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‎History‎
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‎Sini Carlo‎

‎L'uomo, la macchina, l'automa. Lavoro e conoscenza tra futuro prossimo e passato remoto‎

‎br. Il sogno dell'automa, della macchina pensante, è antico, ma mai come oggi suscita speranze e timori, desideri e riprovazioni. Il libro di Sini ne scandaglia la storia, pervenendo al sorprendente risultato, non solo di rimuovere perduranti ingenuità e superstizioni, ma anche di capovolgere i termini del problema: è davvero l'automa il doppio dell'umano o non è già l'umano, nella storia del suo corpo e del suo lavoro, un automa in cammino? L'intera cultura funziona infatti come un grande automa; essa è da sempre mossa e governata dal sogno di resuscitare il fantasma dell'origine e di impadronirsi in tal modo di ciò che eternamente "si muove da sé", cioè della sostanza fatale e immaginaria dell'automa immortale.‎

‎Guillén Esperanza‎

‎Naufragi. Immagini romantiche della disperazione‎

‎ill., br. Ci sono immagini che rimangono conficcate nella mente, che attraggono e terrorizzano allo stesso tempo, che ipnotizzano lo spettatore: così il profilo del Titanic che si inabissa nel freddo mare artico, con il suo carico di speranze mai arrivate nel Nuovo Mondo. Un fatto vero, trasformato in mito dal cinema e dalla cultura popolare del Novecento. Ma il fascino grandioso e tremendo del naufragio è molto più antico e affonda le sue radici nell'ideologia romantica, nella commistione tra kantiana estetica del sublime, suggestioni bibliche che vedono nel mare la sorgente del male e analogia tra viaggio reale, fisico e viaggio letterario. Su questo sfondo si proiettano le tante immagini di navi in tempesta o distrutte, arenate, che ci ha trasmesso l'arte ottocentesca. Friedrich, F. E. Church, Turner, John Martin, Géricault, Delacroix, ma anche scrittori come Victor Hugo, Lord Byron, Maturin, Poe e Novalis: Esperanza Guillén ci accompagna in un viaggio suggestivo, che parla dell'oggi più di quanto non sembri, traghettandoci con mano sicura attraverso le acque di estetica, arte e letteratura.‎

‎Marramao Giacomo‎

‎Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione‎

‎br. Secondo Giacomo Marramao, che affronta in questo libro lo straordinario "mutamento di scala" che accompagna i fenomeni politici della nostra epoca, il ricorso alle categorie di "mondializzazione" o "globalizzazione" non ha solo un significato tecno-economico. Siamo di fronte a un passaggio destinato a trasformare tutte le culture, che chiama in causa una riconversione di concetti fondamentali come identità e differenza, contingenza e necessità, nonché, per cominciare, locale e globale. Rispetto a diagnosi apparentemente antitetiche come quelle di Fukuyama (omologazione universale) e Huntington (conflitto delle civiltà), per Marramao è necessario demistificare due false opposizioni: Stato-mercato e Oriente-Occidente. A tale scopo, il libro, tenendo costantemente sullo sfondo la grande discussione sull'"èra globale" avviata fra le due guerre da autori come Spengler, Jünger, Schmitt e Heidegger, sviluppa la sua proposta muovendo dal disincanto della categoria di mercato operato da Polanyi e da una profonda revisione della comparatistica i delle civiltà operata da Weber. L'esigenza - avanzata in conclusione attraverso un serrato confronto con le posizioni di Habermas e di Derrida - di una "politica universalista della differenza" viene formulata in base a un radicale riesame critico delle pretese di universalità delle stesse categorie, tipicamente occidentali, di democrazia e filosofia.‎

‎Cordero Franco‎

‎Il brodo delle undici. L'Italia nel nodo scorsoio‎

‎br. Nel Regno sabaudo si impiccava il sabato mattina. L'ultimo pasto del condannato era una scodella di brodo. Il tempo è passato come passa il tempo da noi: la memoria genetica reca impresse storture antiche, in uno scenario antropologico, mentale, affettivo che tende a perpetuarsi, tra piccole corti e orizzonti da cortile. L'espressione allora proverbiale e poi dimenticata, "il brodo delle undici", parla del nostro presente, dell'agonia civile in cui versiamo. Quanto tempo resta? Il danno è riparabile? Se qualcuno oggi può misurare il guasto, costui è Franco Cordero. Ha acutezza di sguardo e sconfinata dottrina, ma anche la stoccata del grande pamphlettista. Nessuno meglio di lui sa far combaciare le figure, nessuno è altrettanto ingegnoso nello scovare analogie dai fondi della storia. Esercizio illuminante, perché "gli archetipi durano": dietro all'attuale "tecnocrate d'una mai vista regressione intellettuale, politica, morale, estetica" ecco profilarsi, insospettati, i precursori, le loro miopie di statisti posticci, la loro sinistra grandeur, dai calamitosi ambrosiani della primavera 1814 risalendo nei secoli fino a Cola di Rienzo, estremo tribuno di abbagliante ascesa e fine miserabile.‎

‎Lolli Gabriele‎

‎Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Italo Calvino‎

‎br. Muovendo dalla dichiarazione di Calvino secondo la quale "l'atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione", Gabriele Lolli scopre che le Lezioni americane possono essere lette come una parabola della matematica e che gli argomenti in esse trattati (Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità) sono proprietà essenziali del pensiero matematico creativo. Se si lascia via libera alle associazioni e suggestioni evocate dal testo, è possibile descrivere i problemi e le caratteristiche della costruzione e del risultato di un'opera matematica. Di qui ha origine questo libro di irreprensibile chiarezza e grande fascino, nel quale, seguendo l'esposizione di Calvino, Gabriele Lolli sostituisce le opere letterarie e le citazioni con semplici esempi di argomenti di matematica elementare per adattare i giudizi calviniani al nuovo campo. Il ragionamento matematico si rivela così per quello che è: molteplice, paradossale, capace non solo di spiegare perché certi insetti camminano sull'acqua e di produrre i frattali da una formula con quattro simboli, ma anche di mostrare insospettate analogie con la creazione letteraria.‎

‎Irigaray Luce‎

‎Una nuova cultura dell'energia‎

‎br. In seguito a un incidente Luce Irigaray inizia, senza troppa convinzione, a praticare lo yoga. Sarà una scoperta e una rivelazione che modificherà profondamente la sua percezione del mondo. Filosofa e psicoanalista di cultura occidentale, si accosta sempre più alla filosofia orientale, diventa vegetariana, smette di fumare, adotta un nuovo ritmo di vita che comprende ogni giorno una passeggiata, la scrittura di una poesia e un momento di meditazione. Da questi semplici gesti nasce un ripensamento sulla natura stessa dell'uomo. D'ora in avanti accoglierà e farà vivere quotidianamente il precetto fondamentale della cultura dello yoga: non nuocere, né agli altri né a se stessi.‎

‎Serres Michel‎

‎Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere‎

‎br. Le tecnologie digitali sconvolgono il quadro antropologico finora noto. Virtualità, connettività universale e libero accesso alle fonti di informazione stanno riplasmando le facoltà cognitive dei ragazzi e dislocando altrimenti il sapere. Non è più là fuori, remoto, scosceso, paludato e spesso respingente; adesso sta tutto in tasca, a portata di mano, senza mediazione. Mentre i grandi mediatori - il sistema scolastico, ma anche gli istituti della politici e della società-spettacolo - si ostinano a brillare come stelle morte da tempo, ignare della propria fine. Il mondo non sarà più un posto per vecchi. L'ultraottantenne Michel Serres, epistemologo tra i più originali, registra sorridente quell'ineluttabile obsolescenza. Non trema, lui, di fronte al crollo di gerarchie e privilegi secolari, anzi rimane incantato dai suoi effetti più tellurici e si schiera incondizionatamente dalla parte dei ragazzi, capaci di un'intelligenza inventiva che è forza di svincolamento, nel corpo e nella mente.‎

