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Croce Benedetto; Galasso G. (cur.)
La mia filosofia
br.
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Nietzsche Friedrich; Campioni G. (cur.); Gerratana F. (cur.)
Appunti filosofici (1867-1869)-Omero e la filologia classica
br. Questi testi appartengono al periodo anteriore alla Nascita della tragedia, situandosi così fra il servizio militare e l'ultimo inverno trascorso a Lipsia. Periodo decisivo per la formazione filosofica di Nietzsche. Particolarmente importanti sono i frammenti relativi ai progettati studi su Democrito e sulla "storia degli studi letterari". Infine nella prolusione di Basilea su Omero e la filologia classica Nietzsche vuol dare un esempio di come la ricerca filologica non sia condannata a un triste isolamento ma abbia il compito specifico di porsi problemi decisivi per la vita complessiva della scienza e della cultura.
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Canetti Elias
Il frutto del fuoco. Storia di una vita (1921-1931)
br. Questa seconda parte dell'autobiografia di Elias Canetti si apre subito dopo la «cacciata dal paradiso» di Zurigo, che chiudeva "La lingua salvata". Ora siamo a Francoforte, nel 1921, e il giovane Elias comincia a intravedere intorno a sé un nuovo mondo, formicolante di figure che cercano di sopravvivere fra «inflazione e impotenza». «Era finita per sempre l'epoca in cui l'ignoto si riversava in me, senza incontrare ostacoli». Dalla ricettività totale dei primi anni si passa ora a uno scontro con tutto e con tutti, che permette a Canetti di saggiare se stesso, di scoprirsi nella sua irriducibile peculiarità. Se a quest'ultima si può dare un nome, sarà quello della rivolta contro la morte, una rivolta «senza fine». La giovinezza di Canetti è un'iniziazione a questa scoperta, vissuta facendo appello a tutte le potenze arcaiche, che lo hanno sempre assistito. Nell'ombra, il modello mitologico è Gilgamesh, che traversa le acque della morte per trovare la vita eterna. Ed è lo scandalo di tutto ciò che scompare a mantenere intatta in Canetti un'immensa forza del ricordo. L'intensità che vibra in ciascuna delle numerose figure che appaiono in queste pagine presuppone tale sottinteso. Ciascuna vuole incidersi nella memoria e nella prosa con segno indelebile. Saranno gli ospiti patetici della pensione Charlotte di Francoforte e gli intellettuali frenetici di Berlino; saranno gli ascoltatori di Karl Kraus e i manifestanti che incendiano a Vienna il Palazzo di Giustizia; saranno l'amata Veza e la deliziosa Ibby; sarà la madre, che i lettori de La lingua salvata conoscono bene e che ora, assillata dalla gelosia per il figlio, lo costringe a una inarrestabile commedia, dove donne «inventate» servono a coprire donne vere e proibite; saranno infine Karl Kraus stesso e Brecht, Grosz, Babel', che Canetti conosce a Berlino. Tutte le loro voci sono qui salvate. E, intrecciata per sempre alla loro, riconosciamo qui la voce di Canetti stesso. Appartengono a questi anni le esperienze che saranno decisive per la sua opera di scrittore: la visione aristofanesca, che sembra offrire «l'unica possibilità di tener unito ciò che si frantumava in mille schegge»; la fascinazione ossessiva per Kraus; la massa, questo enigma incombente come mai prima sul nostro tempo, a cui Canetti dedicherà decenni di riflessione; infine il disegnarsi di una «comédie humaine dei folli», di cui rimane, quale unico, grandioso frammento il romanzo "Auto da fé". Inseguito dalle voci, Canetti non si cura di darci un quadro dell'epoca: ma l'aria di Francoforte, di Vienna e di Berlino in quegli anni circola in queste pagine come una presenza palpabile. In toni opposti, e stridenti fra loro, le città ci parlano di un periodo in cui «ciò che si abbatteva sugli uomini era più che un grande disordine, erano come tante esplosioni quotidiane». Ovunque, Canetti incontra varianti di uno stesso sfondo: il caos, perpetua minaccia e prezioso nutrimento. I suoi bagliori sono quelli del «fuoco», di cui questo libro - come già "Auto da fé" e ogni grande libro - è il «frutto».
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Michelstaedter Carlo; Campailla S. (cur.)
La persuasione e la rettorica. Appendici critiche
brossura
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Canetti Elias
Il gioco degli occhi. Storia di una vita (1931-1937)
br. All'inizio di questo libro, il terzo della sua autobiografia, Canetti ci appare circondato dai relitti fumanti del rogo in cui sono stati distrutti i libri di Kien, il protagonista di "Auto da fé". Attorno a sé, vede il deserto e un'incombente rovina. Poi, a poco a poco, la scena ricomincia a popolarsi, e le figure che vi si mostrano sono memorabili. Innanzitutto Hermann Broch, che ci viene incontro come «un uccello, grande e bellissimo, ma con le ali mozze». Poi Hermann Scherchen, l'infaticabile direttore d'orchestra «sempre alla ricerca del nuovo». Poi Anna Mahler, figlia del compositore, con la quale Canetti intreccia un complesso rapporto amoroso. Poi lo scultore Fritz Wotruba, irruento e selvaggio, come «una pantera nera che si nutrisse di pietra». Infine Musil, «sempre in armi, pronto alla difesa e all'attacco», nel suo totale isolamento; e Alban Berg, che si espone al mondo nella sua totale gentilezza d'animo, mentre un lieve cenno di ironia gli sfiora la bocca. E, ogni volta, in questi ritratti in movimento, avvertiamo lo straordinario dono fisiognomico di Canetti. Un gesto, un modo di respirare, un accento, una reticenza, tutto diventa cifra di una figura, emblema di un qualcosa di unico, che però svela un tratto della natura di cui siamo fatti. Dietro a quel dono riconosciamo una fonte inesauribile dello scrittore Canetti: la sua «passione per le persone». A mano a mano che si delineano i profili delle figure, risalta anche, come una presenza palpabile, lo sfondo: Vienna. Di questa città, vista nei suoi ultimi anni di grandezza, nessuno ha saputo tracciare un ritratto altrettanto preciso e affascinante. Come la Vienna dell'"Uomo senza qualità", sull'orlo della prima guerra mondiale, questa di Canetti, negli anni che precedono l'annessione nazista, è un sistema di orbite planetarie, dove conducono esistenze parallele alcune forme pure ed estreme del vero e del falso. Per Canetti, il vero erano sei o sette persone che «seguivano una propria strada e non se ne lasciavano distogliere da nessuno». Il falso era un fitto «gracidio di rane», che proveniva da un mondo culturale pieno di vanità e di sapienza mondana, prodigiosamente abile nel giocare le sue carte e insieme inconsistente nel suo ultimo fondo. In questi anni, Canetti attraversa tutte queste orbite incompatibili e qui le descrive con la trascinante immediatezza del romanziere. Ma il vero centro di questo sistema, il suo Sole, è una singola persona, il dottor Sonne, che vuole dire appunto «sole». Osservato per lungo tempo ai tavoli del Café Museum, poi conosciuto e ammirato, quest'uomo che «parlava come Musil scriveva» diventa a poco a poco il centro di gravità nella vita di Canetti, un'ombra benefica, un «invisibile» Sarastro. A differenza dei tanti che si gonfiano e che si agitano, Sonne non ha, apparentemente, un'opera a cui dedicarsi e non si lascia prendere dall'eccitazione. Parla di tutto fuorché di sé, e ogni volta la sua parola illumina quella singola cosa che cade sotto il suo sguardo. In una città sonnambolica e straparlante, è colui che veglia, come la luce discreta e solitaria dietro una finestra, di notte. Col personaggio di Sonne, Canetti ha svelato uno dei suoi segreti e costruito una grande figura romanzesca. Ma non soltanto questo: ha trovato l'occulto punto di equilibrio da cui osservare i rotanti astri viennesi, che solo da quel punto diventano pienamente percepibili. "Il gioco degli occhi" è apparso per la prima volta nel 1985.
