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‎[Wendingen]‎

‎Wendingen (Serie XII, numero 10)‎

‎Edizione originale. Ottimo esemplare, normalmente brunito e leggermente fiorito ai piatti. Decimo numero della dodicesima serie (1931) della rivista olandese «Wendingen», ultima uscita monografica prima della sua definitiva chiusura decisa in seguito alla cessazione del contratto con le edizioni Mees (subentrate all’editore De Hooge Brug dal 1924). Creata da Hendricus Theodorus Wijdeveld nel 1918, la rivista, legata all’associazione professionale «Architectura et Amicitia», nacque con l’intento di perseguire un ideale di comunione tra tutte le arti seguendo i “rivolgimenti” - “Wendigen”, appunto - propri di quegli anni di grande fermento culturale e politico. Una «totale riconciliazione delle arti», come scrisse nel primo numero il suo ideatore e capo redattore Wijdeveld, in cui l’architettura avrebbe dovuto giocare un ruolo ovviamente fondamentale ma non egemonico. Non sorprende, dunque, che dei centosedici fascicoli pubblicati tra il 1918 e il 1931 soltanto quarantasette vennero dedicati in modo esclusivo all’architettura, riservando invece estrema attenzione ai punti di contatto tra progettazione e creazione artistica (o alla progettazione messa al servizio della pura creazione artistica). Notevole fu anche la sensibilità verso la pittura simbolista e la “Nieuwe Kunst”, testimoniata ad esempio dall’ultimo numero della prima serie interamente incentrato sull’opera di Jan Toorop, tra i massimi rappresentanti in pittura dell’“Art Nouveau” olandese. Ma l’amore per l’arte in ogni sua forma espressiva è più in generale dichiarato dalle molte immagini che arricchivano ogni fascicolo - elegantissimo con il suo formato 33 x 33 cm e la rilegatura alla giapponese con rafia -, dalle illustrazioni a piena pagina e dalle meravigliose copertine affidate ogni volta ad artisti e architetti diversi. Per questo penultimo numero, l’illustrazione d’apertura è di Otto B. de Kat, mentre il resto del fascicolo – composto da sole riproduzioni fotografiche in bianco e nero di edifici e interni - è interamente dedicato all’architetto tedesco Emil Fahrenkamp.‎

‎[Politecnico] Vittorini, Elio (dir.)‎

‎Il Politecnico. Settimanale [poi: Mensile; poi: Rivista] di cultura contemporanea‎

‎Collezione completa in perfetta conservazione, intelligentemente archiviata in cofanetto in tela fatto su misura. Rara a trovarsi in queste condizioni. «Il Politecnico» è la prima importante rivista culturale del dopoguerra, straordinario esperimento di comunicazione nato dall’instancabile maestria editoriale di Elio Vittorini (il direttore), Giulio Einaudi (l’editore) e Albe Steiner (il designer). Nasce come settimanale, con un taglio più aggressivo, sull’attualità, e insieme leggero nel suo formato quotidiano, fino al n. 28 del 6 aprile 1946; si trasforma quindi profondamente, adottando il formato tabloid e la cadenza mensile, scivolando verso il concept della rivista monografica, tipico degli anni ’60. -- «Nata nel clima culturale dell'immediato dopoguerra, la rivista rifletteva l'entusiasmo per la recuperata libertà di espressione [...] e si proponeva di contribuire a creare una nuova cultura. Una cultura orientata ‘a sinistra’, ma attenta a dialogare anche con le altre componenti [...]. Tale apertura prevedeva anche un tentativo di superare, sulla scorta delle indicazioni gramsciane, la matrice astrattamente umanistica di una cultura concepita come ‘hortus conclusus’ rispetto alla società e alla storia. Da qui l’interesse per il pensiero scientifico e per la tecnologia, oltre che per la letteratura e la filosofia. Il tutto all’insegna di una tensione divulgativa che cercava di evitare ogni chiusura in un vacuo specialismo.» (Carnero, «Non di sola ideologia: Vittorini e la stagione del ‘Politecnico’», sito Treccani online) -- Un’impostazione che finì per urtare l’ortodossia del Pci, con Togliatti che accusò il periodico di vacuo enciclopedismo (lettera aperta sul n. 33/34): una frattura consumatasi sugli ultimi fascicoli della rivista, e che ne accelerò la chiusura. -- «Pur nelle difficoltà e negli equivoci in cui venne spesso a trovarsi, la rivista condusse un'importante battaglia culturale, impegnandosi su tutti i fronti della realtà contemporanea, pubblicando importanti documenti letterari e politici (traduzioni da Wright, Michaux, Pasternak, Brecht, ecc.) insieme a voci sino allora inedite in Italia (le prime lettere dal carcere di Gramsci, le prime traduzioni di Lukács, i contributi di Sartre e di S. De Beauvoir)» (Nozzoli in «Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento», Roma 1997, p. 648)‎

‎[Le Grandi firme] (Pitigrilli)‎

‎Le Grandi firme. Quindicinale di novelle dei massimi scrittori, diretto da Pitigrilli [PRIMA SERIE]‎

‎Edizione originale. Gran parte del pubblicato dal numero 1 (1924) al numero 381 (15 settembre 1938). Mancano i numeri: 77, 115, 121, 124, 149, 151, 182, 191, 200, 206, 219, 220, 240, 249, 260, 289, 291, 292, 294, 296, 298, 300, 301, 302, 305, 308, 309, 310, 312, 313, 314, 315, 316, 319, 320, 321, 328, 345, 347, 350, 351, 370, 376, 377, 378. Fascicoli sciolti in ottimo stato con brossure originali ben conservate (tranne numero 124 privo del piatto anteriore) raccolti in cofanetti protettivi divisi per annate. Rivista quindicinale fondata a Torino nel 1924 da Pitigrilli, al secolo Dino Segre, figura tanto sinistra quanto affascinante della prima metà del Novecento: benché nato in una famiglia di origine ebraica, Segre non fu soltanto un sostenitore del fascismo ma anche un informatore dell’OVRA (la polizia segreta fascista) sospettato di responsabilità dirette nell’arresto di svariate e spesso illustri figure dell’antifascismo piemontese (tra cui Giulio Einaudi, Piero Martinetti, Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Cesare Pavese). Scrittore di successo di romanzi erotici e umoristici, Pitigrilli fu anche editore di diversi periodici a partire da «Le Grandi Firme», periodico ammiccante al bisogno di evasione, di divertimento e alle fantasie sessuali del pubblico borghese a cui era destinato attraverso “novelle” di autori importanti o famosi (da segnalare, nei numeri 65 e 73, racconti di Marinetti ). Leggera e innocentemente provocatoria, la prima serie della rivista continuò le proprie pubblicazioni fino all’aprile del 1937 quando venne ceduta per motivi finanziari ad Arnaldo Mondadori. La nuova serie – iniziata con il numero 308 del 22 aprile 1937 sotto la direzione di Cesare Zavattini – si presentò con un formato rinnovato e con le copertine affidate all’illustratore Gino Boccasile caratterizzate dalla celebre “Signorina Grandi Firme”, donna moderna, disinibita e maliziosamente goffa che avrebbe dominato la grafica del periodico fino all’ottobre del 1938 quando Mussolini ordinò l’immediata chiusura della rivista. L’immagine femminile eccessivamente emancipata comunicata dai disegni e dalle strisce a fumetti di Boccasile, infatti, nonché la pubblicazione di un racconto di Paola Masino - «Fame» - incentrato sulla condizione di estrema povertà di molti italiani risultarono inaccettabili per il regime, decretando la fine di questa eccentrica avventura editoriale.‎

‎[Alfabeta; Nanni Balestrini, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Maria Corti, Antonio Porta, Paolo Volponi et alii]‎

‎Alfabeta‎

‎Collezione completa in edizione originale. Collezione completa di 114 numeri dal maggio 1979 al dicembre 1988 in ottimo stato di conservazione. Nel 1979 la casa editrice milanese Multhipla diretta da Gino Di Maggio decise di riprendere l’esperienza del periodico «AlfaBeta. Laboratorio di critica delle arti visive, di storia dell’arte e …» terminata nel marzo del 1976 dopo soli otto numeri, dando vita ad «Alfabeta. Mensile di informazione culturale». Rispetto alla rivista originaria, più strettamente legata all’ambito artistico, la nuova serie ha interessi - come del resto il sottotitolo dichiara – culturali in senso più ampio, concentrandosi in modo particolare nel campo letterario e in quello politico. Animatori del progetto furono, oltre allo stesso Di Maggio e a Gianni Sassi nella vesta di art director, Nanni Balestrini, Umberto Eco, Paolo Volponi, Antonio Porta, Maria Corti, Francesco Leonetti, Pier Aldo Rovatti e Mario Spinella. Più avanti, il comitato di redazione includerà anche Omar Calabrese, Carlo Formenti, Vincenzo Bonazza, Marisa Giuffra, Nino Trombetta e Maurizio Ferraris. Volontà di Nanni Balestrini – che a ragione può essere considerato come una delle figure fondamentali della rivista, se non la più importante – era quella di creare un gruppo caratterizzato da interessi culturali e posizionamenti politici diversi tra loro così da cogliere e restituire criticamente e nel modo più completo possibile i mutamenti in atto e i movimenti emergenti generando, seppur nella differenza, un fronte comune contro la crisi e il ritiro dalla scena pubblica degli intellettuali e contro il disimpegno politico venuti dopo la stagione del fermento culturale e delle lotte. L’avventura di «Alfabeta» terminerà nel 1988 con il numero 114. Solo nel 2010 Balestrini e Di Maggio cercheranno di recuperare il senso di quell’avventura tanto importante fondando «Alfabeta 2 - mensile di intervento culturale».‎

‎[Ronda] (direttori Vincenzo Cardarelli e Aurelio Emilio Saffi)‎

‎La Ronda‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato, compreso il numero straordinario uscito nel dicembre 1923 in sostituzione del numero del dicembre 1922 mai pubblicato. Fascicoli in ottimo stato rilegati in otto volumi in tela rossa con titoli oro al dorso e acetato. Conserva la prima brossura originale per ogni volume. La rivista «La Ronda», tra le più importanti riviste letterarie del Novecento, cominciò le proprie pubblicazioni a Roma nell’aprile del 1919. Inizialmente diretta da un comitato redazionale composto da Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi, Lorenzo Montano, Riccardo Bacchelli, Antonio Baldini, Bruno Barilli e Aurelio Emilio Saffi – ovvero “i sette savi” come amavano definirsi-, a partire dal quarto numero del 1920 la direzione passò formalmente in mano ai soli Cardarelli e Saffi allargando tuttavia il gruppo dei collaboratori esterni che includeva, tra gli altri, Carlo Carrà, Ardengo Soffici, Guglielmo Ferrero e Vilfredo Pareto. Nata con lo scopo di restituire vigore alla tradizione letteraria italiana minacciata – secondo i rondisti – dalle spinte sperimentali e avanguardiste (con i futuristi, ma anche Pascoli, riconosciuti come principali responsabili dell’impoverimento della letteratura contemporanea), «La Ronda» vedeva in Manzoni e, ancor di più, in Leopardi i modelli a cui guardare. Non a caso, proprio a Leopardi sarà dedicato il corposo numero triplo del marzo/aprile/maggio 1921 «Il Testamento letterario di Giacomo Leopardi» con la curatela di Vincenzo Cardarelli. Nonostante la condivisione di questa causa comune e il forte legame di amicizia tra i membri fondatori, la rivista cessò le pubblicazioni dopo neppure 4 anni di vita a causa di forte divisioni interne: il penultimo numero uscì infatti nel novembre del 1922 prima che nel dicembre 1923 venisse pubblicato, con la dicitura “numero straordinario”, l’atto finale di questa fondamentale avventura culturale ed editoriale tesa a ridare vita e nuove identità al classicismo e alla sua eleganza.‎

‎[Civiltà delle macchine] (direttore Leonardo Sinisgalli; poi: Francesco Flores d’Arcais)‎