‎Mortimer Ian‎

‎Il libro dei secoli. Mille anni di storia e innovazioni‎

‎br. La storia dell'umanità è costellata di avvenimenti in continuo mutamento e di punti di svolta epocali: i viaggi di Colombo, le novantacinque tesi di Lutero, l'invenzione della stampa, la Rivoluzione francese o lo scoppio della bomba atomica non sono che pochi esempi degli eventi che hanno marcato una discontinuità evidente rispetto al passato. Ma se dovessimo dire quale fra questi, - o quale secolo negli ultimi mille anni di storia -, sia stato più significativo degli altri, non avremmo modo di dare una risposta univoca e chiara. Come si misura, e cosa significa in definitiva il cambiamento nella storia? lan Mortimer si è dedicato alla risoluzione di queste domande, intrecciando mille storie con arguzia, competenza e grande smalto narrativo. Davvero Internet ci ha cambiato la vita più della penicillina? Il Rinascimento è stato più importante dell'invenzione dei bottoni? La peste nera ha causato più o meno vittime delle armi da fuoco? La capacità di rendere viva e palpabile la storia è la caratteristica di quest'opera, sia nel quadro immenso della "grande storia" - quella dei grandi imperi e dei grandi re - sia nel microcosmo della tranquilla "storia locale", dove le novità arrivano, magari in ritardo, ma arrivano e modificano la quotidianità di ogni singolo individuo.‎

‎Singer Israel Joshua‎

‎Di un mondo che non c'è più‎

‎br. Un memoir, i ricordi dell'autore: la sua famiglia, la famiglia d'origine della madre, i due villaggi che l'hanno visto bambino. E i personaggi veri che popolano Leoncin e Bilgoraj - il padre sognatore, ingenuo, fragile, affascinato dal chassidismo con la sua vena mistica, le sue danze e i suoi canti, ma incapace di mantenere la famiglia a un livello accettabile; la madre, donna colta e intellettuale; il nonno, rabbino autorevole e benestante; la nonna, regina di una cucina generosa e affollata - sono, se possibile, ancora più vivi e originali di quelli dei romanzi, come se l'autore, mentre scrive, stesse rivivendo quei giorni lontani, e li raccontasse con lo stesso sguardo critico, ironico, ma affettuoso e tollerante che gli appartiene sempre. Una storia vera, calata nell'ambiente ristretto di due villaggi d'antan, che in realtà rivela un intero universo.‎

‎Curi Umberto‎

‎La porta stretta. Come diventare maggiorenni‎

‎br. "La porta stretta". Di lì dovrà passare, secondo il Vangelo di Luca, chi voglia accedere al regno dei cieli. Un varco intransitabile, se non si è disposti a impegnare ogni forza in una lotta pericolosa e dall'esito mai scontato: "molti cercheranno di entrare, ma non vi riusciranno". L'immagine evangelica è perfetta anche per raffigurare un passaggio universale della condizione umana, la fuoriuscita dalla minorità. Dolore, coraggio, decisione, necessità e conflitto contrassegnano nel pensiero occidentale l'impresa di diventare maggiorenni. Tuttavia, una volta intrapreso, il processo di emancipazione non si esaurirà nella compiutezza di uno stato finalmente raggiunto. Adulti si ridiventa sempre di nuovo. Di questo carattere processuale, agonistico e decisorio Umberto Curi rintraccia le massime espressioni filosofiche, religiose e letterarie - da Platone a Dostoevskij, dalla Bibbia a Shakespeare - e le lascia libere di testimoniare ciò che rimaneva inascoltato nelle loro esegesi abituali. Così il congedo dalla sudditanza, oltre che nell'appello di Kant all'indocilità ragionata poi irrisa da Hegel, si vedrà declinato in posture "filiali" antitetiche, combattenti o inermi: nel parricidio consumato dell'Edipo re sofocleo, in quello metaforico del Sofista platonico o in quello depotenziato di Amleto, ma anche, sorprendentemente, nell'obbedienza di Abramo, che sta eretto di fronte al Signore, o del Cristo, che si lascia abitare dalla volontà del Padre...‎

‎Di Cesare Donatella‎

‎Heidegger & sons. Eredità e futuro di un filosofo‎

‎ill., br. Dopo la recente pubblicazione dei Quaderni neri di Martin Heidegger sono stati organizzati congressi internazionali, seminari e conferenze in tutto il mondo. Il dibattito ha varcato rapidamente i confini dell'Accademia e si è guadagnato le prime pagine dei quotidiani. Era molto tempo che il pensiero di un filosofo non sollevava un interesse simile, e per giunta in toni molto accesi. La questione dell'antisemitismo ha messo in dubbio, per alcuni, l'intero lascito del filosofo di Messkirch; altri, sul fronte opposto, hanno negato l'esistenza stessa di un problema, come se i Quaderni neri non fossero mai stati pubblicati. Donatella Di Cesare, protagonista di questo dibattito internazionale, si interroga in questo libro sul futuro del filosofo tedesco. Dobbiamo abbandonare Heidegger, dunque? O dobbiamo fare ritorno a Messkirch? Ripudiare il padre o difenderlo ciecamente? Tertium datur: occorrerà forse pensare con Heidegger contro Heidegger, percorrere un'impervia terza via, per giungere, traendo sostegno dalla forza del suo pensiero, a posizioni che, certo, non gli sarebbero piaciute.‎

‎Sloterdijk Peter‎

‎Che cosa è successo nel XX secolo?‎

‎br. "Né il Sole né la morte né il XX secolo si possono guardare fissamente". Equiparandolo a ciò. di cui - secondo una celebre massima di La Rochefoucauld - sarebbe impossibile sostenere la vista, Peter Sloterdijk non pronuncia affatto una sentenza inappellabile sul Novecento. Piuttosto chiama in causa la debolezza di sguardo di chi continua ad applicargli, per cristallizzarne il senso sfuggente, etichette compendiarie come "età dei totalitarismi", "secolo breve", "era atomica" e infine, a celebrare l'affaccio sul nuovo millennio, "globalizzazione". Ricondurre il secolo passato all'archivio delle sue efferatezze o alla preminenza di un principio politico o economico significa abdicare alle finalità conoscitive a cui si ambiva, e cadere preda di quel riduzionismo che Sloterdijk giudica tra i più virulenti contagi novecenteschi, tutt'altro che debellati. Il "fondamentalismo della semplificazione" ha ingaggiato allora una gigantomachia con l'emergente logica della complessità. Dalla metafisica della pesantezza, e dalla sua alleanza con forze o valori che stanno in basso, alla radice, accreditati di una realtà più vera e ritenuti bisognosi di espressione, ha cercato di fuggire l'ontologia dello sgravio, alla quale Sloterdijk aderisce con passione antigravitazionale. La critica che muove alla ragione estremistica e profetica e al "radicalismo" che etimologicamente la sostiene non è soltanto la risposta filosofico-politica al quesito sull'essenza di un'epoca: è un allargamento di campo all'intera storia della civiltà occidentale, e all'altro logos, mobile e strategico, che ha in Odisseo il paradigmatico eroe cognitivo e nella sua educazione per mare la scena primaria della "svolta oceanica" da cui cinquecento anni fa prese avvio la globalizzazione.‎