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Sgalambro Manlio
La consolazione
br.
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Hughes Robert
La riva fatale. L'epopea della fondazione dell'Australia
ill., br. La storia sconvolgente di come l'Europa concepì l'idea di trasformare un continente, l'Australia, in un immane campo di concentramento. Pullulante di personaggi che fanno pensare a Dickens e a Dostoevskij, questa sinistra epopea, dopo essere stata a lungo rimossa, ha trovato in Robert Hughes il suo cantore.
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Weil Simone; Reynaud-Guérithault Anne; Sala M. C. (cur.)
Lezioni di filosofia
br. Nell'anno scolastico 1933-34 a Simone Weil fu assegnata la cattedra di filosofia presso il Lycée de Jeunes Filles di Roanne. Ed è proprio dall'incontro tra questa docente e un'alunna prodigiosa, Anne Guérithault e dagli appunti che questa prendeva, che nascono le Lezioni di filosofia. Suddivise in tre ampie sezioni, le lezioni disegnano un originale percorso teoretico, ricco di osservazioni critiche e di riflessioni metodologiche.
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Nietzsche Friedrich; Andreas-Salomé Lou; Rée Paul; Carpitella M. (cur.); Pfeiffer E. (cur.)
Triangolo di lettere. Carteggio di Friedrich Nietzsche, Lou von Salomé e Paul Rée
ill., br. Fra l'aprile e l'ottobre 1882 Friedrich Nietzsche, allora all'apice della sua creatività ma ignoto al pubblico più vasto, la giovane e affascinante russa Lou von Salomé e il filosofo Paul Rée furono legati da un sodalizio vibrante, fonte di innumerevoli pettegolezzi, ricostruzioni, interpretazioni. Il fatto centrale e più significativo di questo rapporto triangolare fu che Nietzsche riconobbe in Lou l'unico essere femminile che avrebbe desiderato iniziare alle sue scoperte. Questa lacerante vicenda si è dispiegata davanti ai nostri occhi solo in anni recenti, allorché Ernst Pfeiffer ha potuto radunare tutti i documenti: lettere, ma anche testimonianze laterali.
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Bataille Georges; Papparo F. C. (cur.)
Il limite dell'utile
br. Oltre che dell'eros e dell'eccesso, Georges Bataille fu anche un singolare teorico dell'economia, ed è in questo ambito delle sue speculazioni che si situano alcune delle sue scoperte più preziose. Non diversamente da Ricardo e da Marx, egli vedeva nella categoria del "sopvrappiù", e nel modo in cui una determinata civiltà la tratta, la chiave di volta per capire la fisionomia nascosta della civiltà stessa. Studiando le società primitive e confrontandole con la nostra, Bataille riconobbe in tutto il mondo moderno una sorta di fatale cecità legata al predominio indiscusso della categoria dell'utile, a cui tutto viene subordinato, oscurando così la necessità del superfluo.
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Cacciari Massimo
Dell'inizio
brossura Come già dichiara il titolo, Cacciari intende volgere lo sguardo a quel "cominciamento" che è il problema del pensiero filosofico. A questa inattualità nel porre il problema di sempre della filosofia corrisponde una novità perentoria nella articolazione della forma, che abbraccia i tre modi della scrittura filosofica: il dialogo (l'ironia, la ricerca), il trattato (la sistematicità), il parergon (la frammentazione aforistica). Da questi tratti apparirà evidente una voluta arcaicità dell'architetura formale, che implica una vis polemica contro ogni discorso filosofico rassegnato all'inerzia. Qui, al contrario, si riconosce che il pensiero filosofico non può che riproporsi le domande del Parmenide platonico.
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Urzidil Johannes
Da qui passa Kafka
br. Johannes Urzidil era il giovane scrittore a cui spettò il temibile compito di pronunciare alcune parole su Kafka alla cerimonia che ebbe luogo a Praga due settimane dopo la sua morte. Egli disse allora che in Kafka "l'altissima singolarità umana generava la sua fortissima magia poetica". Su tale "singolarità" poche testimonianze ci illuminano come questo libro. Anche perché Urzidil sa evocare, con la stessa precisione, la singolarità dello sfondo su cui trascorre l'ombra di Kafka: Praga, la città nera e magica, che Urzidil visse nel suo momento più glorioso, quando Kafka era uno, e curiosamente non il più noto, fra i centoquaranta scrittori di lingua tedesca della città.
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Cacciari Massimo
Icone della legge
br. Mentre da ogni parte vengono a cadere i presupposti di ogni legge, il pensiero tende sempre più a concentrarsi, in ogni ambito, sulla legge stessa. Massimo Cacciari ha posto al centro di questo libro tale situazione paradossale e sfuggente, all'interno della quale tuttora viviamo. E, all'interno del nostro secolo, ha isolato, negli ambiti più diversi, alcuni casi esemplari di quell'ostinato cozzare contro la stessa parola: legge. Ma non si tratta qui di scoprire influenze nascoste o contatti. L'ambizione è ben più radicale: ogni volta si individuano sconcertanti isoformismi fra gesti di pensiero che appartengono a regioni lontane. E così anche repliche e opposizioni trasversali.