‎Civiltà delle macchine [1956 - 1957 - 1970 - 1971 - 1972 - 1976 - 1977 - 1979]‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato degli anni 1956 - 1957 - 1970 - 1971 - 1972 - 1976 - 1977 e 1979. Esemplari in ottime condizioni (da segnalare solo nel numero doppio 3 - 4 del del 1971 il parziale distacco del piatto anteriore della brossura), con occasionali e rare abrasioni al dorso dei fascicoli. Rivista bimestrale fondata nel 1953 dal poeta Leonardo Sinisgalli – che l’avrebbe diretta nei suoi primi cinque anni di vita - per conto di Finmeccanica. Ispirata al «Politecnico – Repertorio di studi applicati alla prosperità e coltura sociale» di Cattaneo, esattamente come il periodico milanese nato nel 1839 «Civiltà delle macchine» si proponeva di riunire cultura scientifica e tecnologica e cultura umanistica, così da favorire uno sviluppo pieno – e armoniosamente organizzato – dei lettori. Numerosi furono gli esponenti di rilievo del mondo letterario, artistico, filosofico e, ovviamente, scientifico ed economico che collaborarono alla rivista nei suoi 26 anni di vita: basterebbe qui ricordare Ungaretti (presente nel numero inaugurale), Moravia, Gadda, Dorfles, Paci, Levi-Montalcini, e poi ancora l’economista Oskar Morgenstern che, da Princeton, scriveva nel 1964 al nuovo direttore Francesco Flores d’Arcais: «Da un po’ di tempo a questa parte ricevo “Civiltà delle macchine” […]. Non conosco nessun’altra rivista che unisca così bene arte e scienza. Continui l’ottimo lavoro». E in effetti comune e importante fu lo sforzo dei suoi ideatori e dei contributori affinché si riunissero ambiti del pensiero e della conoscenza umane ormai fatalmente separati in un tempo che guardava – e che ancora guarda – con sospetto non sempre ragionevole al progresso tecnico-scientifico. Da segnalare infine le bellissime copertine – spesso realizzate con disegni originali da artisti diversi (tra i tanti: Severini, Vedova, Tamburi, Zadkine) – e la grafica curatissima che caratterizzarono l’intera storia di «Civiltà delle macchine». Cfr. D. Germanese, «Civiltà delle macchine (1953 - 1979)» in Parolechiave 1/2014, Carocci, pp. 145 - 152.‎

‎[Civiltà; Valentino Bompiani, Emilio Cecchi e Cipriano Efisio Oppo]‎

‎CIVILTÀ. Rivista bimestrale [poi: trimestrale] della Esposizione Universale di Roma‎

‎Collezione completa. Tutto il pubblicato (11 numeri) in ottimo stato di conservazione, con leggere abrasioni e mancanze al dorso della brossura di alcuni numeri (in particolare 8 e 9). Raro a trovarsi così. Dell’Esposizione universale 1942, che avrebbe dovuto tenersi a Roma ma fu cancellata a causa della guerra, rimane oggi il celebre quartiere dell’EUR, con i suoi monumentali edifici razional-fascisti, traccia di un grandioso piano che avrebbe dovuto celebrare internazionalmente al massimo grado il ventennale del fascismo. Il progetto nacque ben sette anni prima per iniziativa del governatore di Roma Giuseppe Bottai. Contemporaneamente all’elaborazione urbanistico-costruttiva, affidata ad alcuni tra i più interessanti architetti del periodo (Piacentini, Pagano, Moretti, Libera), fin da subito si mise in moto anche la macchina culturale, che vide l’editore Valentino Bompiani tra i protagonisti principali: «[…] ancor prima dell’ottobre 1936, quando Mussolini aveva annunciato per la prima volta la futura Esposizione universale di Roma, l’editore Valentino Bompiani aveva presentato a Bottai, che nel 1935 ricopriva la carica di governatore di Roma, il progetto di una “Mostra della civiltà italica dai tempi di Augusto ai tempi di Mussolini che avrebbe dovuto essere realizzata in un edificio appositamente costruito […]. Bottai fin dall’inizio aveva molto apprezzato il progetto della mostra» caldeggiandolo a Vittorio Cini, commissario generale dell’expo. «Tra la fine del ’36 e i primi mesi del ’37 tale progetto continuò a essere oggetto di uno scambio di corrispondenza tra Bompiani, Cini e Oppo» (E 42, I, pp. 118b). La «lussuosissima rivista “Civiltà” accompagnò, commentò, discusse, appunto la Mostra della civiltà italiana, seguendo le strutture fisiche del palazzo e, insieme, il definirsi dei contenuti» (ivi, p. 8a), rimanendo oggi, al pari del Palazzo della Civiltà, imponente ‘Colosseo moderno’, unico monumento dell’impresa. Il primo numero esce nell’aprile del 1940, nel formato tipico della rivista/album in 4° su carta patinata. Nasce come bimestrale ma subito dal terzo fascicolo passa a trimestrale con quattro uscite l’anno. Nel comitato di direzione oltre a Bompiani figurano Emilio Cecchi, responsabile della parte storico-letteraria, e Cipriano Efisio Oppo, fondatore e direttore della Quadriennale e direttore artistico di E42; ruolo onorario ebbe il senatore Luigi Federzoni dell’Accademia d’Italia, nelle vesti di presidente del comitato. Grande attenzione è posta a coniugare alta qualità dei materiali e grandi tirature: carta a doppia patinatura Binda; compositori tipografici Grafitalia, Raffaello Bertieri, Arti Grafiche Bergamo e Stabilimento Giani; incisioni Alfieri e Lacroix e De Pedrini. Da questo punto di vista, «Civiltà» è da considerarsi come il capolavoro del Bompiani editore ai tempi del fascismo, e una delle vette della ‘via italica’ al rotocalco di qualità, quel tipo di pubblicazione d’aspetto lussuoso e curato ma a destinazione popolare inventato dal newyorkese Condé Nast con «Vanity Fair» e il rilancio di «Vogue» nei primi anni dieci del Novecento. -- Le copertine sono per lo più opere originali di artisti importanti — per «spezzare — come scrive Bompiani a Oppo nel settembre del ’40 — il cerchio dell’aulica classicità» (Cristallini, p. 271a). Impaginate al vivo e passanti lungo il dorso dal piatto anteriore al posteriore, presentano una qualità di riproduzione fotostatica elevatissima nella resa dei colori e del dettaglio: l’olio di Campigli sulla copertina del n. 1 è percepibile in tutta la sua tridimensionalità materica, così come il Morandi del n. 7, che si vede fin nella grana della tela, o il Fausto Pirandello del n. 9. Gli altri artisti ad apparire sulle copertine di «Civiltà» sono Funi, De Chirico e Boldini. L’impaginato interno è svolto secondo precise linee di classicità razionale, riconducibili al magistero di Edoardo Persico e dell’editoriale Domus: fotografie e grandi tavole a colori impaginate al vivo, veline di cellophane parlanti. I contenuti sono riservati al recupero storico e antropologico della «civiltà italiana»; grande spazio è riservato ai reperti della romanità e ai grandi artisti rinascimentali, senza dimenticare la serie dedicata al rapporto tra grandi scrittori stranieri e l’Italia, particolarmente nel corso dell’Ottocento. Gli scrittori sono scelti tra gli accademici, i professionisti e gli specialisti degli argomenti trattati, che spaziano dalla musica al design passando per la letteratura, l’arte, la storia e le scienze; spiccano i nomi di Piacentini, Alvaro, Gentile, Pasquali, D’Amico, Baldini, Bontempelli, Radius, Dettore, Praz, Manzini, Tecchi, Bacchelli, De Robertis, Vergani, Apollonio, Marpicati, Piovene. -- Il dato fotografico rimane sempre eccezionale, e a tutt’oggi di grande interesse, soprattutto quando si stacca dalla documentazione storica per ritrarre la contemporaneità: spaccati di razionalismo fascista o momenti di vita di sapore neorealista (feste popolari, lavoro nei campi, lavoro nelle grandi industrie), «tagli nuovi, audaci ingrandimenti, anche di particolari a piena o a doppia pagina, che si offrono come incisivo richiamo emotivo e spettacolare» (ivi, p. 268-s). Collaborano all’iconografia tra gli altri i fotografi Alinari, Faraglia, Guidotti, Comencini, Fiorentini, Pozzi Bellini, Parisio, Massani, Omegna e gli architetti Pagano, Peressutti, Bardi. Una menzione meritano anche le tavole pubblicitarie ordinatamente impaginate nelle prime trentadue pagine di ciascun fascicolo, e stampate a colori: si ravvisano le firme di Ricas, Derrico, Cancelli, Riccobaldi, Carboni, Menzio, Delfino, Gino Kraier, Giammusso, Gallesi, Casa, Piffero; notevole la serie per Fiat che appare sempre a rispecchio dell’occhiello, proponendo opere di Bartoli, Sironi, Paolucci, Guzzi, Casorati, Bucci. -- La rivista continua le sue uscite ininterrottamente nel corso della prima fase della guerra, quella che vede la Germania vittoriosa; segue ‘a distanza’ — per così dire — l’evolversi degli eventi bellici, registrando per esempio l’entrata in guerra del Giappone con una serie di articoli sui guerrieri Ronin. Pubblicato non senza difficoltà, come denunciano le tavole pubblicitarie per la prima volta in bianco e nero, l’ultimo numero 11 esce con data ottobre 1942, cioè alla vigilia delle disfatte di Stalingrado ed El-Alamein, le due battaglie che segnarono il cambio di rotta nelle sorti del devastante conflitto mondiale. E 42: utopia e scenario del regime (Venezia 1987); Cristallini, La rivista dell’Esposizione universale di Roma: Civiltà (ivi, II, 266-273) 11 volumi‎

‎[Don Basilio] (Comitato direttivo: R. Maccari, M. Majorana, M. Pescatore, F. Scarpelli]‎

‎Don Basilio. Settimanale satirico contro le parrocchie di ogni colore‎

‎Edizione originale. Gran parte del pubblicato dal numero 1 del 12 settembre 1946 al numero 85 del 25 aprile 1948. Mancano i numeri: 16 - 17 - 34 - 49. Esemplari bruniti e con occasionali lacerazioni, ma nel complesso in stato più che buono se non ottimo per alcuni fascicoli. Fondata nel 1946 a Roma e diretta da un comitato formato da Maccari, Majorana, Pescatore e Scarpelli, «Don Basilio» si proponeva - sulla scia di precedenti e importanti esperienze di satira politica e anticlericale, a cominciare da «L’asino» di Gabriele Galantara e Guido Podrecca - di combattere con l’ironia e l’umorismo «contro le parrocchie di ogni colore», come recita il sottotitolo. Nel clima socialmente e politicamente teso dell’Italia dell’immediato dopo guerra, la redazione del settimanale rese chiarissime la propria posizione e la propria vocazione ferocemente avversa al Vaticano e alla Democrazia Cristiana. E basterebbe del resto guardare al grande titolo che domina il numero di apertura del 12 settembre 1946 per comprenderlo: «De Gasperi è un fantoccio manovrato dalla Compagnia di Gesù» accompagnato da una vignetta in cui Don Sturzo - ritornato in Italia da pochi giorni dopo l’esilio americano - viene accolto proprio da De Gasperi, dal Papa e da un gruppo di inquietanti prelati e guardie svizzere. L’esperienza di «Don Basilio» nel formato originario si concluse nel 1948 dopo 120 uscite, benché una “nuova serie” continuò le pubblicazioni dal gennaio 1949 all’aprile 1950.‎

‎[Le Rire. Journal Humoristique Paraissant le Samedi] (direttore Felix Juven)‎

‎Le Rire. Journal Humoristique Paraissant le Samedi‎

‎Edizione originale. Numeri dal 159 (novembre) al 164 (dicembre) più un numero speciale fuori serie del 1897 e tutto il pubblicato del 1900 (compreso numero speciale «Le dégout. Numéro spécial dédié aux Gouvernements européens»). Fascicoli normalmente bruniti in ottimo stato di conservazione rilegati in due volumi. 6 numeri dal 20 novembre al 25 dicembre 1897 (più un numero speciale fuori serie) e tutto il pubblicato del 1900 (compreso il numero speciale «Le dégout. Numéro spécial dédié aux Gouvernements européens») del settimanale satirico francese «Le Rire» attivo dal 1894 al 1971. Fondata a Parigi da Felix Juven - che assunse, oltre al ruolo di direttore, anche quello di editore mentre la redazione venne affidata al giornalista e critico d’arte Arsène Alexandre - , la rivista si componeva di circa 16 pagine composte da testi, strisce a fumetti, vignette e illustrazioni spesso a piena pagina in bianco e nero e a colori affidate, tra i tanti e nel tempo, a Toulouse-Lautrec, Marcel Duchamp, Charles Léandre, Leonetto Cappiello. Ovviamente feroce nei confronti della classe politica francese, «Le Rire» si rivolgeva al pubblico parigino più agiato, attento all’attualità ma anche incuriosito dai cambiamenti sociali o dalle novità artistiche e culturali.‎

‎[Novissima. Albo d’arti e lettere] (direttore Edoardo De Fonseca) [1901 - 1910]‎