‎Balibar Étienne‎

‎Gli universali. Equivoci, derive e strategie dell'universalismo‎

‎br. Universale, universalità, universalismo. Tre parole che in Occidente hanno inaugurato la modernità e che oggi, entrate nel linguaggio corrente, suonano più che mai attuali perché appaiono in sintonia con il mondo globalizzato, accreditandosi addirittura come sue ambasciatrici nella sfera dei diritti. In realtà, quel «valere per tutti» invocato a criterio supremo di equità e inclusione poggia su basi malferme, non accidentalmente, ma costitutivamente. Lo sanno bene, i filosofi, quanto «dire l'universale» equivalga a seminare scompiglio, ad attizzare dispute accanite. Uno dei maggiori tra loro, Étienne Balibar, lo ritiene tuttavia un compito a cui il pensiero non può sottrarsi, anzi la stessa ragion d'essere della filosofia, che così manifesta sino in fondo la propria intrinseca politicità. Concepito in opposizione ai particolarismi identitari e comunitari, alle chiusure, ai privilegi e alle disuguaglianze che vi sono connessi, il discorso dell'universale - l'universalismo - vive però delle contraddizioni, delle aporie, degli equivoci e delle ambivalenze che genera in permanenza. A cominciare dall'assolutezza a cui aspirano le sue formulazioni, subito relativizzate dal fatto di essere radicate in una lingua, in una storia, in una cultura, ed esposte al rischio di esercitare intolleranza, discriminazione e violenza nel momento del passaggio all'atto. Se dunque gli universalismi si danno, per ineliminabile paradosso, solo al plurale, l'universale non è una forma pura, un'idea svincolata da ogni determinazione spazio-temporale ed esprimibile in un inesistente metalinguaggio: secondo Balibar, non è neppure un concetto, bensì «il correlato di un'enunciazione che produce o meno, a seconda delle circostanze, un effetto di universalità». Ed è questo sorprendente dispositivo, innanzitutto antropologico, che qui viene decostruito nelle sue molteplici strategie conflittuali.‎

‎Borutti Silvana; Heidmann Ute‎

‎La Babele in cui viviamo. Traduzioni, riscritture, culture‎

‎br. Secondo l'interpretazione canonica del mito di Babele, all'edenica lingua delle origini, nella quale parole e cose si appartengono reciprocamente, fa seguito una moltitudine caotica di idiomi divenuti opachi l'uno all'altro. Ma il regno del disordine che leggendariamente subentra all'unità perduta può anche assumere una valenza opposta a quella espiativa tramandata dalla Bibbia. Per la filosofa Silvana Borutti e la comparatista Ute Heidmann è proprio il plurilinguismo che salvaguarda la straordinaria varietà delle forme di vita umane, creando un baluardo contro l'indifferenziato e rendendo necessaria quell'opera incessante di traduzione che potenzia la forza significante di ogni lingua nel momento stesso in cui la apre all'alterità. Nel saggio più aggiornato sugli aspetti teorici, la portata antropologica e gli orizzonti testuali del tradurre, Borutti e Heidmann riflettono sulla mediazione - tra lingue, sistemi simbolici complessi, intere culture - come paradigma di conoscenza. Se esiste un compito elettivo della traduzione, è permettere alle differenze di rompere il loro isolamento, percorrere la distanza che le divide, esporsi alla metamorfosi; Altrimenti il mondo non sarebbe vivibile.‎

‎Bollnow Otto Friederich; Bruzzone D. (cur.)‎

‎Le tonalità emotive‎

‎br. La vita è sempre emotivamente "intonata". I sentimenti dell'allegria e della tristezza, dell'euforia e dell'angoscia, della felicità e della malinconia (ma anche le situazioni apparentemente "apatiche", come quelle della noia) pervadono l'esistenza e le conferiscono una colorazione particolare. È solo all'interno di questa atmosfera emozionale che avviene il contatto con gli oggetti, la percezione delle cose e delle persone, l'incontro con il mondo. Le tonalità emotive stanno dunque a fondamento di tutta la vita psichica: sono i modi del sentire che schiudono (o precludono) le molte forme dell'essere nel mondo. Il trattato di Otto F. Bollnow a cura di Daniele Bruzzone, esplora la natura e le implicazioni filosofiche, psicologiche ed etiche di queste tonalità emotive, dialogando con pensatori come Kierkegaard, Scheler, Heidegger, Jaspers, Binswanger, ma anche con scrittori e poeti come Goethe, Hölderlin, Baudelaire, Proust, Huxley. Ne scaturisce un quadro di straordinario interesse non soltanto per i cultori dell'antropologia filosofica, ma anche per quanti lavorano nell'ambito delle relazioni umane e, in generale, per chi è interessato a conoscersi meglio e a comprendere la vita emotiva.‎

‎Guardini Romano; Vinci D. (cur.)‎

‎Le età della vita. Loro significato etico e pedagogico‎

‎br. "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore": L'invocazione del Salmo 90 è la migliore introduzione a queste nitide pagine di Romano Guardini. Autentico gioiello di sapienza cristiana, esse aiutano a chiarificare un'esperienza attraversata da tutti e disegnano la parabola di una vita riuscita, dove ogni fase ha senso e valore insostituibili, sue crisi di crescita, equilibri e dinamismi peculiari. Guardini pubblica "Le età della vita" agli inizi degli anni Cinquanta e si rivolge quindi a un secolo che sta uscendo dalla stagione dei totalitarismi, tutti concordi nel celebrare il culto acritico della 'giovinezza', e sta inquadrando i suoi teenagers nel sistema dei consumi. Ma le sue riflessioni si adattano con straordinaria lucidità anche al nostro tempo, nel quale le differenti 'età della vita' sono cancellate a beneficio di un artificioso 'vivere senza età'. Una sorta di bengodi dell'inesperienza si configura come la fissazione postmoderna, che non solo preclude alla saggezza della vecchiaia, ma impedisce di essere davvero giovani e davvero adulti in un mondo inchiodato su se stesso. Ogni età, ci ricorda Guardini, ha la sua bellezza singolare, che va colta e realizzata: è il segreto di una vita eticamente compiuta, affrancata dall'ansia per il tempo che scorre. Prefazione di Alessandro Zaccuri.‎

‎Han Byung-Chul‎

‎Il profumo del tempo. L'arte di indugiare sulle cose‎

‎br. Viviamo in perenne mancanza di tempo. Quasi in apnea, ci affrettiamo per poter fare esperienza di tutto quello che il nostro mondo iperproduttivo ci mette davanti. Accelerare per avere più tempo è diventato l'imperativo della nostra vita. Ma questa 'epoca dell'affanno', in definitiva, ci rende ansiosi, stressati, disorientati. L'accelerazione della tecnologia e delle trasformazioni sociali non solo ha annientato lo spazio e la geografia stessa (ogni luogo è a portata di un clic o di qualche ora di aereo), ma ha atomizzato il tempo, lo ha frammentato in tanti 'attimi presenti' che si sostituiscono l'uno all'altro, che non conoscono più pause e intervalli, soglie e passaggi, e soprattutto non costruiscono più un'unica storia: la nostra. Perché questa disgregazione riguarda anche la nostra identità, che si impoverisce e si riduce, soffocata dalle proprie attività senza durata. Sono queste le riflessioni che Byung-Chul Han, il filosofo coreano che ama riflettere sull'uomo svelandone la situazione critica di fronte agli stimoli della società contemporanea, mette a fuoco in questo libro dal titolo seducente. Percorrendo in modo originale il pensiero filosofico sul tempo, da Aristotele e Tommaso a Heidegger e Arendt, passando per Hegel, Marx e Nietzsche (ma soffermandosi anche a lungo sull'opera di Proust), egli ci mette di fronte a quella che riassume come un'assolutizzazione della vita activa: la necessità di produrre (e consumare) come forma di realizzazione umana, che finisce per sottrarre all'uomo respiro e spirito. Bisogna allora riguadagnare un posto alla vita contemplativa, nella sua forma più quotidiana e vicina. Vale a dire reimparare a fermarsi, a 'indugiare': bellissimo verbo che parla di pause, di ozio meditativo, di sguardo lungo e cordiale sulle cose. In una parola, lo sguardo contemplativo restituisce al tempo il suo 'profumo', che è lento e permanente, che sa di ricordo e di memoria. Acquista allora un senso nuovo e smette di essere solo una stravagante curiosità l'orologio 'a profumo' dell'antica Cina, cui l'autore dedica pagine piene di poesia, che misura il tempo col bruciare di un profumato sigillo d'incenso: alla fine, resta un'eccedenza speciale, un aroma che riempie lo spazio, che indugia nell'aria in un momento sospeso e denso che apre alla felicità.‎