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Schopenhauer Arthur; Gurisatti G. (cur.)
Il primato della volontà
br. Che cos'è la volontà? Da dove scaturisce la forza con cui essa salda in noi mente e corpo determinando il nostro agire? Su questo eterno problema della filosofia si è sempre tornati, e sempre, fatalmente, si tornerà. Con un punto di riferimento ineludibile: Schopenhauer, il quale ha fatto della volontà la chiave di volta del proprio edificio speculativo, imperniando intorno a essa i motivi della sua filosofia. Negli anni tra il 1826 e il 1840 il filosofo elabora, cataloga e raccoglie centosei "Argomenti a favore del primato della volontà sull'intelletto". L'intento è quello di suffragare la sua tesi capitale: "la volontà è la cosa in sé, il solo elemento metafisico, mentre l'intelletto è mera apparenza, la sua esistenza è secondaria e derivata".
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Calasso Roberto
Cento lettere a uno sconosciuto
br. Questo libro è una prima guida a quel mondo possibile che si è manifestato in una foresta di pagine sotto il nome Adelphi: circa millecinquecento titoli a partire dal dicembre 1963. E nel corso di quarant'anni numerosi lettori hanno notato come, a tenere insieme questi libri, ci sia qualcosa, un legame tenace, che va oltre la qualità. Questo legame tenace che la casa editrice tenta di indicare fin dall'inizio, per quanto possibile in modo esplicito, nell'unica forma in cui l'editore accompagna ogni singolo libro: il risvolto di copertina. Fra gli oltre mille risvolti che ha scritto, Roberto Calasso ha isolato quei cento che più gli sembravano capaci di una vita indipendente, e li ha inanellati come altrettante "lettere a uno sconosciuto".
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Berlin Isaiah; Hardy H. (cur.)
Il potere delle idee
br. Febbraio 1996: l'ottantasettenne Isaiah Berlin riceve una lettera di Ouyang Kang che gli chiede un compendio delle sue idee per un volume collettivo sulla filosofia angloamericana contemporanea. Stimolato dalla rilevanza storica, e anche simbolica, dell'iniziativa, Berlin decide di rompere un silenzio creativo di quasi un decennio e comincia così a dettare, aiutandosi solo con un foglietto di appunti, i suoi pensieri a un registratore. Il risultato sarà "Il mio itinerario intellettuale" ovvero il suo ultimo saggio, apparso postumo nel 1998. Giustamente posto da Henry Hardy come "ouverture" del "Potere delle idee", "Il mio itinerario intellettuale" è molto più di un'introduzione al pensiero di Berlin.
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Girard René; Fornari G. (cur.)
La pietra dello scandalo
br. A più di un trentennio dall'uscita del suo libro capitale, il filosofo e antropologo francese riassume e proietta in avanti i fondamenti della propria visione in un testo composito il cui cuore pulsante è una serrata intervista con Maria Stella Barberi. Il testo risponde a obiezioni che vengono da tempo rivolte all'autore, trattando argomenti poco affrontati nei precedenti scritti. Tra questi, spicca l'analisi del terrorismo considerato come conflitto mimetico o l'esplorazione del cosiddetto "etnocentrismo" della cultura occidentale. Non privo di punte polemiche - la più acuminata contro Lévi-Strauss - questo volume rappresenta per Girard un modo di fare il punto sullo stato attuale delle ricerche che lo impegnano da più di quarant'anni.
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Nietzsche Friedrich; Carpitella M. (cur.); Gerratana F. (cur.); Campioni G. (cur.)
Frammenti postumi. Vol. 1: Autunno 1869-Aprile 1871
br. "La volontà di potenza", l'opera a cui Nietzsche avrebbe consegnato la forma ultima del suo pensiero, è in realtà il risultato di un'estrazione dal lascito del filosofo di alcuni scritti arbitrariamente accorpati in un volume. Essi hanno ritrovato la loro originale collocazione grazie al lavoro filologico svolto da Giorgio Colli e Mazzino Montinari che giunsero alla pubblicazione integrale e in sequenza cronologica di quelli che oggi si presentano come "Frammenti postumi". Questa nuova edizione, prevista in venti volumi, mette a disposizione i testi stabiliti da Colli e Montinari, che vengono presentati nella loro autonomia, interamente riveduti e aggiornati ai recenti risultati della ricerca e con alcuni inediti venuti successivamente alla luce.
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Manganelli Giorgio
La letteratura come menzogna
br. All'apparire di questo saggio, nel 1967, la scena letteraria italiana si presentava piuttosto agitata. Lo spazio era diviso fra i difensori di un establishment che vantava come glorie opere spesso mediocri e i propugnatori della neoavanguardia. Manganelli fu assegnato (e si assegnò egli stesso) a quest'ultimo campo. La sua letteratura rivendicava un'ascendenza più remota e insolente: quella della letteratura assoluta. Una concezione per cui la ricerca del "vero" risultava interessante, in quanto materiale per nutrire una finzione onniavvolgente quale è, nella sua ultima essenza, la letteratura. Questo saggio portava allo scoperto la natura menzognera della letteratura, analizzando autori come Carroll e Stevenson, Nabokov e Dickens, Dumas e Rolfe.
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Sgalambro Manlio
Trattato dell'empietà
br. "Osservare freddamente Dio - caldamente, lo fu già abbastanza". Per questa impresa, che è già di per sé un'empietà, Sgalambro si è scelto come invisibili protettori quei grandi teologi dimenticati, come Suárez o Melchor Cano, che sapevano trattare di Dio con cupa professionalità. Qui, come ancora in Spinoza e in Schopenhauer, Dio torna a essere il mondo nella sua profonda estraneità, nella sua avversione al soggetto, che attacca fino a ucciderlo, nella sua controfinalità.
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Nietzsche Friedrich; Carpitella M. (cur.); Gerratana F. (cur.); Campioni G. (cur.)
Frammenti postumi. Vol. 3: Estate 1872-Autunno 1873
br. I frammenti postumi del periodo compreso in questo volume mostrano come l'ostilità che gli ambienti accademici e la filologia ufficiale riservarono alla Nascita della tragedia, lungi dal confinare Nietzsche nel cerchio magico del mondo wagneriano, lo spingessero invece ad audaci riflessioni filosofiche da cui nacquero scritti rimasti inediti ma di importanza decisiva nello sviluppo del suo pensiero, quali "La filosofia nell'epoca tragica dei Greci" e "Su verità e menzogna in senso extramorale". Ma i frammenti mostrano anche il rinnovato interesse di Nietzsche per l'attualità scientifico-filosofica, che si rivela fra l'altro in originali elaborazioni filosofiche come la "teoria degli atomi temporali", nella quale è racchiusa una "teoria della percezione".
