‎Bisagno. La Resistenza di Aldo Gastaldi. Con DVD‎

‎brossura Dopo settant'anni il nome di Aldo Gastaldi (Genova 17 settembre 1921 - Desenzano del Garda 21 maggio 1945) continua a risuonare nella memoria di chi ha preso parte alla lotta di liberazione. Sottotenente del XV Reggimento Genio, a pochi giorni dall'armistizio sale in montagna e nel giro di pochi mesi, con il nome di "Bisagno", diventa il comandante più amato della resistenza in Liguria. Gastaldi interpreta il ruolo non come potere, ma come servizio: è il primo ad esporsi ai pericoli e l'ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Si conquista così l'amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile. Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, si oppone con decisione ad ogni tentativo di politicizzazione della resistenza. È ricordato come "primo partigiano d'Italia". La sua statura umana e cristiana ha segnato la vita di molti compagni.‎

‎Bucci Francesco‎

‎Eugenio Scalfari. L'intellettuale dilettante‎

‎ril.‎

‎Nietzsche Friedrich‎

‎Così parlò Zarathustra. Ediz. integrale‎

‎ril. Opera filosofica e poetica composta tra il 1883 e il 1885. In quest'opera le idee del "superuomo" e dell'"eterno ritorno" raggiungono una forma compiuta. Dopo dieci anni di solitudine Zarathustra sente il bisogno di donare agli uomini la sua sapienza, ma il popolo distratto ride delle sue parole. Dovrà così cercarsi dei discepoli cui indirizzare i suoi discorsi. Tema dei discorsi è la ribellione alla cultura e alla morale dominanti e la visione della vita come forza indomabile e della volontà come strumento di affermazione. Agli elementi polemici sono inframmezzati brani poetici (canti e canzoni) di grande bellezza. Molteplici le fonti stilistiche, la Bibbia, le poesie di Goethe, la prosa di Lutero, gli aforismi dei moralisti francesi. Introduzione di Ferruccio Masini.‎

‎Nietzsche Friedrich‎

‎Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi. Ediz. integrale‎

‎ril. "Dedicato alla memoria di Voltaire nell'anniversario della sua morte avvenuta il 30 maggio 1778" volle scrivere Nietzsche sul frontespizio della prima edizione di "Umano, troppo umano", quasi a sottolineare il carattere "illuministico" di questa sua opera. Scritto tra il 1876 e il 1879, il libro, nella sua forma definitiva, comprende due volumi, nel secondo dei quali Nietzsche raccolse "Opinioni e detti diversi" e "Il viandante e la sua ombra", già pubblicati separatamente. Circola in quest'opera, che rifiuta la tentazione metafisica e le sue cristallizzazioni dogmatiche di un conoscere separato dalla vita, una sorta di sottile e spregiudicata ebbrezza intellettuale che cattura il lettore per la ritmica felicità espressiva, perfettamente aderente al gusto della conquista interiore. Introduzione di Giovanni Maria Bertin.‎

‎Nietzsche Friedrich‎

‎L'anticristo-Crepuscolo degli idoli-Ecce homo‎

‎ril. Dopo "Al di là del bene e del male" il filosofo tedesco si propose di scrivere un'opera che racchiudesse gli sviluppi del suo pensiero sul tema della volontà di potenza. Da questo progetto nacquero, tra il settembre e il novembre del 1888, "Crepuscolo degli idoli" e "L'Anticristo". Nel dicembre di quello stesso anno scrisse "Ecce homo". "Pensare è rompere, cominciare a rompere, con la vecchia ossessione, filosofica quanto cristiana, dello scopo, del fine. È cercare di trasgredire il momento della conclusione, la necessità pretesa del termine, della compiutezza, del sistema". (Jean-Michel Rey)‎

‎Petrignani Sandra‎

‎La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg‎

‎ill., br. Dalla nascita palermitana alla formazione torinese, fino al definitivo trasferimento a Roma, Sandra Petrignani ripercorre la vita di una grande protagonista del panorama culturale italiano. Ne segue le tracce visitando le case che abitò, da quella siciliana di nascita alla torinese di via Pallamaglio - la casa di "Lessico famigliare" - all'appartamento dell'esilio a quello romano in Campo Marzio, di fronte alle finestre di Italo Calvino. Incontra diversi testimoni, in alcuni casi ormai centenari, della sua avventura umana, letteraria, politica, e ne rilegge sistematicamente l'opera fin dai primi esercizi infantili. Un lavoro di studio e ricerca che restituisce una scrittrice complessa e per certi aspetti sconosciuta, cristallizzata com'è sempre stata nelle pagine autobiografiche, ma reticenti, dei suoi libri più famosi. Accanto a Natalia - così la chiamavano tutti, semplicemente per nome - si muovono prestigiosi intellettuali che furono suoi amici e compagni di lavoro: Calvino appunto, Giulio Einaudi e Cesare Pavese, Elsa Morante e Alberto Moravia, Adriano Olivetti e Cesare Garboli, Carlo Levi e Lalla Romano e tanti altri. Perché la Ginzburg non è solo l'autrice di un libro-mito o la voce - corsara quanto quella di Pasolini - di tanti appassionati articoli che facevano opinione e suscitavano furibonde polemiche. Narratrice, saggista, commediografa, infine parlamentare, Natalia è una "costellazione" e la sua vicenda s'intreccia alla storia del nostro paese (dalla grande Torino antifascista dove quasi per caso, in un sottotetto, nacque la casa editrice Einaudi, fino al progressivo sgretolarsi dei valori resistenziali e della sinistra). Un destino romanzesco e appassionante il suo: unica donna in un universo maschile a condividere un potere editoriale e culturale che in Italia escludeva completamente la parte femminile. E donna vulnerabile, e innamorata di uomini problematici. A cominciare dai due mariti: l'eroe e cofondatore della Einaudi, Leone Ginzburg, che sacrificò la vita per la patria, lasciandola vedova con tre figli in una Roma ancora invasa dai tedeschi, e l'affascinante, spiritoso anglista e melomane Gabriele Baldini che la traghettò verso una brillante mondanità: uomini fuori dall'ordinario ai quali ha dedicato nei suoi libri indimenticabili ritratti.‎