‎Pagano Emanuele‎

‎L'Italia e i suoi Stati nell'età moderna. Profilo di storia (Secoli XVI-XIX)‎

‎br. Gli Stati preunitari nell'età moderna, ovvero l'Italia "prima dell'Italia" nell'analisi di vari aspetti tra cui: identità culturale, le dinamiche politiche, istituzionali e amministrative, i mutamenti graduali e i cambiamenti improvvisi, il convulso processo di unificazione nazionale. Una sintesi puntuale e scientificamente aggiornata, rivolta soprattutto agli studenti e ai giovani che vogliono conoscere la storia del proprio Paese.‎

‎Severino Emanuele‎

‎La struttura originaria‎

‎br.‎

‎Hegel Friedrich; Valagussa F. (cur.)‎

‎Estetica‎

‎br. Guida alla lettura dell'"Estetica" di Hegel, uno dei massimi emblemi di storia ragionata delle forme del bello. All'introduzione - che contestualizza sul piano storico le lezioni hegeliane sull'estetica, ne analizza i principali nuclei tematici e ne approfondisce gli snodi concettuali - segue un'ampia scelta di brani, fra i più significativi e intensi, affiancati da un commento storico-critico e da un indice ragionato dei concetti fondamentali, con lo scopo di offrire una visione generale dell'opera e un'analisi della sua articolazione complessiva.‎

‎Rilke Rainer Maria‎

‎Lettere su Cézanne‎

‎br. L'incontro con la grande arte di Cézanne ebbe una importanza fondamentale nell'evoluzione espressiva della poesia di Rilke, un'importanza che lo stesso Rilke ebbe più volte a riconoscere, fino a dichiarare di aver seguito, dopo la morte del Maestro, le sue tracce in ogni luogo. Le lettere alla moglie qui raccolte, scritte in margine alle reiterate visite che Rilke fece alla grande retrospettiva di Cézanne tenutasi a Parigi nel 1907, un anno dopo la sua morte, sono la testimonianza di un interesse che doveva sfociare in vera devozione; e basti pensare che il poeta arrivò a confessare, di fronte ad una Montagne Sainte-Victoire del pittore provenzale, che nessuno, dai tempi di Mosè, aveva saputo guardare una montagna in maniera tanto maestosa.‎

‎Neruda Pablo‎

‎Lettere d'amore ad Albertina Rosa‎

‎br. Per molto tempo ci si chiese chi fosse nella realtà la fortunata destinataria di alcuni dei versi d'amore più celebri di Neruda, e in particolare di quelle "Venti poesie d'amore e una canzone disperata" che restano fra le pietre miliari della sua produzione poetica. Il mistero si svelò soltanto nel 1975, quando Albertina Rosa Azócar Soto, da Neruda conosciuta ai tempi dei comuni studi giovanili nel Pedagógico di Santiago, decise di pubblicare le lettere ricevute dal poeta, scomparso soltanto due anni prima. Queste lettere dunque ricostruiscono il burrascoso legame fra i due giovani innamorati e, come scrive Giuseppe Bellini nella prefazione, ci mostrano "il forte sentimento del poeta, privo di smagliature, certo non soddisfatto per la mancanza di adeguata corrispondenza epistolare, di fronte all'urgenza delle sue missive". Le lettere coprono un arco cronologico di oltre un decennio; l'ultima, del luglio 1932, è successiva ormai di due anni al matrimonio del poeta con la giavanese, di origine olandese, Maria Antonieta Agenaar Vogelzanz. Quattro anni più tardi, Albertina sposerà a sua volta il poeta Angel Cruchaga Santa Maria, peraltro amico intimo di Neruda. Le strade dei due si dividono per sempre; restano, a testimonianza e documento di quel grande amore giovanile, queste lettere, e soprattutto, alcune delle più belle poesie d'amore del Novecento.‎

‎Van Gogh Vincent; Mori Carmignani S. (cur.)‎

‎Una distesa infinita. Ultime lettere‎

‎br. La prima delle lettere di Vincent Van Gogh qui riunite porta la data del 21 maggio 1890. L'ultima, senza data, verrà trovata su di lui, incompiuta, il 27 luglio di quello stesso anno, dopo che Vincent si era sparato un colpo al petto con una rivoltella comprata a Pontoise qualche tempo prima. Neppure nel suicidio il pittore ebbe troppa fortuna, perché si era sparato nei campi, dove era uscito per dipingere, ma la pallottola era penetrata più in basso del cuore, e Vincent era riuscito a rientrare in camera, dove si sarebbe spento soltanto la notte del 29 luglio sotto gli occhi del dottor Gachet e del fratello Théo, cui entrambe quelle lettere erano indirizzate. Sono scritti che non fanno presagire più di altri, nel lungo epistolario che lo lega al fratello, un finale così tragico e vicino. Si sente, certo, la stanchezza del pittore, il suo scoramento di fronte al senso di fallimento della sua vita non soltanto artistica: Vincent vorrebbe soprattutto essere un buon pittore, non lo interessano il successo e i soldi, quanto la qualità della sua pittura alla quale offre tutto se stesso. E proprio quando parla della sua pittura, dei suoi colori, queste lettere sembrano cambiare tono; al di là delle crisi che minacciano la sua salute e la sua ragione, delle noie quotidiane, delle incomprensioni, dei problemi economici, riaffiora allora di colpo il senso della sua grandezza: «Sono completamente preso da questa distesa infinita, vasta come il mare, di campi di grano che coprono le colline, dalla bellezza dei gialli, dei verdi delicati, dal bell'indaco della terra sarchiata e lavorata in un intarsio regolare prodotto dal verde delle piante di patate in fiore; l'insieme pervaso da una luce bella dai toni azzurri, bianchi, rosa e viola. Mi trovo, di fatto, in una disposizione di calma, quasi eccessiva, che è lo stato d'animo adatto per dipingere tutto questo».‎

‎Bobbio Norberto‎

‎Il mestiere di vivere, di insegnare, di scrivere. Conversazione con Pietro Polito‎

‎br. Nel decennale della scomparsa del grande filosofo torinese (1909-2004), questo volume si segnala non solo per l'attenzione alla storia intellettuale di Norberto Bobbio e alla sua produzione scientifica, ma soprattutto per il ritratto a tutto tondo del "personaggio" Bobbio quale emerge dalle sue stesse parole. Nella conversazione con Pietro Polito, direttore del Centro Studi "Piero Gobetti" e storico collaboratore e amico di Bobbio, il filosofo ripercorre e riconsidera il suo personale "mestiere di vivere, di insegnare e di scrivere". Dai ricordi familiari dell'infanzia e dell'adolescenza - nella straordinaria Torino di Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Giulio Einaudi, Massimo Mila, dei quali fu amico - agli anni del fascismo, dalle letture della sua formazione agli interessi letterari, musicali e cinematografici, si snoda l'eccezionale percorso di vita di un grande intellettuale che si rivela ancora una volta, in questo lungo e intenso colloquio, persona di straordinaria umanità.‎