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Nietzsche Friedrich; Carpitella M. (cur.); Gerratana F. (cur.); Campioni G. (cur.)
Frammenti postumi. Vol. 4: Estate-Autunno 1873-Fine 1874
br. Con questo quarto volume Adelphi prosegue la pubblicazione della nuova edizione dei "Frammenti postumi" di Nietzsche, in una versione interamente riveduta, con apparati aggiornati e con l'inserimento di alcuni preziosi inediti. I primi due volumi sono apparsi nel 2004.
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Nietzsche Friedrich; Campioni G. (cur.)
Il nichilismo europeo. Frammento di Lenzerheide
br. Sedici punti annotati su un taccuino engadinese: il profilo di un fenomeno su cui il mondo continua a interrogarsi.
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Sebald Winfried G.
Il passeggiatore solitario. In ricordo di Robert Walser
ill., br. Nato in Germania, W. G. Sebald (1944-2001) è vissuto dal 1970 in Inghilterra, dove ha insegnato Letteratura tedesca contemporanea presso la University of East Anglia a Norwich. Tra le sue opere sono da ricordare: "Vertigini", "Storia naturale della distruzione", "Austerlitz". "Il passeggiatore solitario" è apparso per la prima volta nel volume "Logis in einen Landhaus".
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Craveri Benedetta
Maria Antonietta e lo scandalo della collana
br. Il volume ricostruisce gli eventi del famoso "processo della collana" a partire dagli interrogatori del processo e dai numerosi studi condotti sull'argomento. Uno scandalo che ha affascinato memorialisti e romanzieri, drammaturghi e saggisti, storici ed eruditi.
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Severino Emanuele
Oltrepassare
ril. L'angoscia più profonda dell'uomo, che da sempre lo accompagna, è che la morte uccida ogni possibilità di salvezza. Tuttavia Emanuele Severino ha mostrato, nella "Gloria", come la salvezza dalla morte sia una necessità, non una semplice possibilità: "L'uomo è atteso dalla terra che salva". Ma nella "cadenza primaria" di "Oltrepassare", che della "Gloria" è al tempo stesso "rischiaramento" e sviluppo, appare come in realtà "la terra che salva sia 'infinitamente' più ampia, cioè più salvatrice" di quanto lo scritto precedente lasciava intendere, e come il senso autentico del divenire "mostri una complessità che nella "Gloria" non viene ancora indicata". Severino ha dedicato molti scritti a una rigorosa messa in atto del principio aristotelico di non contraddizione. E proprio in quanto mostrava le aporie su cui si reggevano celebri edifici della metafisica il suo pensiero suscitava un provocatorio interrogativo: che cosa si apre al di là della contraddizione?
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Citati Pietro
Kafka
br. Fin dalle prime pagine di questo libro, Kafka diventa prossimo e famigliare al lettore. Grazie al libro di Citati, ognuno, senza accorgersene, viene portato nel cuore da cui è possibile comprendere tutta l'opera di Kafka, dalle "Metamorfosi" al "Processo", da "America" al "Castello", dalla "Costruzione della muraglia cinese" alla "Tana".
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Browne Thomas; Sanna V. (cur.)
Religio medici
br. Per i suoi contemporanei, Thomas Browne fu un grande antiquario, un medico illustre e, soprattutto, un "wit", definito volta a volta pedante o ironico, scienziato retrivo o promotore entusiasta della scienza nuova. Le sue opere sollevarono dispute teologiche e scientifiche, eruditi gli chiedevano consigli su disparate questioni. I lettori più moderni, a partire da Lamb, Coleridge, De Quincey, fino a Borges, scoprirono che Browne poteva essere considerato innanzitutto come letterato; che il fascino della sua prosa era, in certo modo, ineguagliato nella letteratura inglese; che l'astrusità delle sue preoccupazioni rendeva i suoi scritti ancor più rari e curiosi; che l'aura del remoto avvolgeva ogni pagina. Così Browne divenne uno scrittore per raffinati, una preziosità letteraria, una felice aberrazione. La sua opera - elusiva, fondata su di una cultura composita e scritta in una cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale - si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse.
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Nietzsche Friedrich
Frammenti postumi. Vol. 5: Inverno-primavera 1875-Primavera 1876
br. I "frammenti postumi" di Friedrich Nietzsche raccolti in questo quinto volume testimoniano, nella dinamica molteplicità dei temi, un tumultuoso - e decisivo - periodo di transizione che si concluderà, simbolicamente, con il commiato definitivo da Richard Wagner. Nietzsche filologo "inattuale", critico e riformatore nel segno della Grecità e di Wagner, pone con risolutezza in discussione se stesso e le sue precedenti convinzioni, incamminandosi per una lunga e faticosa "via della liberazione" che, secondo un progetto destinato a non realizzarsi, avrebbe dovuto raggiungere al termine di un percorso di dodici "Considerazioni inattuali". E a due di queste, "Noi filologi e Richard Wagner a Bayreuth", sono legate gran parte delle riflessioni che si trovano in queste pagine. Da un lato, utilizzando i risultati delle nascenti scienze antropologiche ed etnologiche e cogliendo nell'antichità, accanto ai germi di una nuova mentalità libera e scientifica, la permanenza di un "pensiero impuro", Nietzsche si dimostra più che mai contrario alla concezione di uno "sviluppo naturale" della storia e della cultura presente nei filosofi hegeliani e nei positivisti. Dall'altro, individuando adesso una contrapposizione tra la categoria ampia di 'educazione' e i pericoli presenti nell'arte, si allontana sempre di più dal culto del 'genio' e dalla metafisica schopenhaueriana.
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Ceronetti Guido
Insetti senza frontiere
br. Solo il Filosofo Ignoto, in arte Guido Ceronetti, poteva fondare "Insetti senza frontiere", un'"associazione senza fini di lucro" in difesa della "libertà di pungere" e per la tutela degli insetti, se necessario a scapito del sopravvalutato, e in ogni caso sovrabbondante, genere umano. In questo singolarissimo libro, che ne costituisce il manifesto e il programma, Ceronetti riprende il suo instancabile pellegrinaggio verso i luoghi che esplora da sempre - il corpo, la morte, il crimine, ma anche le fotografie, i versi di poeti lontanissimi, i dipinti, e ancora i giornali, le città, le librerie, unendo alle aspre certezze dell'aforista ("Alla luce del Tragico il mondo non è inesplicabile") i trucchi di un venditore di almanacchi, che intende girare "fiere, supermercati e suk" e proporre una nuova forma di intrattenimento, o di terapia, popolare: l'ascolto personalizzato di "ronzii d'alveare, cori delle cicale, cantare dei grilli".