‎Pecora Elio‎

‎Il libro degli amici‎

‎br. Il folto gruppo di prosatori e di poeti che abitano le pagine di questo libro - da Elsa Morante ad Amelia Rosselli, da Aldo Palazzeschi ad Alberto Moravia, da Paola Masino a Paolo Volponi, da Dario Bellezza a Rodolfo Wilcock, e tanti altri fra musicisti, pittori, attori, registi, galleristi - sono gli amici di cui l'autore, fra amabile e ironico, fra malinconico e divertito, racconta le giornate e gli incontri. Fanno parte di una società che include e accoglie i «chiamati» e gli «eletti», la cui singolarità consiste soprattutto nella certezza di un'appartenenza difficile, ma instancabilmente cercata. Fra loro hanno la meglio la confidenza e gli umori, la reciproca attenzione e la non infrequente spietatezza. E non s'aggirano sulle terrazze romane inventate dal cinema e suggerite dalle cronache, ma nel recinto della familiarità e degli affetti. Siamo negli anni che vanno dalla metà dei Sessanta alla fine degli Ottanta, quando Roma va esaurendo gli entusiasmi succeduti alla Ricostruzione e resistiti alla Prima Repubblica. Sono gli anni in cui la città pullula di cinema d'essai e di teatri d'avanguardia, di librerie affollate e dove, nelle strade e nelle piazze del Centro, ancora è dato godere di vasti silenzi e di straordinarie apparizioni: De Chirico sulla porta del Caffè Greco, i Torlonia a cavallo che scendono da Villa Borghese, Fellini che traversa piazza di Spagna, Ingrid Bergmann che scivola via sui lunghi piedi. Non è assente in queste pagine il dolore: la morte di Pasolini, più tardi il suicidio della Rosselli, e un'altra Roma annientata dal rumore, ammutita da un'incompresa estraneità. Non la nostalgia né l'elogio muovono la narrazione, piuttosto il bisogno di consegnare di quel tempo ormai remoto una ancora viva memoria.‎

‎D'Ormesson Jean‎

‎Malgrado tutto, direi che questa vita è stata bella‎

‎br. Si può ricostruire la propria vita come se si trattasse di un processo il cui giudice altri non è che il proprio Super-Io? In un serrato, folle e avvincente dialogo con se stesso Jean d'Ormesson ripercorre le tappe salienti della sua esistenza, iniziata tra la fine della Prima guerra mondiale e la grande crisi. Incalzato da un Super-Io severo, benevolo e a tratti spietatamente ironico, d'Ormesson parla dei primi viaggi al seguito del padre diplomatico: inizialmente in Baviera, dove impara a parlare tedesco prima di parlare francese, poi in Romania e in Brasile, fino al rientro in Francia nel castello di famiglia. Casato appartenente alla casta irrequieta e orgogliosa della nobiltà di toga, i d'Ormesson danno poca importanza al denaro, ma questo non impedisce al piccolo Jean di crescere circondato da autisti, cuochi, maggiordomi e cameriere, perché vi sono pur sempre gli obblighi imposti dal rango sociale. Il lignaggio impone un codice di comportamento al quale è fuori questione non sottomettersi: si indossa lo smoking, la marsina, il frac e il cappello a cilindro; sono rigorosamente bandite espressioni come «caspita!», «piacere di rivederla», «buon appetito!» o «buon proseguimento», mentre «dopo cena» è preferibile a «le ventidue», riservata ai ferrovieri. Tra governanti inflessibili che lo sculacciano con la spazzola per capelli, autisti che lo scorrazzano per boschi e sagre di paese e zii che gli trasmettono l'amore per la letteratura, Jean cresce come un grande sognatore e un instancabile lettore che legge tutto quello che gli capita tra le mani: i manifesti sui muri, le ricette dei medici, i volantini per strada, da bambino, e Oscar Wilde e Bergson da ragazzo. Pur riconoscendo di essere nato con una camicia di finissima seta, circondato di privilegi, d'Ormesson è però, soprattutto, figlio del suo tempo, un tempo dominato dal nazionalsocialismo di Hitler e da una guerra che, con i suoi campi di concentramento, i bombardamenti a tappeto, il nucleare, le bugie e i delitti diventa pane quotidiano di una realtà a cui è impossibile sfuggire. Con una prosa ironica, ammiccante e fantasiosa, Jean d'Ormesson si svela al lettore attraverso un resoconto autentico e appassionante della sua vita. Un resoconto in cui i ricordi, i rimpianti e i sogni mai realizzati di un grande scrittore si fondono insieme senza nostalgia né patetismi, per offrire il ritratto a tutto tondo di un secolo e di un'intera nazione.‎