‎Cvetaeva Marina; Rea M. (cur.)‎

‎Una serata non terrestre‎

‎br. "Io non amo la vita in quanto tale", scriveva Marina Cvetaeva, "per me essa comincia ad avere un significato, cioè a trovare senso e peso, solo trasfigurata, ovvero nell'arte". E Marina Cvetaeva ha voluto che l'intera sua esistenza - pur sprofondata nelle peggiori crudeltà dell'epoca, e pur irrimediabilmente segnata dalle sue stesse personali tragedie - dalla tragica morte per denutrizione di una delle sue figlie, all'uccisione del marito, fino al suo stesso suicidio -, venisse trasfigurata nell'arte. Nelle prose inedite riunite in questo volume, la Cvetaeva si racconta, ma le sue non sono semplici pagine autobiografiche, dal momento che, come scriveva a Boris Pasternak , "la vita quotidiana è tradimento: dell'anima. Tradire con l'anima la vita dei giorni - credo di non aver fatto altro nella mia vita". L'intento di Marina è semmai quello di controbattere, con un proprio passato rivisto e corretto dal mito dell'arte, un tempo presente del tutto inaccettabile e indegno: tempo di esilio, di solitudine, di perdita, di cancellazione. E a questa cancellazione che in primo luogo si oppongono queste pagine della Cvetaeva, che vede l'intero suo mondo sempre più travolto, come quella Germania divenuta paese nemico e che per lei era stata e rimaneva sinonimo di libertà: la patria di Bach, di Heine, di Goethe... Tra Germania, Francia e Russia, Marina dissemina i suoi ricordi, le sue esperienze, soprattutto i suoi sentimenti...‎

‎Cvetaeva Marina; Rea M. (cur.)‎

‎Mia madre e la musica‎

‎br. Dopo "Una serata non terrestre", con i tre racconti compresi in questo volume, tutti appartenenti agli anni della maturità (1934-1935), concludiamo la serie di scritti autobiografici di Marina Cvetaeva. I due maggiori "Mia madre e la musica" e "Il diavolo" sono tra i racconti più famosi della grande scrittrice. Il primo di essi, oltre a rappresentare una bellissima testimonianza autobiografica sul difficile rapporto con la madre pianista e con la sorella Asja, offre una chiave importante per penetrare nel complesso modus poetandi di Marina, la cui poesia fortemente musicale si lega indissolubilmente anche e proprio con le sue esperienze infantili al pianoforte, sentite soprattutto come un'imposizione materna, ma non per questo meno fondamentali nella sua formazione. Il più breve e molto meno noto racconto "La fiaba di mia madre" costituisce un ulteriore tassello di questo apprendistato ancor più esistenziale che musicale-letterario; in un'atmosfera quasi irreale, rarefatta, assistiamo qui alla competizione tra Marina e Asja per ricevere l'attenzione della madre. Su un versante diverso ma anche complementare, e che potremmo definire in un certo senso 'etico', sta "Il diavolo". Qui il peccato e il mistero risiedono nel "desiderio segreto" di Marina bambina, primo germe di un senso di diversità esistenziale, di separatezza, persino di solitudine, difeso e combattuto dalla Cvetaeva per tutto l'arco della sua vita.‎

‎Siebenbrodt M. (cur.)‎

‎Bauhaus Weimar. Ediz. illustrata‎

‎ill., ril. Fondato da Walter Gropius come innovativa scuola d'avanguardia nell'aprile del 1911, il Bauhaus di Weimar divenne presto un centro d'eccellenza per il design e l'architettura moderna. Il volume ripercorre i primi anni di attività della leggendaria istituzione, il periodo compreso tra il 1919 e il 1925, attraverso la ricca e inedita raccolta di documenti conservati in larga parte al Bauhaus Museum di Weimar. Il volume mette in evidenza non solo il lavoro dei docenti del Bauhaus come Gropius, Itten, Schlemmer, Feininger, Moholy-Nagy, Klee e Kandinsky ma anche lo straordinario talento degli studenti. Tra i lavori presentati: oggetti in metallo di Marianne Brandt e Wilhelm Wagenfeld, arredi di Marcel Breuer e Erich Dieckmann, ceramiche di Theodor Bogler e Otto Lindig, tessuti di Gunta Stolzl e Benita Otte-Koch, lavori tipografici di Herbert Bayer e Joost Schmidt, visioni architettoniche di Walter Determann e Peter Keler, esperimenti teatrali di Ludwig Hirschfeld-Mark e Kurt Schmidt. Sono documentate inoltre numerose architetture realizzate a Weimar in quegli anni e ora restaurate, tra cui la Kunstschule di Henry van de Velde, con elementi decorativi di Oskar Schlemmer, Herbert Bayer e Joost Schmidt, la casa modello 'Am Horn' costruita da Geord Muche e il Monumento ai caduti di marzo di Walter Gropius.‎

‎Fackenheim Emil L.; Giuliani M. (cur.); Giuliani M. (cur.)‎

‎Olocausto‎

‎br. La filosofia della storia sull'Olocausto ha versato fiumi d'inchiostro, ma al contempo sembra restare senza parole. Uno sterminio che interpella le filosofie del Novecento da Heidegger e i suoi allievi - Sartre, Gadamer, Arendt e Jonas - sino a Horkheimer, Adorno, Derida... Riflessioni che rimettono in questione la teodicea, la giustificazione del male: ma questa resta un pensiero-limite, un paradosso. V'è però un particolare filo della memoria che, intessendosi con il pensiero ebraico, va mutando la precomprensione della stessa filosofia. Il suo compito non si esaurisce nella definizione del male, ma nel "riparare il mondo dopo la Shoah", nell'opporsi al male in tutte le sue forme. Ecco l'originalità di Emil L. Fackenheim, con Levinas ispiratore di una 'filosofia della resistenza' al male che si alimenta per il fatto d'essere sopravvissuti. Massimo Giuliani ne presenta qui un testo diagnostico e programmatico: Olocausto. Un'inedita analisi, per il giudaismo e per la teologia cristiana: il male non può essere l'ultima parola, nonostante il male si può e si deve perseguire il bene. Un rovesciamento che ha un modello nei giovani della Rosa Bianca: col sacrificio della loro vita per opporsi a Hitler e all'illegalità, salvarono la dignità dell'uomo e della filosofia.‎

‎Kierkegaard Søren; Regina U. (cur.); Regina U. (cur.)‎

‎Briciole filosofiche. Ovvero un poco di filosofia‎

‎br. "Briciole filosofiche" è l'opera con la quale Kierkegaard nel 1844 intende conferire un "significato decisivo all'esistenza" sulla base della sola ipotesi cristiana, e giustificarlo dal punto di vista filosofìco. Il curatore del volume, Umberto Regina, evidenzia come in questo titolo sia condensato il senso stesso della ricerca kierkegaardiana. I due termini semplicemente accostati stanno a dire che se anche la quantità è poca, la qualità è tutto: è filosofia, appunto. In aperta polemica contro ogni sistema idealistico di tipo hegeliano, Kierkegaard si sottrae alla logica dell'identità per valorizzare il pensiero della differenza: essere coscienza in grado di cogliere la propria temporalità al cospetto dell'eternità. L'eterno dona, insieme alla verità, la condizione per riceverla: v'è un'asimmetria che si manifesta nel "paradosso", ovvero la "passione del pensiero per ciò che non può pensare". Ad essere rovesciata è la tesi parmenidea della coincidenza fra l'essere e il pensare nell'identità del tutto; ciononostante, è la stessa filosofia a mostrarci l'irriducibilità del paradosso, come passione per ciò che è eccedente - spiega Regina - "propria di chi è disposto a compiere qualsiasi sacrificio intellettuale pur di non aderire a una verità nemica dell'esistenza" quale sarebbe l'idea di "sostanza": "l'intelletto e il paradosso vogliono la stessa cosa, ma possono volerla solo nel momento". Il momento è quello della "fede", nella quale la loro inconciliabilità può divenire "intesa".‎