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Márai Sándor; D'Alessandro M. (cur.)
L'ultimo dono. Diari 1984-1989
br. Nel 1984 Márai ha ottantaquattro anni, e vive negli Stati Uniti da più di trenta. Fra il gennaio del 1984 e il febbraio del 1989 scompaiono i due fratelli e la sorella, e anche il figlio adottivo, appena quarantaseienne. Ma soprattutto muore Lola, la donna che è stata la sua compagna per sessantadue anni: Márai, che ha coltivato il sogno impossibile di morire insieme a lei, è costretto a vederla spegnersi lentamente e, dopo averne disperso le ceneri nell'Oceano, a proseguire un'esistenza che ormai non ha più senso. "Scrivevo per lei, ogni singola riga. Non ho più per chi scrivere" annota; il pensiero della "letteratura", dirà più volte, gli provoca ormai solo nausea e disgusto. Eppure - e fin quasi alla vigilia della morte - il vecchio "scrittore ungherese" continua, in questo monologo ininterrotto che è il suo diario, a registrare annotazioni di ogni genere: aforismi perfetti; lucide riflessioni sulla letteratura, sul mondo contemporaneo, sul tema dell'esilio e sulla condizione di esule - e naturalmente sulla prossimità della morte. Sándor Márai scrive l'ultima frase il 15 gennaio del 1989: "Aspetto la chiamata alle armi. Non la sollecito, ma neppure la rinvio. È arrivato il momento". Esattamente un anno prima si era comprato una rivoltella ed era andato più volte in un poligono di tiro per imparare a usarla. Il 21 febbraio, tredici mesi dopo la morte di Lola, si uccide.
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Bolaño Roberto; Echevarría I. (cur.)
Tra parentesi
br. Fra il 1998 e il 2003, con l'intensificarsi delle sue collaborazioni a giornali e riviste, Roberto Bolaño accumula una quantità rilevante di discorsi, interventi, recensioni. Sembra un effetto collaterale dell'idea compulsiva di scrittura a cui da sempre pagava il suo tributo. In realtà, come i lettori avranno modo di scoprire, Bolaño stava dando vita a qualcosa di diverso e imprevedibile: un autoritratto per frammenti d'occasione. Tale infatti si rivela subito "Tra parentesi": i testi che vi sono radunati alcuni ancora inediti - sono tutti dedicati a temi o a personaggi niente affatto incidentali nella carriera di Bolaño: il Cile, l'esilio, la poesia latino-americana, la vita e le opere - reinventate in poche frasi - di Philip K. Dick e Burroughs, Nicanor Parrà e Gombrowicz, Borges e Rodolfo J. Wilcock. Una divagazione alla volta, un'incursione dopo l'altra in territori noti a lui solo, questo libro diventa proprio il genere di opera che Bolaño pretendeva di odiare sopra ogni altra: un'autobiografia - qualcosa che, come lui stesso dice delle memorie di Ellroy, "finisce con un uomo solo che rimane in piedi... Vale a dire, non finisce mai". Difficile immaginare un epitaffio più conseguente e più lusinghiero.
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Michelstaedter Carlo; Campailla S. (cur.)
La melodia del giovane divino. Pensieri-Racconti-Critiche
br. Oltre a La persuasione e la rettorica - nato come tesi di laurea su questi concetti in Platone e Aristotele e sviluppatosi poi fino a diventare uno dei testi decisivi del Novecento italiano -, al Dialogo della salute e alle Poesie, Michelstaedter ha lasciato un'impressionante mole di scritti. Impressionante tanto più se si pensa alla brevità di una parabola esistenziale conclusasi, il 17 ottobre 1910, con il suicidio a soli ventitré anni, e in cui è impossibile non cogliere il segno di un audace programma: "...e farai di te stesso fiamma". E sono proprio questi 'scritti vari' - ovvero il laboratorio segreto di Michelstaedter -, di cui il suo maggiore specialista ci offre ora una silloge che copre il cruciale periodo 1905-1910, a fornirci una chiave per penetrare l'enigma di un'attività speculativa solitaria e radicale, che pareva, con la tesi di laurea, essere giunta a maturazione per vie misteriose, e che invece si rivela qui tumultuosamente ma caparbiamente preparata. Che rifletta sulla catarsi tragica o sulla «via della salute», che si sperimenti in favole o parabole, che reagisca a caldo a una pièce di Ibsen o di D'Annunzio o a un concerto, infatti, il pensiero di Michelstaedter sembra accanirsi intorno a un nucleo eroico e rovente: l'uomo «deve ricrearsi nell'attività col suo spirito per creare il valore individuale».
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Bennett Alan
Una vita come le altre
ill., br. "Ci sono stati altri casi di malattia mentale nella vostra famiglia?". Comincia così, con la domanda di un assistente sociale dello Yorkshire, questo commovente viaggio interiore di Alan Bennett. Siamo nell'istituto psichiatrico dove l'anziana madre è stata ricoverata per una grave forma depressiva - così almeno viene definita. Comunque sì, ci sono stati altri casi in famiglia, ma lui non lo aveva mai saputo. È il padre a svelare per la prima volta, in un atto burocratico e liberatorio, la fine drammatica e segreta del nonno di Bennett, e a indurlo a esplorare le storie nascoste e dimenticate degli altri parenti. Ma come si distingue la malattia mentale dalle manie, dalle fobie, dal silenzio, dall'infelicità? Da parte di uno scrittore che in passato non poteva "neanche togliersi la cravatta senza prima far circondare la casa da un cordone di polizia", un libro come questo è un dono inaspettato. Solo di recente, infatti, Alan Bennett ha sentito il bisogno di dedicarsi a quell'attività vagamente disdicevole che è lo scrivere di sé. Cambiando tonalità, forse, rispetto agli scritti esilaranti e feroci che gli hanno dato la celebrità, ma sempre con lo stesso sguardo acuminato e instancabile. Uno sguardo di un'onestà dolente, poco caritatevole soprattutto verso le sue manchevolezze. E l'umorismo? Sotteso - o forse sospeso - in ogni pagina come uno strumento di interpretazione insostituibile, col quale ci si può destreggiare anche fra le tragedie della vita.