‎Novissima. Albo d’arti e lettere. Direttore: Edoardo de Fonseca‎

‎Edizione originale. Rara collezione completa (10 volumi). Esemplari in ottime condizioni con rare e normali abrasioni ai piatti (da segnalare solo fioritura al piatto del X volume). Carte pulite con qualche occasionale fioritura. Rarissima collezione completa di «Novissima» “albo d’arti e lettere” ideato e fondato da Edoardo De Fonseca tra il 1900 – anno in cui diede vita a Milano alla Società Editrice di Novissima - e il 1901, anno di pubblicazione del primo volume di questa bellissima – e unica nel suo genere – rivista dedicata alla letteratura, all’arte e all’illustrazione. Contraddistinta da una grafica curata e riccamente liberty, al suo interno «Novissima» raccoglieva testi e componimenti poetici di autori importanti (tra i molti, De Amicis, Pirandello, Pascoli, D’Annunzio), rubriche di teatro, musica e moda, inserzioni pubblicitarie ma, soprattutto, illustrazioni e tavole stampate su carte di tipo diverso. Bompard, Majani, Terzi, Dudovich, Kienerk sono solo alcuni degli illustratori che De Fonseca chiamò a sé per collaborare stabilmente al periodico annuale e per firmare le copertine, piccoli gioielli d’Art Nouveau. Nel dettaglio, «Novissima» si presentò con la copertina del 1901 - raffigurante una giovane donna tra i rami di ciliegio - firmata da Aleardo Terzi; nel 1902 con l’illustrazione di Antonio Rizzi; nel 1903 con l’elegante creazione dello scultore Edoardo Rubino, a metà tra bassorilievo e cammeo; nel 1904 con la grafica del notissimo cartellonista Marcello Dudovich; nel 1905, il piatto anteriore è affidato ad Augusto Majani, mentre nel 1906 nuovamente ad Aleardo Terzi; nel 1907, in un numero che affronta i temi emersi all’Esposizione Internazionale di Milano dell’anno precedente, la copertina - che ritrae un uomo intento a innaffiare un melograno - è di Duilio Cambellotti; nel 1908 il tema femminile è invece sviluppato da Giovanni Mataloni; nel 1909 è la volta di Alfredo Baruffi, a cui viene affidata anche l’illustrazione dell’intero volume, mentre nel 1910 la pubblicazione si congeda con la copertina di Umberto Bottazzi. Tra i contributi artistici accolti all’interno dei numeri, non si può non segnalare quantomeno la presenza di un’opera di Giacomo Balla nel volume del 1904. Perfettamente in linea con i tempi, l’esperienza di «Novissima» si concluse nel 1910 al mutare del gusto artistico e del clima culturale, rimanendo tuttavia una splendida testimonianza dello spirito a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, così sospeso, onirico e borghesemente languido. 10 voll.‎

‎D’Annunzio, Gabriele [su Giovanni Segantini]‎

‎Per la morte di Giovanni Segantini [«Il Marzocco» n. 36, 8 ottobre 1899 - PRIMA EDIZIONE]‎

‎Prima edizione. Rarissimo fascicolo in ottimo stato di conservazione, leggermente brunito, con lievissime e limitate mancanze al lato inferiore del primo foglio e normali, non deturpanti abrasioni lungo le pieghe del giornale. Da segnalare 4 sottolineature a matita blu, probabilmente coeve, al primo foglio. Pubblicata per la prima volta in volume dall’editore Treves nel dicembre del 1903 all’interno di «Elettra» - secondo libro delle dannunziane «Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi» -, «Per la morte di Giovanni Segantini» inaugura nel cuore del poema - subito dopo i 3 canti “della morte e della gloria” - la sezione dominata dagli epicedi «Per la morte di Giuseppe Verdi», «Nel primo centenario della nascita di Vincenzo Bellini», «Nel primo centenario della nascita di Victor Hugo», «Per la morte di un distruttore F. N. XXV Agosto MCM» (dedicata a Nietzsche), «Per la morte di un capolavoro» e testimonia tutta l’ammirazione di D’Annunzio per la “dolce e rude” anima del grande pittore trentino «che cercava una patria nelle altezze più nude sempre più solitaria». Ma le vibranti e commosse parole del poeta tese a evocare la potenza maestosa, pura e al tempo stesso dolente dei monti tanto cari a Segantini così da evocare e fermare per sempre lo spirito dell’artista avevano già visto la luce nei giorni immediatamente successivi all’improvvisa morte del maestro divisionista e simbolista, avvenuta il 28 settembre 1899. La loro prima pubblicazione, infatti, risale all’8 ottobre dello stesso anno quando la rivista letteraria «Il Marzocco» - settimanale fondato a Firenze nel 1896 a cui lo stesso D’Annunzio aveva dato il nome in omaggio al leone simbolo della Repubblica fiorentina - dedicò l’intero numero 36 alla scomparsa del pittore. Delle quattro grandi pagine di cui si componeva il periodico tre accolsero contributi firmati dal direttore della rivista Enrico Corradini, da Angelo Conti, da Domenico Tumiati e da Vittore Grubicy, mentre la prima ospitò il solenne canto celebrativo del Vate, già posto sotto il titolo «Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi». Rarissimo fascicolo, da considerarsi a tutti gli effetti una prima edizione. Cfr. F. Masci (a cura di), «La vita e le opere di Gabriele D’Annunzio, in un indice cronologico e analitico», Danesi, Roma 1950, p. 149.‎

‎D’Annunzio, Gabriele‎

‎La morte del cervo [«Il Marzocco» n. 22, 31 maggio 1903 - PRIMA EDIZIONE]‎

‎Prima edizione. Rarissimo fascicolo in ottimo stato di conservazione con rarissime fioriture e normali abrasioni non deturpanti alle pieghe del giornale. Timbro alla prima pagina. Composta nell’agosto del 1902 e pubblicata per la prima volta in volume nel dicembre del 1903 dall’editore Treves all’interno di «Alcyone» - terzo libro del ciclo «Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi» - «La morte del cervo» fu pubblicata in anteprima sulla prima pagina di «Il Marzocco» del 31 maggio 1903. Fondato a Firenze nel 1896 e attivo fino al 1932, il settimanale letterario «Il Marzocco» si propose come luogo di difesa della “pura bellezza”, in perfetta sintonia con i principi dell’estetismo nazionale ed europeo. Non a caso, dunque, D’Annunzio non fu soltanto un fedele collaboratore della rivista ma anche uno degli estensori del suo manifesto, nonché l’ideatore del nome (voluto in omaggio al leone simbolo della Repubblica fiorentina).‎

‎[Tèchne] (Direttore Eugenio Miccini)‎

‎Tèchne. Bollettino/rivista del Centro «Tèchne» (Primo numero, ottobre 1969)‎

‎Edizione originale. Esemplare in stato più che buono (strappo in corrispondenza del primo punto metallico al piatto anteriore, gora perimetrale al piatto posteriore, carte e tagli leggermente bruniti). Completo di «Poesia sotterranea poesia trovata» di Franco Vaccari e di una serigrafia originale di Vittorio Del Piano con testo di Michele Perfetti. Primo numero della rivista «Tèchne» pubblicata a Firenze a partire dall’ottobre del 1969 e diretta da Eugenio Miccini come bollettino del Centro omonimo (voluto e creato dallo stesso artista e poeta toscano sempre nel 1969). Tra i membri fondatori del «Gruppo 70» insieme a Lamberto Pignotti e Luciano Ori, Miccini si propose con il centro culturale e con il periodico a esso collegato di proseguire il lavoro di ricerca e divulgazione militante nel campo della sperimentazione d’avanguardia e della Poesia Visiva, di cui l’artista toscano, scomparso nel 2007, fu non soltanto uno dei massimi esponenti ma anche ideatore del termine proprio all’interno dell’esperienza del già ricordato «Gruppo 70». Eccentricamente composta da fogli dattiloscritti, manifesti, riproduzioni di opere su carta patinata di diversi formati, volantini e con i suoi testi in italiano, inglese e tedesco il periodico - la cui pubblicazione proseguirà fino al 1976, con un’interruzione tra il 1970 e il 1974, per un totale di 19 numeri divisi in 9 fascicoli - si presentava come una raccolta di materiali variamente legati alla sperimentazione verbo-visiva (diventando, insieme a «Lotta Poetica», l’organo più importante del movimento di Poesia Visiva non soltanto a livello nazionale) e come cassa di risonanza delle attività del Centro o di luoghi similmente e volontariamente lontani dai circuiti culturali tradizionali e dal potere da essi esercitato. Oltre ai contributi, tra gli altri, di Miccini, Achille Bonita Oliva, Luigi Paolo Finizio, Michele Perfetti, il primo numero contiene opere di: Walter Fusi, Umberto Lanza, Renato Ranaldi, Renato Spagnoli, Giovanni Campus, Bianca Garinei, Gabriele Perugini, Riccardo Guarneri, Delia Betto, Carlo Severa. Da segnalare in particolare, all’interno del presente fascicolo, una serigrafia dell’artista pugliese Vittorio Del Piano e, soprattutto, le tavole fotografiche di Franco Vaccari «Poesia sotterranea poesia ritrovata» non presenti in tutte le copie del primo numero a causa dell’allestimento artigianale delle copie stesse (Cfr. M. Bazzini, G. Maffei, «Geiger - Tèchne. Edizioni di poesia e arte», p. 85). M. Bazzini, M. Gazzotti, «Controcorrente. Riviste e libri d’artista delle case editrici della Poesia visiva», Allemandi, Torino 2011, pp. 21 - 22; M. Bazzini, G. Maffei, «Geiger - Tèchne. Edizioni di poesia e arte», Gli Ori, Pistoia 2002; G. Maffei, P. Peterlini, «Riviste d’Arte d’Avanguardia», Edizioni Sylvestre Bonnard, 2005, p. 146.‎

‎[Tèchne] (Direttore Eugenio Miccini)‎

‎Tèchne. Bollettino/rivista del Centro «Tèchne» (numeri 1, 2, 3/4)‎

‎Collezione completa dei primi 4 numeri. Tutto il pubblicato del 1969 e primo numero doppio del 1970. Fascicoli in ottime condizioni, con normali abrasioni e segni d’usura alle brossure e carte e tagli leggermente bruniti (lieve fioritura ala prima carta del numero 3/4). Molto rari, specie in queste condizioni. Estremamente rari. Primi 4 numeri in 3 fascicoli della rivista «Tèchne» pubblicata a Firenze a partire dall’ottobre del 1969 e diretta da Eugenio Miccini come bollettino del Centro omonimo (voluto e creato dallo stesso artista e poeta toscano sempre nel 1969). Tra i membri fondatori del «Gruppo 70» insieme a Lamberto Pignotti e Luciano Ori, Miccini si propose con il centro culturale e con il periodico a esso collegato di proseguire il lavoro di ricerca e divulgazione militante nel campo della sperimentazione d’avanguardia e della Poesia Visiva, di cui l’artista toscano, scomparso nel 2007, fu non soltanto uno dei massimi esponenti ma anche ideatore del termine proprio all’interno dell’esperienza del già ricordato «Gruppo 70». Eccentricamente composta da fogli dattiloscritti, manifesti, riproduzioni di opere su diversi tipi di carta e di formato, volantini e inserti e con i suoi testi in italiano, inglese e tedesco il periodico - la cui pubblicazione proseguirà fino al 1976 per un totale di 19 numeri divisi in 9 fascicoli - si presentava come una raccolta di materiali variamente legati sperimentazione verbo-visiva - diventando, insieme a «Lotta Poetica», l’organo ufficiale del movimento di Poesia Visiva non soltanto a livello nazionale - e come cassa di risonanza delle attività del Centro o di luoghi similmente e volontariamente lontani dai circuiti culturali tradizionali e dal potere da essi esercitato. In questi primi numeri relativi al periodo compreso tra l’ottobre del 1969 e il marzo del 1970, si segnalano in particolare i lavori e le tavole grafiche di Eugenio Miccini, Michele Perfetti, Bianca Garinei, Giuseppe Manigrasso, Lamberto Pignotti, Luciano Ori, Jean-François Bory, Franco Vaccari, Adriano Spatola, Jiri Valoch, e gli appunti critici, tra gli altri, dello stesso Miccini, Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles. Nella copia del primo numero qui proposta non sono presenti - a causa dell’allestimento artigianale di queste primissime uscite della rivista (Cfr. M. Bazzini, G. Maffei, «Geiger - Tèchne. Edizioni di poesia e arte», p. 85) - la serigrafia di Vittorio Del Piano e le tavolo fotografiche di Franco Vaccari «Poesia sotterranea poesia trovata». M. Bazzini, M. Gazzotti, «Controcorrente. Riviste e libri d’artista delle case editrici della Poesia visiva», Allemandi, Torino 2011, pp. 21 - 22; M. Bazzini, G. Maffei, «Geiger - Tèchne. Edizioni di poesia e arte», Gli Ori, Pistoia 2002; G. Maffei, P. Peterlini, «Riviste d’Arte d’Avanguardia», Edizioni Sylvestre Bonnard, 2005, p. 146.‎