‎Manganaro P. (cur.); Nodari F. (cur.)‎

‎Ripartire da Edith Stein. La scoperta di alcuni manoscritti inediti‎

‎br. "La recente pubblicazione del volume di Francesco Alfieri, Die Rezeption Edith Steins, testimonia che, offrendo una rassegna completa della bibliografia esistente, l'autore ha tessuto una vera e propria tela, ha creato uno spazio di incontro e di dialogo tra studiosi e lettori di Edith Stein, europei e extraeuropei, finora rimasti perlopiù sconosciuti gli uni agli altri. Dal lavoro di Alfieri è derivato in ma-niera sorprendente un effetto di rinnovamento degli studi steiniani. Si sono dischiuse, infatti, nuove prospettive di ricerca, sono stati scoperti inediti significativi, nuova luce è stata gettata su aspetti ancora oscuri della biografia intel-lettuale della santa patrona d'Europa. Il presente volume può essere considerato un'importante espressione di una nuova generazione di contributi che vogliono esplorare l'intensità con cui la figura di Edith Stein parla a chi vive nel nuovo millennio." (Dalla Prefazione di Laura Boella)‎

‎Ricoeur Paul‎

‎Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia‎

‎brossura Unde male faciamus? O meglio, unde malum? (donde viene il male?) Partendo da queste domande - domande classiche in forza dell'enigma in esse raccolto Ricoeur torna a riflettere sullo scandalo del male. In pagine intessute di finezza ermeneutica e rigore teoretico, Ricoeur disegna da un lato una fenomenologia del male: la sofferenza, la pena, il peccato, l'intreccio di male subìto e male commesso... D'altro lato ricostruisce il formarsi dell'onto-teologia e delle sue diverse teodicee, in quanto tentativo - da Agostino a Leibniz, da Kant a Hegel, fino alla paradossale dialettica spezzata di Barth - di coniugare realtà del male e credenza in un Dio onnipotente. Ma reggono queste soluzioni dinanzi alle forme estreme del male nel nostro secolo? Per Ricoeur, consumatosi il progetto stesso dell'onto-teologia, alla fine non resta che il riconoscimento dell'aporia di un male in sé ingiustificabile e di una fede che ripeta il gesto ultimo di Giobbe: credere in Dio per nulla. In margine al saggio di Ricoeur, De Benedetti, nella Postfazione, si sofferma sui riflessi teologici dell'enigma del male, dopo che la caligine di Auschwitz ha oscurato (fino a quando?) i segni di Dio.‎

‎Zambrano María; Savignano A. (cur.)‎

‎L'esilio come patria‎

‎br. L'esilio è, per così dire, la cifra del pensiero di Marìa Zambrano. Una condizione esistenziale, vissuta e pensata nei suoi fondamentali momenti (sradicamento, abbandono, solitudine, esser nulla), a partire dalla quale elabora la sua originale teoria della conoscenza: l'essere che noi siamo non è solo un cogito, un soggetto cartesiano, ma appunto un essere che patisce. La ragione in grado di coglierlo, che esce allo scoperto nell'esilio, è una ragione intuitiva prima che discorsiva e razionale: capace di rivelare. Emblematici in tal senso gli scritti sull'esilio - e dall'esilio - qui per la prima volta tradotti in italiano e tratti in gran parte da un'opera progettata dalla filosofa e rimasta incompiuta: l'esilio appare il luogo metafisico di tale "rivelazione", vera patria dove l'essere rinasce libero dalle coercizioni del pensiero dogmatico.‎

‎Menozzi Daniele‎

‎I papi e il moderno. Una lettura del cattolicesimo contemporaneo (1903-2016)‎

‎br. Questo libro ricostruisce il percorso compiuto dalla Chiesa nella sua relazione con il moderno, assumendo un punto di vista specifico: l'atteggiamento elaborato dal papato. Se il confronto di quest'ultimo con la cultura moderna era iniziato già nel corso della Rivoluzione francese, il punto di partenza prescelto è il pontificato di Pio x che, con la solenne condanna del modernismo nell'enciclica Pascendi del 1907, segna una svolta: il moderno, da avversario concui misurarsi anche per poter essere al passo con i tempi, diventa il nemico che penetra nascostamente all'interno della Chiesa per dissolverla. Vengono qui delineati i tratti fondamentali con cui ciascuno dei pontefici successivi, fino a papa Francesco, si è confrontato con questo insieme di problemi, cercando di definire una linea di presenza della Chiesa nella modernità. Tra continuità dottrinali, differenze pastorali e, talvolta, innovazioni teologiche.‎

‎Nigro Raffaele‎

‎Narratori cristiani di un Novecento inquieto‎

‎br. "Vale la pena di apprezzare la tenacia letteraria dimostrata da [...] narratori cristiani i quali, anche quando la società letteraria li snobbava, si sentivano in pace con loro stessi nel voler scrivere bene e nel raccontare degli umili e degli sconfitti o di grandi figure esemplari della Chiesa. I grandi passaggi civili e religiosi dell'Italia repubblicana in cui vissero dal fascismo alla democrazia, dalla ricostruzione al consumismo, dal papato ieratico di Pio XII alla collegialità del Concilio Vaticano II - non furono fatti banali tanto è vero che continuano ad emanare, come brace sotto la cenere, un calore che scalda ancora la nostra storia. Leggere di scrittori italiani non dogmatici, ma nemmeno eretici, che insieme ai classici della letteratura praticavano i Vangeli, la patristica e gli autori francesi, le riunioni di partito e le redazioni o le chiese, vuol dire rivivere un'esperienza collettiva che oggi, nel settantesimo della Repubblica, appare ancora autentica. E questo libro di Nigro può essere letto come la mappa di una geografia letteraria che non risponde ai canoni di una scienza astratta ma a quelli della vita". (dalla premessa di Giuseppe Tognon)‎

‎Roggi Enzo‎

‎Le autoblinde del Formalismo. Conversazione con Viktor B. Sklovskij tra memoria e teoria‎

‎br. Un lungo dialogo realizzato nel 1967 e poi rimasto sepolto nell'archivio de "L'Unità", di cui Roggi era ai tempi il corrispondente moscovita. Si può così leggere un eccezionale autoritratto dell'Urss attraverso i ricordi di una delle teste pensanti del Formalismo russo.‎

‎Cambi F. (cur.); Giambalvo E. (cur.)‎

‎Formarsi nell'ironia: un modello postmoderno‎

‎br. Secondo la prospettiva generale in cui si colloca questo volume, la mente postmoderna, caratteristicamente "mobile e retroattiva, capace di dislocarsi tra stili di pensiero e tra diversi approcci al reale, di spiazzare se stessa nel seguire l'ottica della differenza" è una mente ironica. Questo volume indaga il concetto e la pratica dell'ironia nel postmoderno con particolare riguardo al suo ruolo nei processi formativi. Sono interventi provenienti da diversi ambiti che s'interrogano sulle sue forme e sul suo agire attuale in quanto capace di affermare un nuovo paradigma formativo per l'uomo postmoderno, e necessariamente toccano filosofia, psicologia, sociologia, storia sociale, antropologia culturale. Con un filo conduttore unico: il riconoscimento del carattere critico, decostruttivo, dissacratorio dell'ironia e perciò della sua straordinaria forza formativa. Scritti di: Egle Becchi, Antonella Gagnolati, Franco Cambi, Carlo Catarsi, Giacomo Cives, Enza Colicchi, Antonio Erbetta, Maurizio Fabbri, Epifania Giambalvo, Elena Madrussan, Alessandro Mariani, Luigina Mortari, Marielisa Muzi, Carlo Pancera.‎