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Sgalambro Manlio
Della misantropia
br. "I più alti spiriti, se così vogliamo chiamarli, sono stati misantropi" osserva Sgalambro in questo suo ultimo libro. "L'Idea" infatti "è raggiungibile solo in uno stato di misantropia. Il misantropo non vede più l'uomo, la cui carne detesta, ma l'Idea dell'uomo". Scortato da questo presupposto, il filosofo prosegue qui il suo cammino solitario attraverso una filza di brevi trattati: da quello che dà il titolo al volume a Teoria del delinquente ("In realtà il delinquente rappresenta l'Essere di cui si parla, nei palazzi del sapere, in maniera altisonante"); da Moraletta sulla teologia, "apologia del teologo, ma del teologo infedele", a Intransigenza e clownerie del saggista, sorta di autoritratto filosofico-letterario; da Dialoghetto tra Epicuro e Colote, che dietro l'apparenza del divertissement offre una purissima gemma speculativa, al vibrante II discepolo ("Nessuno deve entrare in una filosofia se non è disposto, almeno come possibilità, a non lasciarla per tutta la vita"), a De gubernatione, che delinea una critica del governare: "Non ci può essere offerta politica se non per coloro che non hanno niente, e che quindi non possono 'rappresentarsi' da sé".
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Karski Jan; Bernardini L. (cur.)
La mia testimonianza davanti al mondo
ill., br. "Non le darò istruzioni né le farò raccomandazioni... Dovrà soltanto riferire obiettivamente quello che ha visto, raccontare quello che ha vissuto in prima persona e ripetere ciò che in Polonia le è stato ordinato di dire su coloro che vivono là e negli altri paesi occupati d'Europa": con questo viatico il premier Sikorski mandò Jan Karski a informare gli Alleati di ciò che stava accadendo agli ebrei nel suo paese e di come i polacchi non avessero mai smesso di lottare. Unitosi alla Resistenza nel 1939, il giovane ufficiale della riserva era stato incaricato di tenere i collegamenti fra lo Stato segreto polacco, e gli organi ufficiali del governo in esilio a Londra. Oltre a svolgere temerarie, Karski aveva compiuto un'impresa inaudita: era riuscito a infiltrarsi nel ghetto di Varsavia e nel campo di transito di Belzec e, fatto ancora più inaudito, a uscirne indenne, deciso a denunciare al mondo le atrocità commesse dai nazisti. Porterà in effetti la sua testimonianza diretta ai grandi della terra, incluso il presidente Roosevelt, ma per motivi politico-strategici il suo appello non verrà raccolto né avrà seguito: non gli resterà, nel 1944, che affidarlo a questo libro. Dimenticato nel dopoguerra in ragione dei nuovi assetti politici mondiali, Karski sarà riscoperto e intervistato dal regista Claude Lanzmann per il celeberrimo "Shoah" (1985), che darà l'avvio alla seconda fase della sua missione: ricordare l'indifferenza degli Alleati di fronte al consumarsi del genocidio.
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Nietzsche Friedrich; Posani Löwenstein M. (cur.)
Il servizio divino dei greci
br. Le lezioni sul culto greco raccolte in questo volume, che Nietzsche tenne tra il 1875 e il 1878, furono le ultime della sua carriera di docente di filologia classica a Basilea, e testimoniano il nuovo orientamento che volle imprimere al suo studio dell'antichità greca, lontano dalle tonalità della "Nascita della Tragedia". Mettendo a punto un inedito metodo di ricerca storica e prendendo a bersaglio l'immagine "chimerica" del mondo greco e il donchisciottismo dei filologi - che invita ad andare a scuola dagli etnologi e dagli antropologi -, Nietzsche passa in rassegna le contaminazioni straniere di cui è impregnata la religione greca. Né teme di stilare l'elenco degli "errori" nel "modo di pensare e di dedurre" che sono alla base del servizio divino greco, delineando così una sorta di anatomia del "pensiero impuro" all'origine di ogni forma di culto. E tuttavia non rinuncia a definire l'essenza dello spirito greco: di quel Greco capace di "imparare festosamente come un dilettante" di genio, perché sa appropriarsi e superare ciò che è estraneo - e non si limita, come i romani, a "pavoneggiarsi con ciò che ha preso a prestito".
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Severino Emanuele
Intorno al senso del nulla
br. Il significato radicale che il "nulla" ha assunto nella riflessione filosofica occidentale accompagna come un'ombra non solo questa forma di pensiero, ma l'intero tragitto della nostra civiltà. Radice prima dell'angoscia, il nulla turba anche e soprattutto per il suo carattere sommamente ambiguo: già Platone, infatti, si accorge che pensare il nulla e parlare del nulla significa pensare qualcosa e parlare di qualcosa - come se il nemico che si ha di fronte si sdoppiasse, ingannandoci sulla sua identità. Questa nozione spaesante, che esige di essere interpretata alla luce delle forme più rigorose della speculazione, è stata affrontata da Severino a partire da "La Struttura originaria" (1958) e fino a "La morte e la terra" (2011): a queste due opere, e alla seconda in particolare, si ricollega "Intorno al senso del nulla", dove da un lato si mostra come l'ambiguità sia ben più profonda di quanto possa sembrare e dall'altro si indagano "le condizioni che rendono possibile la via d'uscita". Approfondimento quanto mai necessario, giacché se si rinunciasse a discutere le aporie suscitate dal senso del nulla resterebbe in sospeso la stessa tesi di fondo del pensiero di Severino: che l'uomo e ogni altro ente "sono da sempre salvi dal nulla".
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Citati Pietro
Il male assoluto. Nel cuore del romanzo dell'Ottocento
br. "Nessuno come Dostoevskij è andato mai così lontano, nel viaggio verso il Male assoluto: nessuno vi ha mai abitato con tale costanza; e ci ha guardato così, con gli occhi stessi del crimine" scrive Pietro Citati mentre ci accompagna guida lucida e insieme partecipe, quasi febbrile - attraverso "Delitto e castigo". E ad attirarlo, ancor più di Svidrigajlov o Raskol'nikov, è Stavrogin, in cui soffia "il vento di un vuoto gelido e vertiginoso, illimitato e senza confini": certo perché scrivendo i "Demoni" Dostoevskij si è rispecchiato in lui, e "scorgendo questo riflesso, ha avuto paura delle profondità inattingibili del proprio cuore". Sono dunque Dostoevskij e Stavrogin il cuore tenebroso di questo libro, dove Citati rilegge i grandi romanzi dell'Ottocento (quelli di Balzac, Poe, Dumas, Hawthorne, Dickens, Flaubert, Tolstoj, Stevenson, James) per cogliervi in atto la passione del Male, l'incontro con il Male. Li rilegge come soltanto lui sa fare: non da critico accademico o militante ma da "lettore-scrittore" (come ha notato Nadia Fusini), capace di illuminarli prolungandone il fascino nella sua scrittura. E comunicando a noi il desiderio irresistibile di rileggerli a nostra volta.