‎Yalom Irvin D.‎

‎Diventare se stessi‎

‎br. Nel pantheon degli scrittori di Irvin Yalom, un posto di primo piano spetta a Charles Dickens, alle cui opere gli capita spesso di ritornare. Rileggendo di recente Storia di due città dello scrittore inglese, l'autore delle Lacrime di Nietzsche si è imbattuto in una frase che costituisce un perfetto esergo di questo libro: «Poiché, quanto più m'avvicino alla fine, viaggio come in circolo e m'avvicino sempre più al principio. Mi pare che la via si spiani e si faccia più agevole. Il mio cuore è adesso commosso da molte memorie che a lungo erano rimaste sopite...». Sorte dalla commozione dei ricordi che, inesorabili, riaffiorano quando lo scorrere del tempo spinge a riconsiderare la propria storia e il proprio passato, le pagine che seguono spianano per il lettore la via più agevole per accostarsi alla vita e all'opera di Irvin Yalom. Dall'arrivo a Ellis Island dei suoi genitori, ebrei emigrati dalla Russia in America senza un soldo, senza un'istruzione, senza sapere una parola d'inglese, all'infanzia trascorsa a scansare gli ubriachi che dormivano nell'atrio di casa, tra scarafaggi e ratti; dalla prima adolescenza vissuta in solitudine, sempre fuori posto, unico bambino bianco in un quartiere abitato da neri, unico ebreo in un mondo di cristiani («ebreuccio» lo chiamava il barbiere dalla faccia paonazza), all'incontro a soli quindici anni con Marilyn, destinata a diventare moglie, mentore e poi inseparabile compagna di vita che troverà «spassoso» il suo essere esperto nella terapia di gruppo; dalla memorabile conversazione avuta a vent'anni con suo padre, segnata dalla domanda: «Dopo la Shoah, com'è possibile che chiunque creda in Dio?», alla decisione di diventare medico, passando dagli anni travagliati dell'università fino al praticantato in psichiatria e alla scoperta della propria autentica vocazione, Yalom non tralascia alcun aspetto del lungo cammino che lo ha condotto a diventare uno dei più affermati psichiatri e autori del nostro tempo, mostrando, ad un tempo, come il compito ineludibile di diventare se stessi sia ciò che caratterizza la nostra esistenza.‎

‎Ghelli M. L. (cur.); Cevolani C. (cur.)‎

‎Carteggio Pascoli-De Bosis. Carteggio Pascoli-Bianchi‎

‎ril.‎

‎Florembii F. (cur.)‎

‎Alfredo Caselli, Giovanni Pascoli. Carteggio (1912-1920)‎

‎ril.‎

‎Florimbii F. (cur.)‎

‎Carteggio Pascoli-Caselli (1898-1912)‎

‎br.‎

‎Mengaldo Pier Vincenzo‎

‎Saggi pascoliani‎

‎br.‎

‎Budriesi Laura‎

‎Michel Leiris sui palcoscenici della possessione. Etiopia e Haiti. Scritti 1930 - 1983‎

‎br. L'opera è una raccolta esaustiva dei lavori di Michel Leiris sui culti zar in Etiopia (dagli anni Trenta agli anni Settanta) e sul vodu haitiano (degli anni Cinquanta), tradotti e commentati dall'autrice. Da questi lavori (poco conosciuti, soprattutto in Italia) e dai saggi più ampi e noti, l'Africa fantasma, del 1934, e La possessione e i suoi aspetti teatrali presso gli Etiopi di Gondar, del 1958, prende le mosse questa opera, che, seguendo un percorso cronologico, intende inserire la pionieristica lettura teatrale della possessione da parte di Michel Leiris (che ebbe quale privilegiato interlocutore Alfred Métraux), nel dipanarsi della sua complessiva ricerca di senso. Il teatro della possessione, costituì, infatti, un terreno fertilissimo su cui crebbe, intrecciandosi, la produzione dell'etnologo e quella del letterato/autobiografo e del poeta. La forza della scrittura di Leiris è nella sua mancanza di autorevolezza, nel suo distacco, nella sua voluta frammentaria soggettività, nello spaesamento, in qualche modo ricercato.‎

‎Partire partirò, partir bisogna. Firenze e la Toscana nelle campagne napoleoniche 1793-1815‎

‎ill., ril. In occasione del 200° anniversario dell'annessione della Toscana all'impero napoleonico, viene proposto un approfondimento su alcuni aspetti poco conosciuti della storia toscana in generale e della storia di Firenze in particolare, quali la partecipazione dei toscani nell'ambito delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche. Il periodo preso in esame si sviluppa per quasi venti anni, dei quali solo sette saranno quelli di effettiva annessione alla Francia. Tale periodo, se pur breve, rappresenta un momento molto significativo per la formazione della coscienza nazionale italiana. Infatti, per la prima volta dopo molti secoli, tutti gli italiani, se pur riuniti in 3 diverse realtà politiche, adottano le stesse leggi e combattono sotto una direzione unitaria. Nasce in questi anni il tricolore italiano, repubblicano prima e reale poi. Nasce il concetto di esercito nazionale con leva con coscrizione obbligatoria. Nasce l'idea di una Nazione Italiana. Nel volume gli autori affrontano in modo organico le vicende caratterizzanti questo periodo dalla situazione internazionale agli avvenimenti di Firenze e della Toscana, oltre che dei reggimenti reclutati nella regione, per arrivare poi all'analisi delle vicende personali di alcuni dei protagonisti, rintracciate tra i documenti d'archivio.‎