‎[Tèchne] (Direttore Eugenio Miccini; redattore Lino Centi)‎

‎Tèchne (numeri 11/12/13 e 14/15/16)‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato del 1974 e del 1975 (due numeri tripli: 11/12/13 e 14/15/16). Fioritura e piccola mancanza al piatto anteriore della brossura del 1975 e normali tracce di usura a entrambi i numeri, ma nel complesso ottimi esemplari. Estremamente raro. Tutto il pubblicato degli anni 1974 e 1975 in due numeri tripli (11/12/13 e 14/15/16) nel nuovo formato 22 x 16 cm (rispetto ai precedenti 34 x 24 e 33 x 22 degli anni 1969 - 1970) della rivista «Tèchne» pubblicata a Firenze a partire dall’ottobre del 1969 e diretta da Eugenio Miccini come bollettino del Centro omonimo (voluto e creato dallo stesso artista e poeta toscano sempre nel 1969). Tra i membri fondatori del «Gruppo 70» insieme a Lamberto Pignotti e Luciano Ori, Miccini si propose con il centro culturale e con il periodico a esso collegato di proseguire il lavoro di ricerca e divulgazione militante nel campo della sperimentazione d’avanguardia e della Poesia Visiva, di cui l’artista toscano, scomparso nel 2007, fu non soltanto uno dei massimi esponenti ma anche ideatore del termine proprio all’interno dell’esperienza del già ricordato «Gruppo 70». Eccentricamente composta da fogli dattiloscritti, manifesti, riproduzioni di opere, volantini e con i suoi testi in italiano, inglese e tedesco il periodico - la cui pubblicazione proseguirà, con un’interruzione tra il 1970 e il 1974, fino al 1976 per un totale di 19 numeri divisi in 9 fascicoli - si presentava come una raccolta di materiali variamente legati sperimentazione verbo-visiva (diventando, insieme a «Lotta Poetica», l’organo ufficiale del movimento di Poesia Visiva non soltanto a livello nazionale) e come cassa di risonanza delle attività del Centro o di luoghi similmente e volontariamente lontani dai circuiti culturali tradizionali e dal potere da essi esercitato. Rispetto alle prime uscite della rivista, i volumi qui proposti si presentano con una confezione editoriale classica, apparentemente meno vicina allo stile delle riviste avanguardiste e sperimentali assemblate artigianalmente. Rimangono tuttavia le pagine dattiloscritte (con saggi e interventi più lunghi e non più proposti anche in inglese e tedesco), gli inserti e le tavole grafiche stampati su carte di tipo e formati diversi tipici del periodico. Tra i molti contributi testuali e visivi raccolti in questi numeri si segnalano, in particolare, quelli di Sylvano Bussotti, Lucia Marcucci, Emilio Isgrò, Lino Centi, Miroslav Klivar, Lamberto Pignoti, Eugenio Miccini. M. Bazzini, M. Gazzotti, «Controcorrente. Riviste e libri d’artista delle case editrici della Poesia visiva», Allemandi, Torino 2011, pp. 21 - 22; M. Bazzini, G. Maffei, «Geiger - Tèchne. Edizioni di poesia e arte», Gli Ori, Pistoia 2002; G. Maffei, P. Peterlini, «Riviste d’Arte d’Avanguardia», Edizioni Sylvestre Bonnard, 2005, p. 146.‎

‎Pascoli, Giovanni‎

‎Il secolo XX (anno XI, numero 5) [Le lacrime di Bacco; Alla sorella Ida]‎

‎Prima edizione. Minimi restauri alla brossura dorso, ma ottimamente conservato. La rivista accoglie alle pp. 377-92 il lungo articolo di Pio Schinetti «Pagine inedite di Giovanni Pascoli», di particolare interesse per le fotografie, i disegni (tra cui alcuni, su cartolina, tracciati dal poeta stesso) e i manoscritti riprodotti. L’articolo si conclude con due poesie di Pascoli al tempo inedite: la prima, «Le lacrime di Bacco», fu esclusa dalle «Poesie varie», mentre la seconda vi entrò col titolo di «Ida». Mentre l’una è di sfondo classico e mitologico, scritta durante gli anni universitari (il manoscritto della poesia è datato 1878), l’altra è un’affettuosa poesia per la sorella Ida, scritta a Matera nel 1882. Angela Ida Villa, «La divina ispirazione del poeta moderno alla maniera di quelli antichi e il ritorno di Dionisio, di Pan e del gladiatore Spartaco nelle poesie giovanili di Giovanni Pascoli», Milano, Educatt, 2012, pp. 41 sgg.‎

‎[Pascoli]‎

‎«A Victor Hugo» in «12: calendario mediterraneo». Edito a cura dei dodici nella Fiera del libro 1932 - X‎

‎Prima edizione. Bell’esemplare a pieni margini, in gran parte intonso. Scritta a ridosso del centenario della nascita dello scrittore francese (in calce la data 24 gennaio 1902), la poesia «A Victor Hugo» qui contenuta era già stata pubblica nelle «Poesie varie» curate da Maria Pascoli nel 1912, a dispetto di quanto annuncia la rivista sulla copertina e nella nota che precede il testo: «Nel 1902 Federico de Maria, (ecco il... victohughiano) cominciò a raccogliere in un album pensieri, omaggi, autografi di scrittori e artisti italiani a Victor Hugo. [...] Ne riproduciamo una delle gemme più preziose, una poesia – inedita – di Giovanni Pascoli».‎

‎Aa. Vv. (prefazione di Mario Guelfi)‎

‎Premio Bocca di Magra 1993‎

‎Prima edizione. Ottimo esemplare.‎

‎[Mal’Aria, libretti] (Arrigo Bugiani)‎

‎I Libretti di Mal’Aria‎

‎Edizione originale. CON DEDICA Rarissima collezione di quasi tutto il pubblicato dei «Libretti di Mal’aria» (non presenti soltanto i numeri 23, 25, 41, 46, 56, 63, 66, 69, 70 della serie “500 meno”. “500 meno 62” e “500 meno 68” mai stampati) completa anche del numero speciale fuori serie «Mossieri intravisti da Dilvo Lotti» del Natale 1977. La raccolta include inoltre: una lettera d’invio di alcuni libretti dattiloscritta e firmata a mano da Arrigo Bugiani dell’ottobre 1974, un biglietto d’auguri autografato datato 1974, un altro biglietto d’auguri autografato e con una xilografia di Pietro Parigi, tre lettere dello stesso Bugiani all’illustratore Angelo Guazzoni e il libretto fuori serie preparato in occasione della morte di Bugiani con un’incisione di Maraelisa Leboroni. Tutti gli esemplari - in totale 561 - sono in ottimo stato di conservazione, privi di particolari difetti da segnalare. La prima centuria è conservata nelle buste d’invio editoriali. Ideati nell’estate del 1960 dal geniale operaio-poeta-editore toscano Arrigo Bugiani per conservare traccia della rivista maremmana - da lui fondata nel 1951 e attiva, per nove numeri, fino al 1955 - «Mal’Aria», i «Libretti di Mal’Aria» erano creati con fogli di formato A4 di tipo diverso (comuni o di pregio, ma sempre cercata e recuperata da Bugiani in cartiere, tipografie o ovunque fosse disponibile carta di risulta o di scarto) piegati in quattro parti così da ottenere otto pagine. Progettati, composti, impaginati e dopo la stampa a Pisa con una tiratura fissa di 500 copie confezionati e spediti dallo stesso Bugiani, i 569 piccoli volumi che videro la luce tra il 1960 e il 1994 contenevano sempre una poesia, un testo, un’incisione donati da uno straordinario gruppo di poeti, scrittori e artisti che, per oltre trent’anni, supportarono questa meravigliosa e unica avventura editoriale. Organizzati in centurie ed eccentricamente pubblicati - come ricorda il figlio di Bugiani, Orso, i libretti «erano suddivisi in gruppi prima di sei, poi di dieci […], omogenei per genere, o poesia o curiosità. Accadeva così che, secondo la disponibilità di materiale, due, tre o quattro gruppi fossero lavorati insieme, ciò che faceva sì che molti libretti restassero indietro, stampati appresso a quelli che nella numerazione venivano dopo» -, essi ospitarono originali, inediti o riproduzioni di opere di Boccioni, Guttuso, De Pisis, Morandi, Modigliani, Parigi (solo per ricordarne alcuni), oltre alle parole, tra i tanti, di Sbarbaro, Barile, Luzi, Sinisgalli, Caproni. Una comunità di amici più che di collaboratori, stretta intorno a un progetto che aveva come solo la fine la condivisione il più possibile libera e disinteressata di frammenti di bellezza. E basterebbe leggere le parole di Bugiani impresse nel prezioso libretto fuori serie «Mossieri intravisti da Dilvo Lotti» per comprendere l’affetto e la stima che legavano l’editore a questa comunità e viceversa fin dai tempi della rivista «Mal’Aria», nonché la volontà di rendere accessibile a tutti il lavoro di scrittori e artisti che animò questa impresa tanto bizzarra quanto poetica: «La rivista maremmana “Mal’Aria” fu un semplice capriccio di provinciali che si sbizzarrì nel giro di soli nove numeri, negli anni dal 1951 al 1955. E siccome “di cosa nasce cosa e il tempo la governa”, finita la rivista, da essa derivarono foglietti dapprincipio popolareschi: veramente popolareschi, di contenuto e di portamento non costavano due centesimi fatti per riprendere cosucce vecchie poco note o dimenticate oppure per mettere alla portata dei poveri il notevole pregio di scrittori e artisti attuali. Ma chi l’avesse detto: si vede che in tali foglietti cosiddetti “Libretti di Mal’Aria”, c’era dentro il seme della continuità, il segno dell’origine, se la passione si ridestava come al tempo di prima […]. Dev’esser stato che questi uomini che avevano già sospinto “Mal’Aria” (generosi, stupiti, spregiudicati, nobili, vivaci, altruisti, modelli, liberi bellamente liberi) dettero mano, più tardi, ai libretti, chi in un modo chi in altro modo; e se no più, tutti, per mezzo di penna o matita, certo col soffio dell’animo». A. Bugiani, «Mossieri intravisti da Dilvo Lotti», «Libretti di Mal’Aria», Cursi, Pisa 1977; O. Bugiani, «Breve storia di Arrigo Bugiani poeta», Associazione culturale Resine, Savona 2010.‎

‎Munari, Bruno‎

‎Rose nell’insalata. Illustrazioni dell’autore [RAGAZZI]‎

‎Prima edizione nella collana «Libri per ragazzi». Ottimo esemplare (piccola traccia di etichetta rimossa al piatto posteriore)..‎

‎[D’Annunzio, Gabriele, Alceste De Ambris, Vittorio Graziani et alii]‎

‎Comando di Fiume d’Italia. Bollettino ufficiale [PRIMA SERIE]‎

‎Prima serie completa nn. 1-9 e 11 (il 10 mai pubblicato). Fascicoli in ottimo stato di conservazione, da segnalare solo minima fioritura al primo numero. IL 4 febbraio 1920 appare il numero I,1 del «Bollettino ufficiale» del Comando di Fiume d’Italia, con lo scopo principale di fare informazione e controinformazione: diffondere ai sostenitori e «agli avversari di buona fede» gli atti del Comando, e contrastare la campagna di denigrazione messa in campo dai nemici della causa fiumana. Il bollettino, che inizialmente appare con cadenza poco meno che quotidiana e via via si attesta tra il settimanale e il decadale, diventa uno strumento essenziale per registrare nel dettaglio le vicende dell’occupazione. Il suo successo fu tale che, nel maggio 1920, si provvide a stamparne una «prima serie» che ripercorre gli atti salienti del 1919: ne escono 10 fascicoli (l’ultimo erroneamente numerato «11») con l’indicazione di «prima serie» tra parentesi a seguire il numero, datati dal 12 settembre (marcia di Ronchi) al 25 ottobre. Salaris, Alla festa della rivoluzione (Bologna 2002); L’Arengario S.B., La città inquieta e diversa (2019), nn. 45-48, 60, 67; Guabello, Raccolta dannunziana, n. XXXXXX-; Gerra, L’impresa di Fiume, XXXXXX‎

‎[D’Annunzio, Gabriele, e Alceste De Ambris]‎

‎La Reggenza Italiana del Carnaro. Disegno di un nuovo ordinamento dello stato libero di Fiume. Qvis contra nos? [in: Bollettino del Comando di Fiume]‎