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Bishop Elizabeth; Lowell Robert; Travisano T. (cur.); Hamilton S. (cur.); Fatica O. (cur.)
Scrivere lettere è sempre pericoloso
br. Scritte da due persone sofferte, lacerate, sempre a rischio, ma anche colte, brillanti, geniali, scritte di getto, telegrafiche o più spesso lunghe e a volte lunghissime, riprese nel corso dei giorni, ininterrotte nel corso di un trentennio, attraverso città, stati, continenti (da un quartiere all'altro di New York come da una sponda all'altra dell'Atlantico, da Boston a Key West, da Firenze a Washington, da Rio al Maine), le lettere di questo epistolario tra gli ultimi due grandi poeti americani sono debordanti di vita, allegre e atroci, piene di notizie e umori, pregne d'idee e pettegolezzi, alimentate da argomenti poetici, politici, economici, arricchite di veri e propri racconti. È amore a prima vista, e amore impossibile: per le crisi maniacali di lui, per le tendenze sessuali di lei. L'ala della follia, dell'alcolismo, del suicidio stende un velo d'ombra sui loro passi. Eppure amore è. Tutto congiurerebbe a separarli: l'eterno vagabondare dell'ulisside Elizabeth, donna dai molti percorsi, i suoi soggiorni prolungati nei paesi più lontani, le sue disavventure sentimentali, spesso tragiche; l'eterno battagliare con genitori, consorti, amanti, amici e soprattutto, sempre sconfitto, con se stesso dell'achilleo Cal, ultimo puritano dolorosamente innamorato di Dioniso. E invece nulla intacca mai davvero il loro legame: quella libertà segreta che hanno gli amanti innerva un'amicizia a briglia sciolta, dal tono cospiratorio, che non ha riscontro in altri grandi sodalizi artistici.
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Confino Michael
Il catechismo del rivoluzionario. Bakunin e l'affare Necaev
br. "Possiamo domandarci perché Necaev mentisse, ricattasse, uccidesse. Lo faceva perché la "causa" ne aveva bisogno? O soltanto perché era un assassino e un bugiardo? Non è facile rispondere a questa domanda: la voce di Necaev non ci è giunta, o ci è giunta camuffata e mascherata. Probabilmente Necaev agiva così per spirito di sistema. Mentiva, scherniva, ricattava, uccideva perché credeva che la diffusione generale della turpitudine spingesse la società verso l'abisso, dove voleva farla cadere. Bakunin era troppo ingenuo per comprendere se stesso e il suo allievo. Egli fu affascinato da Necaev perché avvertiva in lui questa mescolanza tremenda di 'purezza' rivoluzionaria, di spirito distruttivo e di turpitudine. Purtroppo, non c'è attrazione alla quale l'uomo sia più sensibile." (Pietro Citati)
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Philipponnat Olivier; Lienhardt Patrick
La vita di Irène Némirovsky
brossura Di lei credevamo di sapere tutto: dalla nascita a Kiev nel 1903 alla morte ad Auschwitz nel 1942, dall'avventura del manoscritto di "David Golder", inviato anonimo nel 1929 all'editore Grasset, al manoscritto salvato di "Suite francese", apparso nel 2004 e tradotto ormai in trenta lingue. Sbagliavamo: Philipponnat e Lienhardt ce lo dimostrano in questa biografia. Per tre anni, costantemente affiancati dalla figlia di Irène, Denise Epstein, gli autori hanno consultato le carte inedite della scrittrice: la corrispondenza con gli editori come gli appunti presi a margine dei manoscritti, i diari come i taccuini di lavoro. Un'opera che non solo fa risorgere dall'oblio con una vividezza sorprendente le diverse fasi dell'esistenza di Irène (l'infanzia nella Russia prima imperiale e poi rivoluzionaria, la fuga prima in Finlandia e poi in Svezia, la giovinezza dorata in Francia, i rapporti con la società letteraria degli anni Trenta, gli sconvolgimenti della guerra, gli ultimi mesi di vita nel paesino dell'Isère dove si è rifugiata con la famiglia), ma coglie e restituisce tutte le sfaccettature di una personalità complessa, affrontandone senza remore di alcun tipo anche gli aspetti più discussi e contraddittori.
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Ceronetti Guido; Quinzio Sergio
Un tentativo di colmare l'abisso. Lettere 1968-1996
br. È sotto il segno delle divergenze, e al tempo stesso della comune esigenza di una lettura insieme rigorosa e appassionata, che si apre e si chiude, nell'arco di ventotto anni, l'amicizia epistolare tra Ceronetti e Quinzio: due adelphiani della prima ora. Due vite segnate dalla abissale contaminazione con il sacro e con la parola, da quella poetica a quella scritturale, che l'epistolario restituisce in una policromia di sfumature e di rimandi serrati. Due fedi assolute, infrangibili, irriducibili: da un lato quella paolina, teologicamente "scandalosa", di Sergio Quinzio nella resurrezione della carne, nella consolazione finale; dall'altro quella, filosoficamente tenace, di Guido Ceronetti nel potere della gnosi. Due anime che, ciò nonostante, non cessano di interpellarsi e di ascoltarsi a vicenda, e non soltanto su argomenti teologici, ma anche sui grandi dibattiti che investono la società e la politica (l'aborto, il conflitto israelo-palestinese), fino ai problemi della vita quotidiana (la salute, il cibo, i traslochi).
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Carrère Emmanuel
Limonov
br. Limonov non è un personaggio inventato. Esiste davvero: "è stato teppista in Ucraina, idolo dell'underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell'immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe, ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio" si legge nelle prime pagine di questo libro. E se Carrère ha deciso di scriverlo è perché ha pensato "che la sua vita romanzesca e spericolata raccontasse qualcosa, non solamente di lui, Limonov, non solamente della Russia, ma della storia di noi tutti dopo la fine della seconda guerra mondiale". La vita di Eduard Limonov, però, è innanzitutto un romanzo di avventure: al tempo stesso avvincente, nero, scandaloso, scapigliato, amaro, sorprendente, e irresistibile. Perché Carrère riesce a fare di lui un personaggio a volte commovente, a volte ripugnante - a volte perfino accattivante. Ma mai, assolutamente mai, mediocre. Che si trascini gonfio di alcol sui marciapiedi di New York dopo essere stato piantato dall'amatissima moglie o si lasci invischiare nei più grotteschi salotti parigini, che vada ad arruolarsi nelle milizie filoserbe o approfitti della reclusione in un campo di lavoro per temprare il "duro metallo di cui è fatta la sua anima", Limonov vive ciascuna di queste esperienze fino in fondo...