‎Giannini Stefano‎

‎La musa sotto i portici. Caffè e provincia nella narrativa di Piero Chiara e Lucio Mastronardi‎

‎br. Lo studio delle opere di Piero Chiara (1913-1986) e Lucio Mastronardi (1930-1979) parte dall'esame di un topos della cultura novecentesca italiana: il caffè, ma non il caffè letterario, bensì quello della quotidianità, in particolare quello della provincia italiana a cavallo del secolo scorso. Quel caffè, così centrale nei loro scritti, è per Chiara e Mastronardi zona franca, spazio di crescita democratica e palestra retorica in cui gli avventori hanno la possibilità e tentano di guadagnare preminenza e rispetto, contando sulla loro volontà ed intelligenza. Protagonista dei romanzi e racconti di Chiara e Mastronardi, il caffè diventa mezzo privilegiato per entrare nelle officine letterarie dei due scrittori. Le avventure nei caffè della provincia lombarda raccontate da Chiara e Mastronardi mostrano la ricchezza narrativa che una solo apparentemente povera provincia, se osservata con intelligenza e passione, riesce a consegnare al lettore, esaltando la dimensione di reale di quello spazio che Ortega y Gasset riteneva il più adatto per la letteratura. Aldilà delle differenze stilistiche tra Chiara e Mastronardi, ciò che colpisce nell'esame delle loro opere è l'importanza che entrambi attribuiscono al raccontare, non solo come bisogno personale ma come attività di valore etico.‎

‎Dei Enrico‎

‎Lorenzo Viani. Tra la Senna e le Apuane: l'apocalisse del segno. Ediz. illustrata‎

‎ill., br. A Dresda nel 1905 viene stilato il manifesto programmatico del gruppo Die Brüche (Il Ponte). Nello stesso anno Lorenzo Viani (1882-1936), espone al Regio Casinò di Viareggio, sua città natale, i primi lavori di timbro fattoriano e altri prevalentemente grafici, di atmosfera simbolista. Il suo personale espressionismo "intensivo", pur avendo l'aggressività primitiva e l'estrema convinzione anti-accademica, è ancora nella fase embrionale. L'artista si formerà come espressionista sulle rive della Senna, con uno stile contraddistinto dalla propria emotività anarcoide. Importanti, anzi determinanti, saranno gli incontri con le opere di Vincent van Gogh e la pittura dei Fauves. Al rientro in Italia il suo percorso si pone nei binari dell'avanguardia: la sua produzione entra di diritto tra le più significative del primo Novecento non solo italiano ma europeo.‎

‎Cagianelli Francesca‎

‎Francesco Gioli. Un campione di eleganza spontanea. Ediz. illustrata‎

‎ill., br. Dalle sale dell'Accademia di Belle Arti di Pisa e quindi di Firenze, fino al Salon di Parigi del 1875 e del 1878, Francesco Gioli arricchisce l'originaria matrice purista con gli aneliti del naturalismo europeo e dell'impressionismo. Costantemente critico nei riguardi di qualsiasi novità tecnica l'artista segue un proprio personale e moderato percorso di aggiornamento stilistico che lo conduce sullo scorcio dell'Ottocento alle soglie del divisionismo e del simbolismo. Nel corso del Novecento, lungi dal ristagnare nell'orbita del macchiaiolismo, Gioli saprà farsi interprete di un rinnovato linguaggio di eleganza disegnativa e grazia cromatica, con cui affrontare le consuete tematiche della figura e del paesaggio, stavolta nell'ottica di una più vibrante poesia.‎

‎Ciampi Paolo‎

‎I due viaggiatori. Alla scoperta del mondo con Odoardo Beccari ed Emilio Salgari‎

‎br. C'è Odoardo, l'uomo che abbraccia il mondo con la sua irrequietezza, con la sua voglia di conoscere popoli e continenti, di toccare con mano. Il battito di ali di una farfalla sconosciuta vale più di una cattedra universitaria. Dategli una foresta vergine e si sentirà al settimo cielo. La sua giovinezza è tutta qui. E c'è Emilio, l'uomo che se ne rimane a casa, però è attratto da tutto quanto è remoto, sconosciuto, diverso. Un nome che profuma di esotico è quanto basta per giocare con i sogni. E lui no, ma i suoi personaggi attraversano tutti i continenti, si muovono per spirito di avventura, di scommessa, di sfida. Odoardo Beccari ed Emilio Salgari. L'esploratore e lo scrittore. Lo scienziato e l'inventore di storie. L'uomo che ha toccato il mondo con mano e l'ufficiale di marina mancato. Così diversi, ma anche così simili. Il viaggiatore in carne e ossa, che calpesta il mondo con i suoi piedi. Il viaggiatore della fantasia, per cui l'avventura non presuppone uno spazio fisico, ma solo gli orizzonti che la mente può scorgere. I due modi di viaggiare. E chissà chi è andato più lontano.‎

‎Ciappi Silvio; Ricci Francesco‎

‎Anime nude. Finzioni e interpretazioni intorno a 10 poeti del Novecento. Cvetaeva, Apollinaire, Wilcock, Kavafis, Achmatova, Borges, Hardy, Brodskij, Hikmet, Rilke‎

‎ill., br. Dieci poeti, dieci poesie, dieci racconti. E altrettante incursioni nella storia letteraria del secolo scorso. Per ognuna delle grandi figure trattate, da Marina Cvetaeva fino a Rainer Maria Rilke, Silvio Ciappi presenta un racconto di fantasia, a cui fa da contrappunto un commento letterario, tracciato da Francesco Ricci, che è anche un profilo biografico del poeta, in cui un singolo componimento è la scintilla che accende un gioco di rimandi e citazioni. Tra realtà e finzione, tra poesia e psicologia, dieci originali percorsi dove il legame tra vita, vissuto e scrittura è la via maestra di accesso per comprendere l'opera artistica dei grandi del Novecento.‎