‎Grassia Salvatore‎

‎La ricreazione della mente. Una lettura del «Sorriso dell'ignoto marinaio»‎

‎br. "La ricreazione della mente" è un saggio sulla retorica della citazione. Sull'intarsio e sulla mimèsi barocca. Ha scritto Sarduy: "Ciò che appare nell'intarsio, con l'addizione di segmenti di grana differente..., è l'artificio verniciato del dipinto in prospettiva; fingendo di denotare un'altra figura, l'intarsio espone la sua specifica organizzazione convenzionale della rappresentazione. La stessa cosa vale per il linguaggio barocco: ritorno su se stesso, evidenziazione del suo specifico riflesso, messa in scena del suo macchinario". Salvatore Grassia analizza la scrittura del "Sorriso dell'ignoto marinaio" di Consolo. Ne ricostruisce i palinsesti. Ne sfoglia gli strati, declinati dal "Consiglio d'Egitto" di Sciascia, dai grandi barocchi italiani, e dal "barocco tropicale" di Alejo Carpentier. "La ricreazione della mente" (titolo che rimanda al secentesco trattato di malacologia di Filippo Buonanni: "Ricreatone dell'occhio e della mente nell'osservation delle chiocciole") è anche un trattatello (alla Manganelli) sull'"impostura" letteraria, ridefinita lungo il percorso che da Manzoni porta a Sciascia.‎

‎Nigro Salvatore Silvano‎

‎Il principe fulvo‎

‎ill., br. Il principe fulvo, Don Fabrizio Corbèra, Principe di Salina, è il protagonista di questo arioso "racconto di un romanzo" che Salvatore Silvano Nigro ha costruito per svelare II Gattopardo e guidarci in una regolata intimità di documenti inediti, lettere e testimonianze che, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, illuminano biografia e scrittura. Vengono in primo piano le intemperanze degli anni giovanili di Lampedusa, la vocazione a sgangherarsi nel tentativo di riscrivere "Il Circolo Pickwick" di Dickens. Tutto questo romanzeggiare dickensiano sta prima e dietro "Il Gattopardo". Nigro rapisce lo sguardo quotidiano del Lampedusa maturo, entrando nelle prospettive casalinghe e urbane che erano finite sotto i suoi occhi, per rintracciarvi le immagini che, trasfigurate, si sarebbero trasformate nel "Gattopardo" in veicoli narrativi e in impianto di forme. E si scopre con sorpresa come perfino le più apparentemente innocue presenze di una vita siano diventate "personaggi". In questa luce il capolavoro di Lampedusa è raccontato non come il romanzo storico che tutti conosciamo, ma come un segreto romanzo fantastico e allegorico intimamente strutturato dalla trama di un quadro vivente. Dentro "Il Gattopardo" si muovono una mutante creatura di cielo e di mare, sagome di animali che fanno sberleffi o imprecano, due statue animate: una Venere, determinata e "assassina"; e un Ercole in divisa fulva, da leone, legato all'araldica e alla simbologia dei Borbone.‎

‎Tabucchi Antonio‎

‎L'automobile, la nostalgia e l'infinito‎

‎br. Così raccontava Fernando Pessoa parlando dei suoi eteronimi, le sue voci di dentro, i suoi "altri da sé" a cui aveva attribuito una biografia e un'opera letteraria: "Ricordo quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronimo o, meglio, il mio primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo sei anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso. [...] Un giorno mi venne in mente di fare uno scherzo a Sa-Carneiro: di inventare un poeta bucolico e di presentarglielo come se fosse reale. Passai qualche giorno a elaborare il poeta ma non ne venne niente. Alla fine, un giorno in cui avevo desistito mi avvicinai a un alto comò e cominciai a scrivere, in piedi. E scrissi oltre trenta poesie, in una specie di estasi. [...] E quanto seguì fu la comparsa in me di qualcuno a cui subito diedi il nome di Alberto Caeiro. Era apparso in me il mio Maestro. Tanto che, non appena scritte le trenta e passa poesie, afferrai un altro foglio di carta e scrissi, di seguito, le sei poesie che costituiscono Pioggia obliqua di Fernando Pessoa. [...] Fu la reazione di Fernando Pessoa alla propria inesistenza come Alberto Caeiro". Queste conferenze, tenute da Antonio Tabucchi a Parigi nel 1994, sono frutto di un lungo e profondo dialogo con l'opera del grande poeta portoghese e toccano aspetti fondamentali e inediti della poetica pessoana: il rapporto con il Tempo e la Nostalgia; le avanguardie storiche rivisitate attraverso l'ironia; il confronto con grandi poeti del passato...‎

‎La memoria di Elvira‎

‎br. "La memoria" è il titolo di questa collana che arriva al numero mille nel nome di Elvira Giorgianni Sellerio (1936-2010). I suoi fiori blu parlano di lei, per lei. Questo libro ne onora il ricordo e ne festeggia il traguardo, nel racconto di ventitré tra autori e collaboratori della casa editrice. Nata nel 1979, "La memoria" deve la sua lunga fortuna ai lumi di Leonardo Sciascia, al prodigio grafico di Enzo Sellerio e alla lungimiranza di certi librai avveduti. Ma soprattutto e sopra tutti, la deve a Elvira Sellerio e alle migliaia di lettori che nel corso di tanti anni ne hanno premiato e condiviso le scelte. "Uno dei più evidenti e gravi difetti della società italiana, e quindi di tutto ciò che - dalla cultura al costume - ne è parte, sta nella mancanza di memoria. Forse per la quantità eccessiva delle cose che dovrebbe contenere, la memoria si smarrisce, si annebbia, svanisce. Intitolare una collana letteraria "La memoria" presuppone questa considerazione d'ordine generale, anche se con intenti più limitati: una esortazione a non dimenticare certi scrittori, certi testi, certi fatti. Una collana che riserva scoperte, riscoperte, rivelazioni, sorprese". Così Leonardo Sciascia scriveva de "La memoria". Per più di trent'anni Elvira Sellerio ne ha perfezionato gli intenti iniziali, moltiplicato la varietà di titoli, così componendo una biblioteca ideale intesa come mosaico di tante biblioteche ideali.‎

‎Notarbartolo Leopoldo‎

‎Mio padre, Emanuele Notarbartolo‎

‎br. Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo, ex direttore del Banco di Sicilia (allora tra i maggiori istituti bancari d'Italia), esponente di spicco della Destra storica, aristocratico, uomo con fama di onestà specchiata, fu ucciso il 1° febbraio 1893 sul treno che lo riportava a casa dalle sue terre di Termini Imerese. Fu il primo cadavere eccellente di Cosa nostra. Mandante, l'onorevole Raffaele Palizzolo, poi incredibilmente assolto, che il politologo Gaetano Mosca descriveva così: «Egli accoglieva tutti, prometteva a tutti, stringeva a tutti la mano, chiacchierava infaticabilmente con tutti», prototipo di tutti i futuri politici collusi. Notarbartolo pagava con la vita l'essersi messo in mezzo negli affari della rampante borghesia mafiosa. Ma contemporaneamente la sua morte, fortemente simbolica, apriva una nuova fase nel potere mafioso che migliorava la sua posizione sociale e incrementava i rapporti con lo stato. Una sporca storia della Palermo Felicissima dei Florio, nella realtà assai meno immacolati che nel loro mito. In quella banca era stato un risanatore di crediti facili agli amici e di buchi di bilancio per speculazioni di potenti. Era quindi un bersaglio isolato, un elemento evidentemente anomalo nella storia fatale di una città e di un'isola destinate, sembra, a coniugare più o meno sempre lo sviluppo con l'affarismo politico criminale. Il figlio Leopoldo scrisse questa memoria (finora inedita nella sua stesura integrale), poi stampata in pochi esemplari nel 1949, quando il ricordo del padre rischiava di spegnersi. Storia di un uomo onesto in un'Italia che lo diventava sempre meno, il libro ha soprattutto il merito di soffermarsi con forza drammatica sui due aspetti che fanno di quella prima vittima «d'alta mafia» una vicenda tremendamente attuale. Primo, l'eterna (come illustra Antonio Calabrò nella sua galleria degli scandali bancari italiani) lotta senza quartiere tra un banchiere custode del comune interesse in crescente isolamento, e i comitati d'affari politico criminali in ascesa. Secondo, la vicenda processuale di una famiglia sola che si scontra con i muri di gomma e i depistaggi di una malagiustizia a protezione dei potenti e con lo stuolo degli ipocriti complici intorno. Con una nota di Antonio Calabrò.‎