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Calasso Roberto
K.
br. Di che cosa parlano le storie di Kafka? Dopo aver ricevuto innumerevoli risposte, la domanda continua a suscitare un sentimento di acuta incertezza. Sono sogni? Sono allegorie? Sono simboli? Sono cose che succedono ogni giorno? Le molte soluzioni che sono state offerte non riescono a eliminare il sospetto che il mistero sia rimasto intatto. Questo libro non si propone di dissipare quel mistero ma di lasciare che venga «illuminato dalla sua propria luce», come scrisse una volta Karl Kraus. Perciò prova a mescolarsi al corso, al tortuoso movimento, alla fisiologia di quelle storie, incontrando via via i quesiti più elementari. Come, per esempio: chi è K.?
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Calasso Roberto
K.
brossura Di che cosa parlano le storie di Kafka? Sono sogni? Sono allegorie? Sono simboli? Sono cose che succedono ogni giorno? Non si può dire che le innumerevoli risposte si siano rivelate, alla fine, del tutto soddisfacenti. Questo libro segue un'altra via: non già dissipare il mistero, ma lasciare che venga illuminato dalla sua stessa luce. Kafka scrisse tre romanzi incompiuti, non soltanto perché mancavano ancora alcuni episodi. Piuttosto, era come se fossero stati concepiti per prolungarsi indefinitamente, anche oltre il loro autore. Capire quei romanzi implica ripercorrerli e proseguirli. E implica anche mescolarsi al corso, al movimento, alla fisiologia di quelle storie. Sino al punto di trovarsi in un mondo costituito quasi solo dai suoi scritti.
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Polonsky Rachel
La lanterna magica di Molotov. Viaggio nella storia della Russia
br. Gli scrittori russi vissuti negli anni della rivoluzione d'Ottobre - ma anche molti loro padri nobili, da Puskin a Dostoevskij -hanno in comune il privilegio, cui potendo avrebbero forse rinunciato, di aver vissuto vite febbrili, appassionanti e tragiche quanto i libri in cui spesso le hanno raccontate. Per ricostruirle, Rachel Polonsky ha viaggiato da Mosca al Volga alla Siberia, portando virtualmente con sé il curioso strumento esposto nello studio di uno dei personaggi più foschi dell'era staliniana, Molotov: una lanterna magica. E così ecco sfilare davanti ai nostri occhi, in un montaggio di storie che credevamo perdute, tutti gli eroi della generazione più feroce con i suoi poeti, dalla Cvetaeva alla Achmatova, da Babel' a Pasternak a Mandel'stam. E, accanto a loro, vicende, luoghi e personaggi più oscuri, ma altrettanto stupefacenti: i sogni, le mogli e i privilegi della nomenklatura sovietica; le degenerazioni scientifiche indotte da un totalitarismo che pretendeva di aver scoperto le leggi della storia; le vite sanguinarie degli atamani cosacchi. Le immagini proiettate dalla Lanterna magica di Molotov sono le tappe di un viaggio che attraversa il tempo oltre che lo spazio: dalle libertà medioevali dell'antica Novgorod, alle segrete della Lubjanka, fino al tragico e al grottesco dell'era Putin, con i suoi giornalisti uccisi, i processi agli oppositori.
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Nabokov Vladimir; De Lotto C. (cur.); Zinato S. (cur.)
Nikolaj Gogol
br. Il saggio ottiene subito un grande successo, anche se dall'inizio alla fine Nabokov si guarda bene dal seguire le indicazioni ricevute, e manifesta ripulsa per i riassunti e le pedanti esposizioni tipiche del volgarizzatore. Predilige piuttosto gli effetti sorprendenti (comincia con la morte di Gogol' per finire con la sua nascita), gli aspetti bizzarri, le diversioni impazienti - e si limita a ciò che ritiene il meglio dello scrittore, trascurando il resto. Ma riesce, con il suo tocco magico, a trasformare particolari in apparenza insulsi, dettagli persino privi di senso artistico, in trionfi dell'immaginazione: lo sciame di personaggi secondari del Revisore, che prendono vita nello spazio di una digressione; la splendida poetica dell'irrilevanza e l'apoteosi della volgarità compiaciuta in Anime morte; le oscillazioni perturbanti di un incubo grottesco nel Cappotto, a cui dedica, in un superbo crescendo, l'ultimo capitolo - prologo folgorante all'estetica del Nabokov narratore.
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Severino Emanuele
Dike
ril. La parola dike, comunemente tradotta con "giustizia", nasce in un contesto religioso e poi giuridico, ma ha in realtà un significato più profondo, che compare per la prima volta nella più antica testimonianza del pensiero filosofico: il frammento di Anassimandro. Si può dire che l'avvento della filosofia coincida con l'avvento di tale significato - quello che Aristotele chiama "il principio più stabile". Dike designa l'incondizionata stabilità del sapere. E richiede la stabilità incondizionata dell'essere. Riguarda tutto ciò che l'uomo può pensare e può fare. In rapporto con essa si svolge l'intera storia dell'Occidente. Se nel "Giogo" Severino aveva puntato l'attenzione sulla conseguenza decisiva per l'uomo della tradizione occidentale, resa esplicita da Eschilo, ovvero che l'incondizionata stabilità del sapere e dell'essere è il "vero" rimedio contro il dolore e la morte, e sul rapporto tra Eschilo e Anassimandro, in questa sua nuova opera si volge invece verso le radici di quel significato. Soprattutto perché dike e l'Occidente, che ne è dominato, sfigurano il volto della stabilità autentica: il volto del destino della verità. Affrontando il rapporto tra il puro volto del destino e il suo volto sfigurato da dike, questo libro compie alcuni passi avanti rispetto agli scritti precedenti, da cui pure trae origine.
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Berlin Isaiah
Un messaggio al Ventunesimo secolo
br. "La ricerca dell'ideale" e "Un messaggio al Ventunesimo secolo" possono a buon diritto essere considerati scritti testamentari, giacché in questi due limpidi discorsi Berlin ha voluto esporre i punti che riteneva essenziali del suo pensiero e della sua esperienza, quello che egli stesso definiva il suo "breve credo".
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