‎De Simone Anna‎

‎Case di poeti‎

‎ill., br. La pacifica bellezza della residenza di Giovanni Pascoli, immersa nel verde di Castelvecchio di Barga. Il giardino di Fuente Valqueros, con le sue duecento varietà di rose, dove passeggiava Federico García Lorca. Il fiabesco Vittoriale degli italiani, fastoso come una reggia, monumento innalzato all'arte e a se stesso da Gabriele d'Annunzio. Le abitazioni dei poeti, sontuose o modeste, raccontano molte cose su chi le ha abitate. Il volume di Anna De Simone è una ricerca attraverso il tempo e lo spazio, tra le pareti di più di sessanta dimore appartenute ai grandi del Novecento, un viaggio per fotografie, versi e commenti nella vita privata di personalità come Leopardi, Borges, Montale o Kavafis. I luoghi reali diventano luoghi dell'anima e viceversa, offrendo scenari ogni volta inediti su situazioni, vicende interiori e brandelli di storie perdute. Facendoci entrare, a ogni visita, in un dedalo di amicizie, affetti, desideri, rimorsi, inquietudini, angosce, presenze e assenze, saldi e riscontri, esperienze perdute e recuperate.‎

‎Gualtieri di San Lazzaro; Nicoletti L. P. (cur.)‎

‎Modigliani. Ritratti‎

‎ill., br. Breve ritratto di Modigliani, il testo di Gualtieri di San Lazzaro unisce vita e arte, ricordando il pittore di Livorno tramite i racconti degli amici che più gli sono stati vicini, che l'autore ha conosciuto dopo la morte dell'artista. Entrambi italiani di Parigi, Gualtieri di San Lazzaro e Amedeo Modigliani non si sono mai incontrati: la prima volta che il futuro editore e scrittore mette piede nella Ville Lumière, appena ventenne, nel 1924, il pittore di Livorno è già morto da quattro anni. Eppure, ricorderà San Lazzaro molto più tardi, ogni cosa, a Montmartre e a Montparnasse, gli parlava del leggendario Modì. Il giovane catanese, appena arrivato da Roma, poi, era italiano come il pittore: il requisito migliore per recitare la parte del "cugino" in cerca di opere del parente scomparso. San Lazzaro era allora un giovane con forti ambizioni letterarie, che sogna un futuro da scrittore e che, complice Parigi, vedrà mutare il proprio destino grazie a Leopold Zborowsky, il mercante polacco del pittore livornese. Ma soprattutto, per chi come San Lazzaro veniva dalla penisola, in cui si profilavano gli albori del regime fascista, non solo Modigliani incarnava la via al moderno.‎

‎Baldinotti Fiorella‎

‎Di quei giorni mi ricorderò sempre. Desideri e lontananze in Cesare Pavese‎

‎ill., br. Più che interpretare l'opera di Pavese o ricostruirne il percorso, il saggio si concentra sulla rievocazione leggera e accennata delle immagini più frequenti e importanti della sua poetica, immagini che acquistano un valore paradigmatico e che rappresentano l'universalità della sofferenza di tutti noi che viviamo scissi tra l'essere e il dover essere, tra il desiderio e la rinuncia, tra i ricordi e le attese. I sogni dell'adolescenza, gli amici di una vita, la figura del professore, il conforto della preghiera, l'orizzonte del mare, lo sguardo della luna, la voce della donna amata e il suono del suo nome, il sangue della guerra, la vita. Pavese è stato più coraggioso di noi e di tanti altri, ha chiarito a se stesso il nodo dell'esistenza: accadono fatti ed eventi, sussistono elementi originari che comprendono e determinano tutte le esperienze successive, ma la conoscenza e la consapevolezza del tutto è sempre successiva alla perdita e allo smarrimento dell'oggetto amato. L'inconoscibilità e l'irraggiungibilità dell'essere si traduce allora in un'eterna condanna: vivere di desideri e morire di lontananze.‎

‎Ciuffoletti Zeffiro‎

‎Tre storie, una storia. Italia, Europa, mondo‎

‎br. "È tempo di tornare a pensare e discutere le vicende dell'Italia repubblicana alla luce dei venticinque anni trascorsi dalla conclusione di quella che, giornalisticamente e poi anche storiograficamente, si è stabilito di chiamare "Prima repubblica". Un autentico vaso di Pandora si è aperto tra il 1992 e il 1994, un periodo di intensità travolgente, che si inscrive di diritto nella storia del nostro Stato-nazione quale passaggio epocale, di drammatica e profonda cesura, analogo al più noto "biennio rosso" (1919- 1921) per la dirompenza dei suoi effetti sulla tenuta dell'intero sistema politico-istituzionale. Molti mali sono fuoriusciti dalla rottura di quel vaso. Beninteso, mali in gran parte nati e cresciuti nel ventre di quello stesso sistema politico sorto nel secondo dopoguerra. A venticinque anni di distanza da un tale spartiacque della nostra storia nazionale resta il dubbio se a quei mali siano stati posti rimedi adeguati, oppure se si sia al danno aggiunta pure la beffa." (dall'introduzione di Danilo Breschi)‎