‎Prima edizione ufficiale della «Carta del Carnaro». Ottimo esemplare, normalmente brunito. «La Reggenza Itaiana del Carnaro» rappresentò la costituzione dello stato libero di Fiume italiana, documento-simbolo di quella sorprendente avventura rivoluzionaria cominciata il 12 settembre 1919 con la marcia dei legionari da Ronchi (oggi appunto Ronchi dei legionari, Gorizia) e conclusasi nel «Natale di sangue» del 1920. I bibliografi ritengono che essa sia stata stampata per la prima volta in una rarissima placchetta in sole 110 copie fuori commercio, con data 27 agosto 1920 (effettiva promulgazione dell’ordinamento) e con due refusi nel testo laddove negli articoli 18 e 35 compariva ancora il termine «repubblica», altrove sistematicamente sostituito con reggenza. In questa prima edizione ufficiale, a cui è dedicato invece il trentunesimo «Bollettino ufficiale del Comando di Fiume d’Italia», l’errore è per la prima volta sanato. -- La carta fu elaborata in gran parte da Alceste De Ambris, dal gennaio 1920 capo di gabinetto del comandante di Fiume d’Italia (sotto la sua guida si intensificarono le attività più avanzate in termini di propaganda rivoluzionaria), il quale consegnò la bozza il 18 marzo 1920, come «Costituzione della Repubblica italiana del Carnaro». Il 12 agosto, al Teatro Fenice di Fiume D’Annunzio pronuncia il discorso «Domando alla città di vita un atto di vita», nel quale si riferisce del lavoro sulla carta e della prossima scadenza fissata al 12 settembre per la promulgazione dello «Stato libero del Carnaro» — «la nostra nuova vita». Da questo momento fino al 27 agosto si colloca l’intenso lavoro di revisione e integrazione: «L’editing dannunziano consiste nella trasposizione dello scritto in prosa d’arte, con il sistematico uso, per indicare istituti e varie magistrature, di termini arcaici tratti dal linguaggio degli antichi statuti comunali e corporativi, e nella sostituzione della parola repubblica con reggenza. Da poeta, D’Annunzio trova perfino una giustificazione estetica, dicendo che “reggenza italiana del Carnaro” è un endecasillabo: “Il ritmo ha sempre ragione”» (Salaris, p. 86)‎

‎[Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà]‎

‎Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà [Torre Pellice]‎

‎Edizione originale stampata nella tipografia clandestina “L’Alpina” di Torre Pellice. Tutto il pubblicato del 1944 dei “Nuovi quaderni di Giustizia e Libertà” (numeri 1, 2 - 3, 4). Quaderni 2 - 3 e 4 in ottimo stato, con normali segni d’usura alle brossure. Quaderno 1 con distacco fermato dei piatti della brossura e dorso con estese mancanze, ma carte in ottimo stato. Tutto il pubblicato del 1944 dei “Nuovi quaderni di Giustizia e Libertà” stampati nella tipografia “L’Alpina” di Torre Pellice, luogo simbolo delle pubblicazioni clandestine antifasciste piemontesi in cui coraggiosamente nasceva e da cui coraggiosamente veniva diffuso il materiale partigiano. Questi “Nuovi quaderni” ripresero l’eredità dei primi quaderni di Giustizia e Libertà - quelli voluti da un gruppo di esuli antifascisti guidati da Carlo Rosselli ed Emilio Lussu e stampati a Parigi tra il 1932 e il 1935 - proponendosi, a partire dal maggio del 1944, come spazio di discussione alta dei problemi e delle soluzioni legati non soltanto all’ancora opprimente tempo presente, ma anche a quello futuro. Come si legge nelle toccanti pagine introduttive del primo numero infatti: «Le condizioni di lavoro dei superstiti redattori e dei giovani che ad essi si sono associati sono notevolmente più difficili, più pericolose di quelle esistenti dieci o dodici anni fa. La loro maggiore forza è data dalla speranza che ci si trovi ormai avviati verso la sconfitta del nostro nemico più immediato: il fascismo e il nazismo. Ma la sconfitta del nemico non significa ancora necessariamente - e guai a farsi illusioni su questo punto - la vittoria della causa nostra [...]. Bisogna insomma avere il coraggio di dare delle soluzioni che implichino una rottura non solo col fascismo, non solo coi Savoia, non solo col grande capitale parassita, ma con tutto il modo di pensare dell’epoca che finisce».‎

‎[Novecento - 900] (a cura di Massimo Bontempelli)‎

‎900 (Nuova serie)‎

‎Edizione originale. Numeri 1, 2 e 5 della nuova serie di «900» (luglio 1928; agosto 1928; novembre 1928). Numeri 1 e 2 con fioriture e bruniture ai piatti, piatto anteriore del numero 5 perimetralmente brunito. Per il resto ottimi esemplari. Rari. Numeri 1, 2 e 5 (luglio, agosto e novembre del 1928) della nuova serie di «900», rivista letteraria fondata nel 1926 da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte edita, fino al terzo numero compreso, dalla romana “La Voce”, prima di passare alla Società Sapientia. Pubblicato in francese, dichiaratamente europeista e con un comitato di redazione d’eccezione composto da James Joyce, George Kaiser, Gómez de la Serna, Pierre Mac Orlan, il trimestrale (mensile dal luglio 1928) si proponeva di aprire i confini culturali italiani oppressi dal patriottismo imperante mettendoli a contatto con quanto di meglio la letteratura e l’arte internazionali avessero da offrire. Invisa per questa ragione ai sostenitori del movimento Strapaese e al regime, la rivista riuscì comunque a proseguire le pubblicazioni fino al giugno del 1929, per un totale di 17 numeri che ospitarono testi, tra i tanti, di Joyce, Woolf, Cechov, Tolstoj. Il clima di sospetto e l’aperta avversità nei confronti del progetto costrinsero comunque il direttore Bontempelli a cedere all’italianizzazione dei suoi “quaderni” a partire dal primo numero della “nuova serie” dell’estate 1928, qui parzialmente presentata. Un anno prima, Bontempelli aveva dovuto registrare anche il tradimento di Malaparte, uscito dalla rivista per entrare nel gruppo strapaesano di «Il Selvaggio».‎

‎[Il Contemporaneo] (Diretto da Romano Bilenchi, Carlo Salinari, Antonello Trombadori)‎

‎Il Contemporaneo. Settimanale di cultura‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato (196 fascicoli) della prima e della seconda serie (marzo 1954 - febbraio 1958) del settimanale «Il Contemporaneo». Fascicoli sciolti in ottime condizioni conservati in eleganti astucci con titoli al dorso raccolti in 6 cofanetti in tela. Rivista di letteratura, politica e cultura d’ispirazione marxista fondata a Roma nel 1954 sotto la direzione di Romano Bilenchi, Carlo Salinari e Antonello Trombadori. Settimanale fino al febbraio 1958 (quando terminano le pubblicazioni della “seconda serie” caratterizzata dal grande formato 42 x 58 cm), il periodico - che vantava nel proprio comitato direttivo, oltre ai già ricordati Salinari e Trombadori, Abe Steiner, Glauco Viazzi, Carlo Melograni e Renato Guttuso - comincerà a uscire dal marzo di quell’anno con cadenza mensile. Con articoli, interviste e approfondimenti di altissimo livello dedicati alla letteratura, all’arte e alla politica e con le sue pregevoli illustrazioni in bianco e nero, «Il Contemporaneo» si propose, fin dal numero inaugurale, di favorire la «conquista di un modo nuovo di guardare il mondo, senza evasioni e senza pessimismo [...] ma con ferma fiducia nelle possibilità umane di progresso; la conquista di una nuova vita morale è un fatto essenziale per una nuova cultura del nostro tempo».‎

‎[Il Libertario] (direttore responsabile: Mario Mantovani)‎

‎Il Libertario. Settimanale della federazione anarchica lombarda‎

‎Edizione originale. Parte del pubblicato degli anni 1946 (dal numero 51 - 52 al numero 69) e 1947 (dal numero 70 al numero 110, numero 97 mancante) del settimanale «Il Libertario». Esemplari in stato di conservazione più che buono (bruniti e occasionalmente fioriti con normali tracce di abrasione e usura). Settimanale anarchico milanese fondato nel 1944 da Mario Mantovani, successivamente direttore responsabile dal 1946 al 1960. Inizialmente pubblicato come organo della Federazione Comunista Libertaria Lombarda, in seguito alla nascita della Federazione anarchica italiana (F.A.I.) al Congresso di Carrara del settembre 1945 il periodico cambiò nome assumendo appunto il titolo di «Il Libertario. Settimane della federazione anarchica lombarda». Cessò le pubblicazioni nel settembre del 1961 a causa di pressanti difficoltà finanziarie e della sempre maggiore distanza tra la F.A.I. e i Gruppi anarchici di azione proletaria (GAAP).‎

‎[Mondo] (direttori Alessandro Bonsanti, Eugenio Montale e Arturo Loria)‎

‎Il Mondo. Lettere scienze arti musica [unito con:] Il Mondo europeo‎

‎Collezione completa. Ottimo esemplare, fresco e pulito, in solida legatura; rara la collezione in queste condizioni. Tutto il pubblicato dal numero 1 (7 aprile 1945) al numero 61 (15 febbraio 1948). «Il Mondo» fu fondato da Alessandro Bonsanti e dal lui diretto insieme ad Arturo Loria ed Eugenio Montale, coadiuvati da una vasta schiera di collaboratori d'eccezione. Interrotta la pubblicazione a ottobre 1946, continuò a distanza di cinque mesi con «Il Mondo europeo», continuità dimostrata anche dalla numerazione dei fascicoli, che riparte nel marzo 1947 da quella interrotta l’anno precedente. Rara la collezione completa anche del «Mondo europeo», le cui pagine iniziali e finali erano stampate su carta arancione. -- «Formato appena più grande di un moderno “tabloid”; sedici pagine a quattro colonne, e solo la prima a tre, quindici lire a copia, periodicità quindicinale, quasi a confermare le prudenze e le timidezze dell’editoria fiorentina» (Spadolini in Montale). -- «La parte dedicata alla letteratura viene affidata in genere alla sesta e settima pagina per quanto riguarda la critica letteraria, le recensioni, i dibattiti tra cui va segnalato almeno l’articolo di Eugenio Montale, ‘Fascismo e letteratura’, apparso sul primo numero; mentre la narrativa, spesso a puntate, e i testi poetici seguono nei due fogli successivi con un nutritissimo gruppo di collaboratori più o meno stabili — tra i nomi incontriamo Gadda, Cassola, Bassani, Pasolini, Banti, Fortini, Piovene, Manzini, Landolfi, Luzi, Brancati — che si riuniscono intorno ai tre direttori della rivista, Bonsanti, Montale e Loria. Tra le opere pubblicate si trovano delle vere primizie come l’inedito ‘Corto viaggio sentimentale’ di Svevo, la prima versione a puntate del romanzo della resistenza di Cassola, ‘Bube’, ‘Le due zitelle’ di Tommaso Landolfi, o ancora racconti e liriche di Giorgio Bassani, le ‘Due scene’ teatrali di Elio Vittorini. [...] a Carlo Emilio Gadda vengono assegnati gli eventi teatrali e talvolta musicali; Anna Banti si occupa di moda con gli elzeviri della ‘Torre del pipistrello’, Lalla Romano e Leonardo Sinisgalli si destreggiano tra esposizioni di pittori impressionisti e mostre di ceramiche» (Gubert) Gubert, scheda CIRCE; Gurrieri, Il Mondo 1945-1946: indici (Milano 2004); Montale, I miei scritti sul «Mondo» (Firenze 1981)‎

‎[Novecento - 900. Fondata da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte]‎

‎900. Cahiers d’Italie et d’Europe‎

‎Edizione originale. Primi quattro numeri (autunno 1926; inverno 1926 - 1927; primavera 1927; estate 1927). Esemplari in ottime condizioni (lievi tracce d’usura alle copertine e carte leggermente brunite). Primi quattro numeri di «900», rivista letteraria fondata nel 1926 da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte edita, fino al terzo numero compreso, dalla romana “La Voce”, prima di passare alla Società Sapientia. Pubblicato in francese, dichiaratamente europeista e con un comitato di redazione d’eccezione composto da James Joyce, George Kaiser, Gómez de la Serna, Pierre Mac Orlan, il trimestrale - stampato in 1700 esemplari numerati - si proponeva di aprire i confini culturali italiani oppressi dal patriottismo imperante mettendoli a contatto con quanto di meglio la letteratura e l’arte internazionali avessero da offrire. Invisa per questa ragione ai sostenitori del movimento Strapaese e al regime, la rivista riuscì comunque a proseguire le pubblicazioni fino al giugno del 1929, per un totale di 17 numeri che ospitarono testi, tra i tanti, di Joyce, Woolf, Cechov, Tolstoj. Il clima di sospetto e l’aperta avversità nei confronti del progetto costrinsero comunque il direttore Bontempelli a cedere all’italianizzazione dei suoi “quaderni” a partire dal primo numero della “nuova serie” del luglio 1928 dopo aver già registrato il tradimento di Malaparte, che un anno prima aveva abbandonato la rivista per entrare nel gruppo strapaesano di «Il Selvaggio».‎