‎Cantoni Remo‎

‎Franz Kafka e il disagio dell'uomo contemporaneo‎

‎brossura I lavori di Remo Cantoni raccolti in questo libro intendono costituire una vera e propria guida interpretatva all'opera e alla figura di Franz Kafka. Linea di congiunzione dell'intero volume è la lettura del grande scrittore praghese non solo come vittima di un complesso paterno o un caso clinico, come ha voluto spesso la critica psicoanalitica, né come uno scrittore, secondo la lettura di Lukàcs, complice o vittima del capitalismo, ma come uno dei massimi scrittori tragici.‎

‎Marc Wogau Konrad; Cassirer Ernst; D'Atri A. (cur.)‎

‎Disputa sul concetto di simbolo. La discussione sulla rivista «Theoria» (1936-1938)‎

‎brossura‎

‎Barba Bruno‎

‎Bahia. La Roma negra di Jorge Amado‎

‎br. Salvador de Bahia, Brasile: è qui che vive l'Africa in esilio. È in questa terra magica e meticcia che si respira un'atmosfera misteriosa che avvolge uomini e cose, strade e chiese. I ricordi, le parole, i personaggi di Jorge Amado rivivono in queste pagine percorse dal suono dei tamburi del rituale religioso afro-brasiliano e dalla musica di Caetano Veloso. Ad Amado si deve, prima ancora che la più riuscita descrizione dell'atmosfera di Bahia, la vera "creazione" e "invenzione" del suo popolo mulatto e festoso.‎

‎Klinkhammer L. (cur.); Natoli C. (cur.); Rapone L. (cur.)‎

‎Dittature, opposizioni, resistenze. Italia fascista, Germania nazionalsocialista, Spagna franchista: storiografie a confronto‎

‎br.‎

‎Fergnani Franco; Vigorelli A. (cur.); Znantoni M. (cur.)‎

‎Antonio Gramsci. La filosofia della prassi nei «Quaderni del carcere»‎

‎br. Il principale motivo di interesse che questo testo, scritto nel 1975, è ancora in grado di suscitare, è nella freschezza dell'approccio ai Quaderni gramsciani, che Fergnani leggeva nella edizione critica da poco pubblicata da Einaudi. Essi erano fatti liberamente dialogare con le posizioni del Marxismo occidentale, al fuori di qualsiasi preoccupazione di ortodossia (o anche di "nuova ortodossia", come allora si iniziava a sospettare). Ad essi Fergnani si rivolgeva come ad un classico della letteratura filosofica europea, di cui era recente la riscoperta (significativi erano i costanti richiami alla Francia e al libro di Maria Antonietta Macciocchi). Per questo, è apparso opportuno riproporne l'attenta e scrupolosa esegesi, in un'epoca distratta da eccessive ansie pragmatiche, e che si illude che la fin troppo conclamata "fine delle ideologie" possa giustificarla, dal colpevole oblio delle proprie migliori tradizioni.‎

‎Zavatti Francesco‎

‎Mutilati ed invalidi di guerra. Una storia politica. Il caso modenese‎

‎ill., br. Dall'archivio storico della Sezione di Modena dell'Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra (ANMIG), da poco riordinato, sono emersi documenti assai rilevanti non solo per la storia di Modena, ma anche per vari aspetti del Novecento italiano. Da questi documenti nasce una narrazione capace di includere fatti ed idee della storia del combattentismo successivo alla prima e alla seconda guerra mondiale, del declino dell'Italia liberale e delle compromissioni delle sue élites con il fascismo, della fagocitazione del combattentismo da parte del fascismo, nonché dell'ANMIG, che fu la prima associazione fondata dai combattenti nel 1917 e che è ancora oggi la più dimenticata dalla storiografia. Il volume rappresenta un primo contributo per successivi approfondimenti dei tanti aspetti qui solamente accennati.‎

‎Vitale Marco‎

‎Parigi nell'occhio di Maigret‎

‎br. Per qualche paradosso della storia culturale, dopo Charles Baudelaire e dopo il suo esegeta sommo Walter Benjamin, è toccato ad un belga grande scrittore di genere, George Simenon, il compito di rappresentare la Parigi che si presta a costituire lo sfondo non inerte di accadimenti delittuosi e di sordide esistenze, coerenti con non meno sordidi bistrot e alberghetti. Ma, essendo la metropoli moderna compendio dell'universo, non possono mancare incursioni in quartieri d'alto bordo, dove, pure, il delitto può avere luogo. Il liegino Simenon, attraverso le flâneries investigative dell'immortale commissario Maigret, conduce il lettore ad un pacato esercizio delle aspettative topologiche ed esistenziali. Ma l'occhio esteticamente poco ricettivo di Maigret si avvale della guida decisiva di Marco Vitale che coordina e instrada le frequentazioni del Commissario e i nostri solidali e incuriositi pedinamenti. Scrittura e riscrittura parallela, sempre discreta e illuminante nell'indicare i ritratti d'ambiente, a volte sfuggenti, che fanno di questo libro il viatico necessario e imprevedibile di un lettore viaggiatore non conformista.‎

‎Nezri Dufour Sophie‎

‎Il giardino del Gattopardo. Giorgio Bassani a Giuseppe Tomasi di Lampedusa‎

‎br. In un'analisi comparativa dei due romanzi "Il gattopardo" e "Il giardino dei Finzi-Contini", la studiosa Sophie Nezri-Dufour ha analizzato le innumerevoli similitudini che esistono tra i due romanzi: ambedue, fondati in una dimensione inizialmente storicistica, dipingono un ceto sul punto di scomparire, travolto da una Storia che lo considera ormai inutile. Appaiono nelle due vicende personaggi aristocratici, esteti, intellettuali, creature raffinate ma superate o decadenti, legate a un universo in cui si coltiva l'amore dell'arte, del bello, della cultura e il disimpegno politico, in una dimora principesca e labirintica, e in un giardino insieme splendido e mortifero, in cui il tempo sembra essersi fermato. L'onnipresenza della morte che si nasconde dietro rituali fissi, banchetti, feste, annuncia in entrambi i casi la scomparsa di comunità una volta prestigiose ma ormai quasi fantasmatiche, spossessate del loro ruolo storico e sociale.‎

‎Franchella Miriam‎

‎La logica del gregge. Brouwer e Nietzsche a confronto‎

‎br. Le riflessioni che Nietzsche ha espresso a proposito della logica sono state poco indagate nella letteratura e sono state semplicemente archiviate sotto una generica formula di svalutazione da parte dell'autore per una disciplina che riteneva una pubblica menzogna. Il presente volume si propone, invece, di andare più a fondo nell'analisi delle osservazioni di Nietzsche attraverso un confronto con L. E. J. Brouwer, matematico olandese del primo Novecento, che, come lui, era insofferente verso l'appartenenza ad un gregge, criticava la logica e organizzava il suo pensiero attorno alla concezione della vita come volontà di potenza. Ne risulta quanto, direttamente o indirettamente, i due giganti hanno contribuito ad introdurre una visione pluralistica della logica.‎

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