‎Rampello Liliana‎

‎Il canto del mondo reale. Virginia Woolf. La vita nella scrittura‎

‎br. Virginia Woolf (1882-1941) è diventata nel corso del secolo una vera e propria icona in tutto il mondo. La sua leggenda, intrecciata a quella dell'eccentrico gruppo di Bloomsbury, è stata spesso interpretata a partire dal suicidio, un ultimo gesto che finisce per oscurare la vitalità delle sue opere. Il contributo critico di Liliana Rampello capovolge tutte le interpretazioni fin qui consolidate, rendendo esplicita una ricerca esistenziale che si può ritenere uno degli esempi più riusciti di pensiero poetico fondato sull'amore per la vita. Rileggendo l'intera opera di Virginia Woolf l'autrice si rivolge non solo agli studiosi ma soprattutto a tutti i lettori della scrittrice. Liliana Rampello insegna Estetica all'Università di Bologna.‎

‎Le Clézio Jean-Marie Gustave‎

‎Diego e Frida. Un amore assoluto e impossibile sullo sfondo del Messico rivoluzionario‎

‎br. Quando nel 1929 la giovane pittrice messicana Frida Kahlo annuncia le sue nozze con Diego Rivera, nessuno accetta il matrimonio tra questa ragazza vivace ma di salute precaria e il genio dei muralisti messicani che ha il doppio dei suoi anni, il triplo del suo peso e una reputazione di orco e seduttore. Il loro passato travagliato, il loro incontro, la fede nella rivoluzione, il viaggio in America e il fascino inaspettato del capitalista Henry Ford, i rapporti con Breton e Trotskij sono raccontati in queste pagine, in cui lo stile del grande romanziere francese fa rivivere due icone del Novecento. Quella di Diego e Frida è una storia d'amore fuori dall'ordinario, attraversata da tradimenti e fughe, vivida e intensa come i colori della loro pittura.‎

‎Del Boca Lorenzo‎

‎Il maledetto libro di storia che la tua scuola non ti farebbe mai leggere‎

‎br. Ricordare è faticoso, meglio non sapere: sembra questa la regola aurea di tanta storiografia ufficiale. Lorenzo Del Boca fa l'esatto contrario. Vuole ricordare tutto: anche i lati oscuri su cui si è sempre preferito tacere. «Il maledetto libro» è innanzitutto questo: uno sconvolgente viaggio nel tempo attraverso due secoli di bugie sfacciate e vergogne nascoste, animato dal desiderio di rendere giustizia alla storia. Anche a rischio di toccare i nervi scoperti della nostra identità nazionale. I Savoia furono sovrani illuminati o squallidi approfittatori? I garibaldini furono eroi senza macchia o un'accozzaglia di avventurieri mossi dalle più disparate motivazioni? L'unità d'Italia fu il sogno di un intero popolo o una frottola ideologica per camuffare la sete di conquista delle élite? Siamo certi che la lotta contro i banditi del Meridione non sia stata in realtà una feroce occupazione coloniale? E ancora: cosa descrivono i terribili diari dei soldati nelle trincee della Grande Guerra? Un'impresa gloriosa o una carneficina insensata, voluta da cinici politicanti e condotta da ufficiali codardi e incapaci? E il fascismo fu davvero, come in troppi ancora pensano, un regime autoritario ma di specchiata onestà? Dalla rilettura della nostra storia - quella non "taroccata" - emerge un sottile filo rosso che, in maniera contorta ma senza soluzione di continuità, si dipana dall'Italia di ieri per attorcigliarsi intorno a quella di oggi...‎

‎Dunant Henry; Cipolla C. (cur.); Vanni P. (cur.)‎

‎Un souvenir de Solferino‎

‎br. Vi sono dei libri, a volte anche dei piccoli libri, che entrano nella storia e quasi senza rendersene conto la cambiano, la fanno vedere da un'altra prospettiva e concepiscono nuove conquiste di civiltà. L'opera di Henry Dunant, presentata in una nuova e radicale edizione critica con il testo originale a fronte, è sicuramente uno di questi: Un Souvenir de Solférino è la pietra miliare della nascita della Croce Rossa Internazionale, ne è il seme fecondo e l'anima profonda. Un piccolo-grande classico del pensiero e dell'azione con una storia travagliata e complessa alle spalle. Il Souvenir narra la battaglia combattuta il 24 giugno 1859 fra l'esercito franco-sardo e quello austriaco e passata alla storia come battaglia di Solferino e San Martino. Dalle sue pagine emerge un drammatico appello all'umanità a favore della fratellanza, dei più deboli, dei feriti e dei morti che la società produce "volontariamente" con le proprie opzioni politiche. Sorta di manifesto, senza volerlo essere, dei malati, dei mutilati, degli ignoranti, dei moribondi, degli uccisi, degli scannati, lo scritto di Dunant è l'esaltazione della femminilità, in un contesto sociale in cui attribuire l'aggettivo femmineo a un evento o a un individuo equivaleva a bandirlo dalla convivenza civile.‎

‎Malusa Luciano‎

‎Antonio Rosmini per l'unità d'Italia. Tra aspirazione nazionale e fede cristiana‎