‎[Wendingen]‎

‎Wendingen [COLLEZIONE COMPLETA; COMPLETE RUN]‎

‎Edizione originale. Collezione estremamente rara di tutto il pubblicato (1918-1931) della rivista olandese d’architettura e di arti «Wendingen». Tutti i 116 fascicoli della collezione sono in ottimo stato di conservazione, singolarmente protetti in buste trasparenti. Comprende i sette numeri speciali dedicati a Frank Lloyd Wright rilegati in unico volume con illustrazione di H. Th. Wijdeveld s pagina 1 (versione rilegata del 1926 riservata agli abbonati alla rivista). Rarissima collezione di tutto il pubblicato dell’iconica rivista olandese «Wendingen». Creata nel 1918 grazie a Hendricus Theodorus Wijdeveld e al sostegno di altri importanti architetti-artisti del panorama olandese come Jan Frederik Staal, Karel Petrus Cornelis de Bazel, Johannes Ludovicus Mattheus Lauweriks, Pieter Lodewijk Kramer, Johan Melchior van der Mey, Michel de Klerk, la rivista «Wendingen» apparve da subito come elemento di rottura e rinnovamento e, del resto, “Wendingen” significa “rivolgimenti”, “cambiamenti” destinato a iniziare un nuovo corso nella storia delle riviste di settore, per almeno due ragioni. --- La prima – quella immediatamente visibile riguarda l’aspetto della rivista stessa: con il suo grande formato quadrato (33x33 cm), la stampa solo recto dei fogli 33x66 ripiegati, l’elegante rilegatura alla giapponese con rafia e le particolari e innovative scelte tipografiche, «Wendingen» si presentava come un oggetto decisamente nuovo, bizzarro e, per alcuni detrattori, intollerabilmente lontano dai canoni estetici tradizionali. Ma l’attenzione era ancor più catturata dalle copertine, non semplici presentazioni dei contenuti ma “cappotti” come amava definirle Wijdeveld che dovevano avvolgere e rappresentare lo stile del periodico, esattamente come un abito ricercato avvolge e in qualche modo rappresenta l’identità di chi lo indossa. Ecco allora le bellissime composizioni di forme e colori appositamente commissionate ad artisti e architetti (quando non erano realizzate dallo stesso Wijdeveld) generalmente stampate con metodo litografico o xilografico, tutte lì a dichiarare che, benché l’architettura rappresentasse il terreno di partenza di questa avventura editoriale, l’orizzonte voleva includere tutte le arti. --- Impossibile non ricordare in questo senso almeno la celeberrima copertina firmata nel 1921 dal maestro dell’Avanguardia russa El Lissitzky per il monografico dedicato a Frank Llyod Wright, con l’architetto americano di nuovo protagonista – tra il 1925 e il 1926 di sette numeri speciali. Documento ancora oggi fondamentale e straordinario sui lavori realizzati tra il 1911 e il 1923 dal massimo rappresentante del Movimento Moderno, questi fascicoli vennero pubblicati in lingua inglese per volontà dell’editore Mees con il titolo «The Life-Work Of The American Architect Frank Lloyd Wright» e raccolti già nel 1926 in un unico volume rilegato. Il notissimo architetto partecipò attivamente alla realizzazione del progetto che fu fortemente voluto da Wijdeveld, suo grande estimatore e qui autore non soltanto della prefazione ma anche della copertina.‎

‎[L’Acropoli. Rivista di politica] Omodeo, Adofo [direttore]‎

‎L’Acropoli. Rivista di politica‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato (16 fascicoli, dal gennaio 1945 all’aprile 1946) della rivista di politica «L’Acropoli». Esemplari in ottimo stato (minime mancanze al dorso di alcuni numeri, brossure con lievissimi segni d’usura, carte intonse leggermente brunite). L’ultimo numero (17-24) dedicato ad Adolfo Amodeo per la sua scomparsa conserva la fascetta editoriale. Fascicoli sciolti contenuti in cofanetto protettivo. Presenti anche il numero speciale commemorativo della rivista dell’aprile 1983 con interventi di Francesco De Martino, Alessandro Galante, Giovanni Pugliese Carratelli, Cosimo Ceccuti, Giovanni Spadolini e «”L’Acropoli” di Adolfo Omodeo, con lettere inedite” (estratto da «Nuova Antologia» dell’ottobre-dicembre 1982 e del gennaio-marzo 1983), Rivista di politica fondata nel gennaio 1945 dal grande storico e membro del Partito d’Azione Adolfo Omodeo, rettore dell’Università degli Studi di Napoli dall’ottobre del 1943 fino alla sua morte sopraggiunta nell’aprile del 1946, mese in cui cesseranno anche le pubblicazioni del periodico realizzato con l’editore napoletano Gaetano Macchiaroli. Studioso dei totalitarismi e difensore della libertà e della democrazia nel loro senso più alto e pieno, Omodeo volle - come scrisse nella premessa al primo numero - che questa rivista fosse un luogo di “critica politica” (con la politica intesa come campo in cui rientra l’intera realtà umana) per far rinascere la vita civile italiana: «Critica politica perciò ci occorre: critica degli ideali e critica delle azioni, calcolo delle forze e calcolo dei limiti. Se esiste una critica delle altre forme e degli altri atteggiamenti spirituali, critica dell’arte, della filosofia, della storia, non si capisce perché non debba esistere una critica della politica».‎

‎[Le Courrier Francais] (Direttore: Jules Roques)‎

‎Le Courrier Francais‎

‎Edizione originale. Numeri 1 - 26 (gennaio - giugno) del 1891 e 1 - 25 (gennaio - giugno) del 1894 rilegati in due volumi in tela. Lievi tracce di usura ai piatti dei volumi e carte dei fascicoli occasionalmente brunite ma nel complesso ottimi esemplari. Numeri 1 - 26 del gennaio-giugno 1891 e 1 - 25 del gennaio-giugno 1894 della rivista «Le Courrier Francais». Fondato nel 1884 da Jules Roques e attivo fino al 1911, il settimanale illustrato si impose come uno dei più popolari e influenti periodici satirici del periodo a cavallo tra XIX e XX secolo. Dedicato, come recitava il sottotitolo, a “letteratura, belle arti, teatro, medicina, finanza”, il giornale in uscita ogni sabato si presentava come una raccolta di testi, approfondimenti e notizie accompagnati da vignette e belle tavole in bianco e nero a piena pagina. Ai numeri collaborarono importanti illustratori come Adolphe Willette, Jean-Louis Forain, Henri Pille.‎

‎Rochefort, Henri‎

‎La Lanterne par Henri Rochefort‎

‎Edizione originale. Numero 8 del 25 luglio 1868 e tutto il pubblicato dal numero 20 del 10 ottobre 1868 al numero 45 del 3 aprile 1869 della prima serie di «La Lanterne par Henri Rochefort». Esemplari con chiari segni del tempo, qualche strappo e mancanza alle brossure ma nel complesso in stato più che buono. Quando il giornalista Henri Rochefort venne licenziato da «Le Figaro» per alcuni articoli duramente critici nei confronti del regime imperiale di Napoleone III, la storia di «La Lanterne» ebbe inizio. Per nulla colpito da quell’allontanamento, Rochefort cominciò piuttosto a ideare questi volumetti satirici con formato 15 x 10 e la caratteristica copertina arancione destinati a circolare non soltanto in territorio francese dal maggio 1868 alla fine del 1869. Inizialmente stampata a Parigi, il numero 11 dell’8 agosto costò a Rochefort una pesante condanna, il bando definitivo della rivista dalla Francia e la fuga a Bruxelles per evitare il carcere. Qui - ospite di Victor Hugo, esule in Belgio ormai da molti anni - riprese le pubblicazioni che continueranno a raggiungere clandestinamente la Francia fino al termine del 1869. Una seconda serie di «La Lanterne» - questa volta stampato a Ginevra - vedrà la luce dal 1874 al 1876.‎

‎[Mercurio. Mensile di politica, arte, scienza] (Direttrice: Alba De Céspedes)‎

‎Mercurio. Mensile di politica, arte, scienze‎

‎Edizione originale. Collezione scompleta: tutto il pubblicato del 1944 e del 1945, numeri 17, 18, 19, 20, 27 - 28 del 1946. 1947 e 1948 non presenti. Esemplari complessivamente in ottimo stato conservati in astucci e cofanetti protettivi. Rivista di «politica, arte, scienza» fondata nel settembre del 1944 a Roma, ovvero poco dopo la Liberazione della città nel giugno dello stesso anno. Diretto dalla scrittrice e partigiana Alba De Céspedes - voce di Radio Bari da dove, con il nome di battaglia “Clorinda”, invitava alla Resistenza chiedendo, in particolare, l’attiva partecipazione delle donne - , il mensile si presentò da subito come un contenitore di interventi politici, saggi e racconti di altissimo profilo e come un luogo di rinascita culturale e civile. Seppur segnata da frequenti difficoltà economiche e organizzative, nei suoi quattro anni di vita (dal settembre 1944 al marzo-giugno 19448) «Mercurio» ospitò le parole - solo per ricordare alcuni nomi - di Moravia, Montale, Ungaretti, Vittorini, Ginzburg, Silone o ancora di Hemingway e Sartre, nonché le illustrazioni di Guttuso, Vedova, De Pisis, Carrà, Birolli, Manzù... Da segnalare i numeri speciali, a partire da quello del dicembre 1944 dedicato alle sofferenze e alla resistenza dell’Italia ancora occupata, con contributi, tra i tanti, della stessa De Céspedes, di Pratolini, Debenedetti, Natalia Ginzburg, Moravia, Montale e illustrazioni di Bartolini, Gentilini, Guttuso, Leoncillo, Scialoja. Un numero analogo comparirà nel dicembre 1945 per celebrare la lotta di Liberazione.‎

‎[Il giornale illustrato] (Reggente: I. Maggi; poi: G. Pignattelli, poi: M. Ellena)‎

‎Il giornale illustrato‎

‎Edizione originale. Tre annate complete (1864, 1865, 1866 - gennaio 1867). Fascicoli complessivamente in ottimo stato rilegati in due volumi mezza pelle coeva. Mancanze e segni d’usura ai piatti e al dorso del primo volume (I e II annata). Bellissimo settimanale illustrato fondato a Torino nel 1864, prima di spostare la propria sede a Firenze quando la città toscana divenne capitale del Regno d’Italia. In un periodo di iniziale e ancora difficile diffusione dei periodici illustrati sul territorio italiano, questa rivista con incisioni in bianco e nero (spesso a piena o anche a doppia pagina) e notizie d’attualità, letteratura e arti rappresentò uno dei tentativi più riusciti di consolidare questo tipo di pubblicazione che all’estero - specie in Francia, Inghilterra e negli Stati Uniti - si era ormai già affermata. Originariamente diretto da Isidoro Maggi e composto da 52 uscite per ogni annata, «Il Giornale illustrato» ebbe inizio con il numero 1 del 5 giugno 1864 per poi proseguire fino al 1868.‎

‎[Il Fuidoro. Cronache napoletane] (Direttore: Massimiliano Vajro)‎

‎Il Fuidoro. Cronache napoletane.‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato dal 1954 al 1958. Fascicoli in ottimo stato di conservazione, solo lievemente bruniti alle carte e con qualche raro, occasionale strappo alle brossure (numeri 1 - 2 e 3 - 4 del 1954 con dorso editorialmente non incollato ai fascicoli). Fondato a Napoli nel 1954, «Il Fuidoro. Cronache napoletane» rievocava già nel titolo la figura di Vincenzo D’Onofrio, scrittore partenopeo del XVII secolo che, con lo pseudonimo “Innocenzo Fuidoro” - anagramma del nome -, firmava la proprie opere, a partire da «I giornali di Napoli», raccolta destinata a riportare notizie legate alla città campana non priva di invettive satiriche contro i nobili locali. Similmente, il periodico diretto dal giornalista Massimiliano Vajro si proponeva di raccontare aspetti e personaggi della storia, della cultura, dell’arte e della vita napoletane con contributi di alto livello. Il primo numero (doppio) apparve nel maggio del 1954 per poi proseguire con numeri doppi o tripli fino al 1958, anno in cui furono pubblicati due soli doppi numeri: l’1 - 2 per gennaio-giugno e il 3 - 4 per luglio - dicembre.‎