‎br. Nell'anno 2011 si ricorda il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia. Tra le persone che hanno operato al conseguimento di questo risultato dobbiamo annoverare anche il filosofo Antonio Rosmini-Serbati. Egli operò nel 1848-49 per alcune soluzioni politiche e diplomatiche le quali assicurassero agli Stati della Penisola la possibilità di unirsi in una Confederazione. Il realismo che dimostrò va apprezzato nella caotica situazione degli anni della "rivoluzione nazionale". Rosmini cercò di convincere papa Pio IX che la causa dell'unità d'Italia non era in contraddizione con il carattere spirituale dello Stato della Chiesa, e che la soluzione federale avrebbe favorito un lento disimpegno del Papato dal potere temporale, a vantaggio della missione di guida religiosa. L'esito della missione romana di Rosmini (raccontata da lui con efficacia nell'opera Della missione a Roma di Antonio Rosmini-Serbati negli anni 1848-49. Commentario, pubblicata integralmente nel 1998), non riuscì favorevole alle sue aspirazioni. Il fallimento del tentativo federale e il distacco del Papato dalla causa nazionale crearono per Rosmini una situazione di disagio, che si concretò nella condanna delle sue opere "riformistiche" sulla Chiesa, da parte della Congregazione dell'Indice. Il presente volume costituisce il primo contributo allo studio, documentato e circostanziato, di tutti gli aspetti dell'azione politica di Rosmini, nel generoso impegno per l'unità italiana.‎

‎Amoretti Maria Cristina‎

‎La mente fuori dal corpo. Prospettive esternaliste in relazione al mentale‎

‎br. Tra i filosofi c'è oggi largo consenso sul fatto che la mente non sia completamente indipendente dalla realtà fisica e che pertanto il tradizionale dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa sia una posizione da rifiutare. Se si ammette dunque che tra la mente e la realtà fisica si configura una relazione di dipendenza, sorge tuttavia il problema di definire a quali porzioni di tale realtà essa si estenda. Le nostre intuizioni di senso comune tenderebbero a suggerirci che la mente sia delimitata dai confini dell.individuo, che si trovi nella sua testa o comunque all'interno della sua pelle. Una simile apparente ovvietà, tuttavia, è stata recentemente messa in questione sia da filosofi sia da scienziati cognitivi e neuro-scienziati, secondo i quali la mente si estenderebbe, almeno in parte, fuori dal corpo. Questa ipotesi, indubbiamente assai affascinante e innovativa, è nota in genere come esternalismo in relazione al mentale. Il presente volume intende considerare seriamente tale proposta, analizzando le principali teorie contemporanee che cercano di declinarla in modi spesso assai diversi se non addirittura contrastanti.‎

‎Meriggi Maria Grazia‎

‎L'Internazionale degli operai. Le relazioni internazionali dei lavoratori in Europa fra la caduta della Comune e gli anni '30‎

‎brossura Questa ricerca si propone di rispondere a domande che riguardano i rapporti fra i lavoratori nei luoghi di lavoro, nel mercato del lavoro, nelle organizzazioni nazionali e internazionali e nelle migrazioni. Le tensioni che si sviluppano, da questo punto di vista, fra i lavoratori e i modi con cui gli attori politici le hanno utilizzate, possono essere così riassunte: il mercato del lavoro e le necessità organizzative impongono ai mondi del lavoro una tensione continua ai due poli opposti della quale stanno la xenofobia e l'internazionalismo. Fra questi due poli osserviamo comportamenti diversi, atteggiamenti contraddittori tutti ispirati, però, al tentativo di governare e non essere governati dalle "leggi" del mercato del lavoro. Il terminus a quo di questa ricerca è la crisi della Prima Internazionale, con la caduta della Comune di Parigi e il varo delle cosiddette "leggi contro l'Internazionale" in Europa. Il terminus ad quem sono i conflitti che, in Francia, hanno preparato il Fronte popolare del 1936. Un riferimento indispensabile è la crisi del '29. In mezzo si sviluppano le vicende dei lavoratori che si incontrano e si organizzano, cercando di fare della pluralità delle origini nazionali una risorsa e non un problema.‎

‎Spinosa A. (cur.)‎

‎Emilio Notte. Ediz. illustrata‎

‎ill., br. Il lungo percorso artistico di Emilio Notte, nato a Ceglie Messapica nel 1891 e a Napoli in giovanissima età, prende avvio da una fase simbolista a cui seguirà l'adesione al Futurismo (prima a Firenze e poi a Milano) e l'avvicinamento al Gruppo Novecento. Nel 1929 l'assegnazione della cattedra di decorazione all'Accademia di Napoli è uno snodo della sua vita: conquistando ascendente sui suoi allievi, diventa punto di riferimento imprescindibile nel panorama artistico della città. al contempo, nelle opere di quegli anni, esplora la dimensione psicologica dei personaggi che ritrae. Nell'ostilità dell'ambiente artistico partenopeo la sua attività si dispiega instancabile, virando, nell'ultima parte della sua vita, verso soluzioni più meditate e introspettive, anche grazie ai contatti continui con personaggi di spicco del mondo letterario, da Carlo Levi ad Eduardo De Filippo ed Eugenio Montale.‎

‎Causa Stefano‎

‎Caravaggio tra le camicie nere. La pittura napoletana dei tre secoli. Dalla mostra del 1938 alle grandi esposizioni del Novecento‎

‎ill., br. La pietra miliare della critica d'arte, della "rivoluzione copernicana" in materia di civiltà figurativa, nel mezzogiorno, riferita ai "secoli d'oro" della pittura napoletana. Napoli, Castel Nuovo, 1938: la generazione di studiosi che diventerà il motore della tutela del patrimonio e di una formazione accademica rigorosa e non convenzionale nel secondo dopoguerra propone alla ricerca e alla città, con sensibilità innovativa, la lunga stagione che conduce da Caravaggio, attraverso il Barocco, alla vedute illuministe e romantiche del Settecento e dell'Ottocento. un capitolo corposo dell'identità napoletana, destinato ad imprimere segni indelebili nei decenni del dopoguerra, fino al nuovo millennio, che svilupperanno, attraverso esposizioni monografiche e grandi affreschi trasversali, il tema delle metamorfosi culturali e civili della capitale del meridione, declino, rinnovamento, fragilità, potenzialità: è la trama del racconto di stefano causa, tra messaggi in codice a tre generazioni di addetti ai lavori e esplorazioni a tutto campo, provocazioni, interrogazioni al magma vulcanico della cultura d'occidente del ventesimo secolo che va in archivio.‎

‎Pop up! Arte contemporanea nello spazio urbano. Ediz. illustrata‎

‎ill., ril. Giunta nel 2010 alla sua terza edizione, Pop Up! è la manifestazione artistica che sta trasformando Ancona in un punto di riferimento, all'Italia e all'estero, per la street art. Un'esperienza unica al mondo di incontro tra gli spazi di una città e il linguaggio dell'arte contemporanea, che ha trasformato il volto di luoghi inconsueti come silos, pescherecci, magazzini del porto. I lavori di artisti di fama internazionale come Ericailcane, DEM, Blu scorrono nelle pagine di un libro che alterna grafica, fotografie e contributi autorevoli (tra gli altri Tristan Manco e Michele Trimarchi, docente di Economia di Bologna) per tracciare un bilancio provvisorio di un'esperienza che sta aprendo nuove prospettive e nuovi spazi nel tessuto cittadino.‎

‎Agnello Hornby Simonetta‎

‎Camera oscura‎

‎ril. Sappiamo tutti che Lewis Carroll amava i bambini ed era un grande affabulatore. Di mestiere professore di matematica alla Christ Church di Oxford, talvolta portava le figlie del preside Liddell a fare dei picnic. La piccola Alice Liddell era la sua preferita e per lei scrisse "Alice nel paese delle meraviglie". Il libro, si sa, fu uno strepitoso successo e Lewis Carroll fu sempre più attorniato dalle sue piccole ammiratrici, che lui, un pioniere della fotografia, amava ritrarre in costumi esotici, in tableaux vivants e, dal 1867, anche nude. Tutte le famiglie rimasero soddisfatte delle fotografie delle figlie ignude, fuorché una, che pose fine bruscamente alle sedute. In questo nuovo racconto, Simonetta Agnello Hornby narra la storia di questa amicizia interrotta attraverso gli occhi della bambina ormai cresciuta e della sua compagna Alice. Una collana dedicata ai racconti dell'arte. Storie inedite per scoprire curiosità e segreti dei grandi maestri dell'arte. Scritti da giornalisti, critici e storici dell'arte, musicisti e archivisti, questi racconti vogliono avvicinare un pubblico sempre più vasto al mondo dell'arte, alle sue curiosità e ai suoi segreti.‎

‎Rey X. (cur.); Cogeval G. (cur.)‎

‎Degas. Capolavori dal Musée D'Orsay. Ediz. illustrata‎

‎ill., ril. Edgar Degas è stato uno dei principali protagonisti della pittura francese della seconda metà dell'Ottocento. Pur condividendo gli ideali impressionisti, assunse tuttavia una posizione del tutto autonoma all'interno del movimento, affrontando differenti temi e padroneggiando le più svariate tecniche di realizzazione. Pubblicata in occasione dell'esposizione torinese, la monografia presenta una selezione di dipinti, disegni e sculture di Degas che ripercorrono l'intero arco artistico di questo grande maestro, che tanto profondamente ha segnato la pittura europea agli albori dell'età moderna. Grazie ai capolavori provenienti dalle raccolte del Musée d'Orsay (che vanta uno dei nuclei più rappresentativi dell'intera produzione dell'artista) è possibile immergersi nelle atmosfere parigine degli artisti, dei letterati, dei caffè e della musica o nei bellissimi, e poco conosciuti, paesaggi francesi. E poi i soggetti più popolari dell'opera del pittore francese: i cavalli (con il famosissimo Défilé), le ballerine, con opere che spaziano in tutte le tecniche (dall'olio al pastello, alla gouache) con capolavori quali Prove di balletto in scena, Arlecchino e Colombina, Fin d'arabesque, oltre a una raccolta di sculture in bronzo, tra le quali spicca la celeberrima Piccola danzatrice di quattordici anni, scultura alta circa un metro e abbigliata con un tessuto di tulle.‎

‎Cavallari Alberto‎

‎La fuga di Tolstoj‎

‎brossura La notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1910 Lev Nikolàevic Tolstoj è risvegliato da un fruscio nel suo studio: la moglie Sofia sta curiosando ancora una volta tra le sue carte. Stanco di una vita coniugale reciprocamente tormentata e di una famiglia inquinata da sospetti, gelosie e rivalità, all'età di ottantadue anni, decide di fuggire nottetempo, accompagnato dalla figlia Sasa e dal medico Makovickij. Alberto Cavallari ha ricostruito in questo racconto di straordinaria intensità i giorni della fuga di uno dei massimi scrittori occidentali ("una fuga dalla morte, una fuga - rivolta, una fuga - libertà") dalla tenuta di Jasnaja Poljana alla sperduta stazione di Astàpovo, dove Tolstoj morì il 7 novembre, sotto i riflettori del mondo intero.‎

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