‎[Letteratura] (Direttore Alessandro Bonsanti)‎

‎Letteratura. Rivista trimestrale di letteratura contemporanea poi rivista di lettere ed arte contemporanea.‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato dal 1937 al 1947 (36 numeri più il volume speciale fuori serie dedicato a D’Annunzio del 1939). Contiene i numeri 26, 27, 28, 29 e 31 con la prima versione completa del «Pasticciaccio» di Gadda, pubblicato a puntate sulla rivista nel 1946. Tutti i fascicoli sono in ottime condizioni (normali segni d’usura alle brossure). “Letteratura” è un trimestrale che comincia nel gennaio 1937 e prosegue con regolarità — fascicoli di 160/180 pagine circa — fino al 1942, quando la guerra comincia a farsi sentire: escono solo tre numeri quell’anno, e solo due nel 1943, prima della pausa definitiva; i fascicoli dal 1941 al ’43 presentano inoltre un numero di pagine leggermente ridotto. Le pubblicazioni riprendono nel 1946, con cadenza però bimestrale, salutando i Fratelli Parenti, «suoi coraggiosi editori», e aprendo le edizioni di «Letteratura»: si pubblicarono ancora dieci fascicoli (con il numero 35 che copre quattro mesi e il 36 che chiude a fine 1947) mantenendo inalterato l’aspetto e, compatibilmente con le difficoltà del periodo, la qualità. La numerazione prosegue senza interruzioni tra le varie annualità, facilitando il compito di collazione; i numeri sono 36 ma i volumi 37 poiché bisogna contare il numero dannunziano fuori serie. -- Alessandro Bonsanti (1904-1984) si era formato nella redazione di “Solaria”, fondata dal suo buon amico Alberto Carocci, della quale fu condirettore dal 1930 fino al 1933. Sulle colonne di Solaria avevano pubblicato un po’ tutti gli scrittori italiani, ma nello specifico le edizioni della rivista avevano dato voce per prime ad autori del calibro di Salvatore Quasimodo, Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese, Elio Vittorini, Virgilio Giotti (per limitarsi ai maggiori): conclusa quell’esperienza, e con quell’amplissimo bagaglio di contatti tra la migliore intellettualità letteraria italiana dell’epoca, a partire dal gennaio 1937 Bonsanti seppe dar vita a un corposo trimestrale letterario in veste sobria quanto rigorosa. Ciascun numero è un concentrato delle migliori firme, che consegnano alla rivista la loro migliore produzione originale. Sfogliando i corposi indici dei fascicoli si susseguono senza soluzione di continuità i nomi di Carlo Emilio Gadda, Gianfranco Contini, Enrico Falqui, Mario La Cava, Eugenio Montale, Tommaso Landolfi, Luigi Bartolini, Elio Vittorini, Carlo Bo, Luigi Berti, Giovanni Comisso, Alberto Moravia, Natalia Levi (Ginzburg), Sergio Solmi, Antonio Delfini, Mario Praz, Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, Alfonso Gatto, Giorgio Bassani, Umberto Saba, Virgilio Giotti, Vasco Pratolini, Alessandro Parronchi, Sandro Penna, Attilio Bertolucci, Leonardo Sinisgalli, Vittorio Sereni, Luciano Anceschi, Franco Fortini... (per tacere i nomi di svariati ‘minori’ che qui si escludono per necessaria economia). In pratica il «Chi è?» della letteratura italiana contemporanea degli anni ’40, o — per fare un paragone che suonerà familiare ai bibliofili — come sfogliare l’elenco dei nomi del repertorio Gambetti e Vezzosi. L’esempio di Carlo Emilio Gadda è forse il più adeguato a rendere la ricchezza, qualitativa ma anche quantitativa, dei contenuti di “Letteratura”: uno scrittore notoriamente così reticente come il gran lombardo nell’arco dei dieci anni scarsi di durata della rivista consegna a Bonsanti due romanzi a puntate (sette e cinque «tratti» della «Cognizione del dolore» e del «Pasticciaccio») e quattro prose: «Meditazione breve - circa il dire e il fare», «Postille a un analisi stilistica», «Quattro figlie ebbe e ciascuna regina», «Un “Concerto di 120 professori”». Con una regolarità, non interrotta nemmeno dalla guerra — alla riapertura nel 1946 è la volta del «Pasticciaccio» — che pensando a Gadda suona quasi miracolosa. Ma all’esempio gaddiano se ne potrebbero aggiungere quasi altrettanti per ogni autore succitato, e ci limitiamo allora a qualche flash come «Il mar delle Blatte» di Tommaso Landolfi, «Conversazione in Sicilia» di Elio Vittorini (pure a puntate), i «Lirici greci» di Salvatore Quasimodo; tutte opere in rigorosissima anteprima, colte nel momento del loro farsi. L’attenzione spazia su tutto l’arco delle letterature straniere, sulla storia della letteratura italiana contemporanea (con l’avvio della riflessione sulle riviste letterarie “La Voce” e “La Ronda”»), sulla letteratura moderna e antica; di grande valore (e particolarmente raro) il numero monografico fuori serie dedicato nel marzo 1939 a Gabriele D’Annunzio pareggiato nel dopoguerra dal monografico su Marcel Proust, numero 36 e ultimo della serie storica. Paola Gaddo, voce CIRCE (con amplia bibliografia); Sebastiani, Letteratura 1937-1947: indici (Milano 1991) 37 volumi‎

‎[Vent’anni. Quindicinale di bonifica integrale] (Fondato da Guido Pallotta)‎

‎Vent’anni. Quindicinale di bonifica integrale (poi: Vent’anni in armi. Quindicinale di combattimento)‎

‎Edizione originale. Collezione scompleta di otto annate (dalla I alla IX del 1942, anno di chiusura della rivista) del periodico dei G.U.F. di Torino. Fascicoli sciolti in ottime condizioni conservati in due astucci con cofanetti in tela blu e titoli oro al dorso. Numeri presenti: 10 - 11 del I anno; dal 2 al 14 - 15 del II anno; 1 -2, 3, 5, 9, 10 - 11 del III anno; dal numero 8 al 17 e numeri 23 e 24 del V anno; numeri 1, dal 3 al 13, dal 15 al 21, 23 e 24 del VI anno; dall’1 al 24 del VII anno; dall’1 al 6, dall’8 al 21, 23 e 24 dell’VIII anno; dall’1 al 5, dal 7 al 12, 17 e 18 del IX anno. Rivista dei G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti) di Torino fondata da Guido Pallotta nel 1932. Originario di Forlì, dove era nato nel 1901, Pallotta partecipò diciottenne all’Impresa di Fiume per poi diventare giornalista per la «Gazzetta del popolo» e il «Popolo d’Italia». Nominato segretario dei G.U.F. torinesi nel 1931, poco dopo diede vita al mensile - dal secondo anno, quindicinale - «Vent’anni», organo ufficiale degli studenti universitari fascisti del capoluogo piemontese e poi megafono del volontarismo fascista tutto che, a ridosso dell’entrata italiana in guerra, cambiò il proprio nome in «Vent’anni in armi» (poi: «Vent’anni in armi. Quindicinale di combattimento»). Partito per il fronte africano a capo della “Compagnia universitaria Principe di Piemonte” (di cui egli stesso aveva chiesto e ottenuto la formazione), Pallotta morì in combattimento nel dicembre del 1940. Alla sua scomparsa è dedicato il numero 12 del 12 aprile 1941, quando la notizia della sua morte divenne ufficiale.‎

‎[Ordine Nuovo (L’): direttore: Antonio Gramsci]‎

‎L’Ordine Nuovo. Rassegna settimanale di cultura socialista‎

‎Prima edizione numerata. Esemplare numero 255 nella ristampa Feltrinelli del 1966 di tutto il pubblicato di «L’Ordine Nuovo» (1 maggio 1919 - 24 dicembre 1920 e 1 marzo 1924 - 1 marzo 1925. Fascicoli raccolti in mezza pergamena con piatti in cartone marmorizzati in ottimo stato (carte normalmente brunite, tracce di sporco al dorso della legatura. Ristampa Feltrinelli del 1966 di tutto il pubblicato dall’1 maggio del 1919 al 24 dicembre del 1920 e dall’1 marzo 1924 all’1 marzo 1925 del periodico fondato da Antonio Gramsci, a Torino nello stesso 1919. Inizialmente pubblicato con cadenza settimanale come voce del comunismo torinese, «L’Ordine Nuovo» divenne nel 1921 organo ufficiale del neonato Partito Comunista Italiano (fondato a Livorno il 21 gennaio di quell’anno grazie alla spinta determinante di Gramsci e di due fondamentali collaboratori della rivista, ovvero Terracini e Togliatti), continuando le proprie pubblicazioni fino al novembre 1922. Nel marzo del 1924, quando Gramsci aveva da poco dato vita a «L’Unità», «L’Ordine Nuovo» tornerà come quindicinale sotto la direzione di Ruggiero Greco e con sede a Roma, prima che il regime fascista ne imponesse la definitiva chiusura un anno più tardi.‎

‎[Il Travaso delle Idee] (Fondato da Filiberto Scarpelli)‎

‎Il Travaso delle Idee. Organo ufficiale delle persone intelligenti‎

‎Edizione originale. Annate 1934 (mancano numeri 4, 19, 21, 22, 25, 26, 27, 46, 51), 1936 (mancano numeri 41, 46, 52) e 1940 - 1941 (dal numero 34 del 25 agosto 1940 al numero 52 del 25 dicembre 1941), per un totale di 162 numeri. Fascicoli del 1934 e del 1936 sciolti, conservati in astucci e cofanetti protettivi con titoli oro al dorso. Fascicoli del 1940 tolti da precedente legatura (ancora parzialmente legati tra loro). Esemplari complessivamente in ottime condizioni, con normali segni del tempo (distacco della copertina nel numero 34 del 1940). Notissimo e longevo settimanale satirico fondato a Roma nel 1900 e attivo fino al 1966. Nata per volontà dell’eclettico giornalista, illustratore e pittore Filiberto Scarpelli che aveva, alla fine del 1899, rilevato il periodico dell’amico Tito Livio Cianchettini «Il Travaso d’Idee», la rivista proseguì con la stessa impostazione ferocemente e ironicamente critica nei confronti della classe politica e di satira dei costumi, avvalendosi di collaborazioni importanti soprattutto per le belle illustrazioni spesso a piena pagina (da segnalare, in questo senso, almeno i nomi di Daniele Fontana, Guido Vieni, Luigi Bompard, Marcello Dudovich, Enrico De Seta, Jacovitti e del figlio di Filiberto, Furio Scarpelli). Benché privo di una precisa linea politica, in epoca fascista «Il Travaso delle Idee» si allineò progressivamente alle posizioni del regime causando anche l’allontanamento di Scarpelli, che al fascismo aveva guardato con simpatia senza tuttavia smarrire la propria vocazione insofferente nei confronti di qualsivoglia autorità e posizionamento rigido. Ancor prima della sua morte nel 1933 per mano di un creditore ubriaco, la direzione della rivista passò dunque a Toddi (Pietro Silvio Rivetta) e poi, dal 1935, a Osvaldo Gibertini (sostituito nel 1939 da Guido Milelli). Nel dopoguerra, «Il Travaso» tornò in edicola avendo come direttore l’umorista Guasta (Guglielmo Guastaveglia) - già a capo del settimanale fino al 1926 - e proseguendo le pubblicazioni fino al 1966.‎

‎[Voce della ragione] (Monaldo Leopardi)‎

‎La Voce della ragione. Giornale filosofico, teologico, politico, istorico, letterario‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato dal 1832 al 1835 in quindici tomi, tutti in ottime condizioni. Estremamente raro in queste condizioni e grado di completezza. Creata nel 1832 dal conte recanatese Monaldo Leopardi, già autore di opere politiche a carattere fortemente conservatore, e stampata a Pesaro dal tipografo Annesio Nobili – a sua volta ostile ai moti rivoluzionari che avevano scosso anche l’Italia nel 1830 e 1831 e pronto per questo a diffondere clandestinamente libri antiliberali, tra cui i «Dialoghetti sopra le materie correnti nell’anno 1831» del Leopardi -, «La voce della ragione» si propose come sodale ed erede della «Voce della verità» di Modena di cui, nel saggio introduttivo al primo fascicolo, i redattori - ovvero il conte e i figli Paolina e Pierfrancesco - celebravano il coraggio per aver tolto «alla cabala antisociale la privativa della favella libera e ardimentosa» e per aver sostenuto i partigiani «dell’ordine e della giustizia». E ordine, giustizia e spirito autenticamente votato alla salvaguardia della società - laddove per società si deve intendere un organismo retto sul rispetto del potere religioso e politico in quel tempo percorso da insurrezioni e rovesciamenti - sono ciò che il quindicinale si proponeva a sua volta di promuovere e difendere, ospitando contributi “filosofici, teologici, politici, istorici, letterari” in linea con questi principi.‎

‎[Valdilamone] (Direttore Giuseppe Liverzani)‎

‎Valdilamone. Rivista di lettere e d’arti (poi: Rivista romagnola di lettere e d’arti)‎

‎Edizione originale. Numeri I-II del 1927; II e III del 1929; I, II, III e IV del 1930; I, II, III e IV del 1931. Esemplari in ottimo stato (normali tracce di usura e leggere fioriture ai piatti delle brossure). Presente il numero doppio inaugurale del 1927 e le annate complete del 1930 e 1931. Fondata a Faenza nel 1927 da Giuseppe Liverzani e attiva con uscita trimestrale irregolare fino al 1935, la rivista «Valdilamone» si proponeva come luogo di salvaguardia e di divulgazione della storia, della cultura e dell’arte del ravennate (benché aperto anche al più vasto panorama letterario e artistico nazionale). Come scritto nelle pagine introduttive del numero inaugurale del 1927, infatti, il periodico avrebbe dovuto: «Stimolare e unire le riposte sane giovani energie della nostra terra, innalzare il pensiero e il sentimento del nostro popolo, ecco il compito che la Rivista si propone; ed ecco ancora il chiaro dovere che essa addita a tutti i cittadini che sentono per l’arte e per la cultura un amore nobile e operoso». Stampato in formato 25 x 17 cm, questi quaderni della Valle del Lamone erano caratterizzati anche dalle belle copertine realizzate con eleganti incisioni (da segnalare almeno il nome di Serafino Campi).‎

‎[Il Costituzionale] (Direttore Angelo Alpron)‎

‎Il Costituzionale‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato del 1848 dal numero 1 del 14 agosto al numero 119 del 31 dicembre. Fascicoli sciolti (normali tracce d’usura e segni al dorso di precedente legatura ma complessivamente in stato più che buono quando non ottimo) conservati in cofanetto color avorio con titoli al dorso. Quotidiano fondato a Trieste nell’agosto del 1848 da Angelo Alpron e attivo per due annate. Stampato per i tipi della tipografia Weis, il bifoglio si propose, sull’onda dei moti risorgimentali, come voce moderata della fazione triestina filo-italiana, benché tale moderazione non impedì alle autorità austriache di guardare con sospetto all’influenza che, in poco tempo, il giornale riuscì a conquistare nell’area di diffusione. Scriveva infatti il vicesegretario del governo de Klinkowström al Ministro della Giustizia nel gennaio del 1949: «Considero “Il Costituzionale” come particolarmente pericoloso, quantunque non sia tanto pessimista da credere che tutti i suoi abbonati, reclutati fuori di Trieste e specialmente sulle coste ex venete dell’Istria, giurino per la bandiera della rivoluzione». Ma la tensione che guardava con favore alle insurrezioni e ai processi di unificazione dell’Italia si legava, nello spirito del quotidiano, anche alla più particolare e complessa questione ebraica. Ebreo goriziano, il fondatore e direttore Alpron vedeva - come molti ebrei della nuova generazione - con estrema speranza allo Statuto Albertino promulgato nel marzo del 1848 in cui, per la prima volta, si dichiarava l’uguaglianza di tutti i sudditi, concedendo di fatto pari diritti civili e religiosi anche alla discriminata minoranza ebraica. Cfr. T. Catalan, «Ebrei triestini fra ribellione e lealismo all’Austria nel 1848 - 1849”, in «Studi in onore di Giovanni Miccoli», EUT, 2004, Trieste pp. 239 - 241.‎

‎[Rivista di Storia economica] (Diretta da Luigi Einaudi)‎

‎Rivista di Storia economica‎

‎Edizione originale. Tutto il pubblicato dal 1936 al 1943. Fascicoli in ottime condizioni conservati in 3 cofanetti protettivi con titoli oro al dorso. Quando nel 1935, in seguito agli arresti del marzo 1934 dei membri torinesi di Giustizia e Libertà, il regime fascista impose anche la chiusura della rivista «La riforma sociale» fondata nel 1894 da Luigi Roux e Francesco Savero Nitti, Luigi Einaudi - che di quello storico periodico era stato direttore fin dal 1908 - decise di dare vita alla «Rivista di Storia economica». Negli anni di attività stretti tra il 1936 e il 1943 la creatura einaudiana fu un luogo di rigoroso studio e di rigorosa indagine dei legami passati e presenti tra storia del pensiero economico e storia economica, comprendendo Einaudi quanto profondo fosse l’impatto della teoria sulla pratica economica e sulla realtà in tutti i suoi aspetti. Il trimestrale, costretto alla chiusura dalla guerra con il numero doppio del marzo-giugno 1943, avrebbe ripreso le attività con una nuova serie nel 1984 consolidandosi, sotto la casa editrice Il Mulino, come una delle riviste di settore più prestigiose.‎

‎[Mal’aria]‎

‎Mal’Aria. Rivista maremmana. Direttore responsabile Arrigo Bugiani‎

‎Brossura originale di color verde, in 4°, pagine 20/24 ogni fascicolo. La collezione che offriamo é mancante dei numeri 5 e 7 dei nove fascicoli pubblicati. Segnaliamo: n. 8 Dodici poesie di Luigi Bartolini, edizione originale, 7 litografie dello stesso a p.p., 1 su doppia pagina 3 n.t., tutte su fondo colorato; n. 4 dedicato a Lorenzo Viani con 7 xilografie a p.p., 2 n.t. e uno scritto di Bartolini; n. 9 Presenza di Domenico Giuliotti con scritti di Bartolini, Betocchi, Fallacara, Lisi, Rosai ed altri.‎

‎[Michelangelo Pistoletto] [Tau / Ma]‎

‎Le stanze. Ottobre 1975 - settembre 1976. Dodici mostre consecutive nell’arco di un anno alla galleria Christian Stein di Torino [Tau / Ma 5]‎

‎Prima edizione. Distacco dei piatti della brossura insieme alla prima e ultima carta, per il resto un ottimo esemplare. Fascicolo parte di «Tau / Ma 5», la rivista/raccoglitore di libri d’artista, pubblicata a cadenza annuale in sette numeri dal 1975 al 1981. Le prime undici, delle dodici mostre del titolo, sono raccontate da Pistoletto con un accostamento di testi a cura dell’artista (con traduzione inglese a cura di Malcom Skey) e immagini fotografiche di Paolo Mussat Sartor. La dodicesima mostra è invece così descritta: «Nel mese di settembre del 1976 è stata spedita dalla galleria Stein di Torino ad ogni destinatario delle 11 precedenti paginette informative una pagina stampata completamente in nero e senza alcuna parola scritta, come annuncio e contemporaneamente come realizzazione della dodicesima mostra», segue, in fine di volume, una pagina nera.‎

‎[Acrobat mime parfait]‎

‎Acrobat mime parfait. Periodico d’arte‎

‎Tutto il pubblicato, ottobre 1980 e marzo 1981. Ottimi esemplari. Presente anche la rara brossura pubblicitaria, pubblicata prima che la rivista uscisse, che contiene interviste, tra gli altri, a Giovanni Anselmo, Alighieri Boetti, Pierpaolo Calzolari, Luciano Fabro, Mimmo Paladino e Gilberto Zorio. Periodico d’arte ricco di articoli su artisti accompagnati da riproduzioni delle loro opere, attento, secondo Maffei, «alle corrispettive tendenze poetiche e letterarie». Interventi, tra gli altri, su Fausto Melotti, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Osvaldo Licini, Alighiero Boetti, Scipione, Meret Oppenheim. In appendice traduzioni in inglese e in tedesco degli articoli salienti in ciascun numero. G. Maffei, Libri e documenti. Arte povera 1966-1980, Corraini, 2007, p. 272.Bit. Arte oggi in Italia 2 voll.‎

‎[Città di Riga]‎

‎La città di Riga‎

‎Tutto il pubblicato, entrambi i numeri. Ottimi esemplari (dorsi leggermente bruniti e lieve fioritura alla brossura del primo volume). Scrive Maffei che la redazione mista, composta da critici affermati e artisti che si muovevano sul fronte avanguardistico coevo, «cerca di annullare ogni discrimine disciplinare». Vi si trovano rappresentati artisti come Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto. G. Maffei, Libri e documenti. Arte povera 1966-1980, Corraini, 2007, p. 277. 2 voll.‎

‎[Senzamargine] [Senza margine]‎

‎Senzamargine [Senza margine]‎

‎Primo e unico numero. Ottimo esemplare. Pecetta dei prezzi al piatto posteriore. Unico numero pubblicato della rivista diretta da Alberto Boatto, che fino ad allora aveva curato «Cartabianca» e se ne era appena staccato. Numero curato da Argan e Asor Rosa che firmano i due articoli di apertura, «Arte come contestazione» e «Vendere libertà». Oltre all’intervento del direttore Alberto Boatto, anche quelli di Achille Bonito Oliva, Germano Celant, Angelo Trimarco e Maurizio Fagiolo e Rubina Giorgi e altri. Pur continuando nel solco politico-estetica di «Cartabianca», l’impaginazione di «Senzamargine» si rivelò estremamente sperimentale. Raro. G. Maffei, Libri e documenti. Arte povera 1966-1980, Corraini, 2007, p. 285.‎

‎Nannucci, Maurizio (a cura di)‎

‎Mèla. a/per/iodico di scrittura ed immagini da marciana isola d’elba‎

‎Tutto il pubblicato. Serie completa (5 numeri). Lievissima, marginale fioritura alla prima carta del primo numero (estate/autunno 1976), per il resto ottimi esemplari. Rivista d’artista pubblicata tra il 1976 e il 1981 con la curatela di Maurizio Nannucci. «Mèla» — “a/per/iodico di scrittura ed immagini da maricano isola d’elba” — uscì in 5 numeri con i contributi di artisti fondamentali della scena italiana e internazionale quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Sol LeWitt, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Philip Glass, Franco Vaccari, Daniel Buren, John Lennon e Yoko Ono. Edita dal secondo numero (primavera/estate 1977) dalla Biancoenero edizioni d’arte di Roma e, per il primo numero, da Rosanna Barbiellini Amidei — fondatrice, con Gianfranco Giorgi Rossi, della stessa Biancoenero —, la rivista prevedeva per ogni uscita una tiratura di 500 copie più 50 numerate riservate agli autori, con un unico foglio 100 x 70 ripiegato quattro volte. G. Maffei, Libri e documenti. Arte povera 1966-1980, Corraini, 2007, p. 282.‎

‎[Carta bianca] [Cartabianca] [Alberto Boatto, direttore]‎

‎Cartabianca [Carta bianca]‎

‎Collezione dei primi tre numeri incluso il rarissimo numero di novembre 1968, incentrato sulla contestazione e sull’arte politica. Fisiologici segni del tempo alle brossure, nel complesso esemplari in ottimo stato di conservazione. Rivista nata insieme alla galleria d’avanguardia romana L’Attico di Fabio Sargentini, da cui fu finanziata. Con soli cinque numeri all’attivo, «Cartabianca» fu diretta da Alberto Boatto per le prime tre uscite, poi sostituito da Adele Cambria. Nella presentazione della rivista del marzo del 1968 la vocazione politica — di rottura e rinnovamento — della rivista è resa manifesta: dopo aver celebrato il “nuovo” come forza capace di scardinare antichi equilibri e scambi di favori interni anche al mondo dell’arte e aver presentato «Cartabianca» come voce del “nuovo” stesso, gli autori precisano nella righe conclusive il loro progetto: «Di fronte al potere assorbente della maggioranza, il nuovo deve assegnarsi il compito, costruendosi un solido margine di autonomia, di trasformarsi anch’esso in potere di minoranza. [...] Tra gli altri obiettivi anche questo, non affatto utopistico ma realistico, dacché corrisponde ad una urgenza precisa [...]. Arrivare a produrre alcune chiarificazioni e un paio di scissioni, sino a far precipitare in parti questo potere accentrante, risulterebbero azioni oltremodo meritorie. Più modestamente il nostro programma potrebbe essere così formulato: operiamo affinché non si continui a stare tutti insieme pur non stimandoci affatto, ma affinché ciascuno ritrovi e lavori con i propri amici». Si segnalano, tra gli interventi pubblicati, testi di Alberto Boatto, Achille Bonito Oliva, Germano Celant e Maurizio Fagiolo. Vi si trovano inoltre rappresentati gli artisti che allora erano coinvolti con la galleria L’Attico, tra cui Giovanni Alselmo, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio. G. Maffei, Libri e documenti. Arte povera 1966-1980, Corraini, 2007, p. 276.‎

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